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Tag: mostri (Page 4 of 13)

Davide Astori, il dramma negli occhi di due bambini

Davide Astori, un dramma collettivo

«Hai visto, è morto Astori, il giocatore della Fiorentina».
«Si, ce l’ho nell’album delle figurine».

Il dramma di Davide Astori si riflette negli occhi preoccupati di due bambini.
In fila fuori al seggio, in attesa di votare, ascolto lo scambio di paure tra piccoli appassionati di calcio.

Avranno una decina d’anni, magari frequentano proprio la scuola dove stiamo votando, dedicano il loro tempo (infinito) al gioco e con la mente immaginano un mondo sicuro.

La tragedia sconvolge le loro (e nostre) certezze.
Si chiedono, come tutti noi: è possibile morire a trentuno anni?

Davide Astori, il dramma che colpisce l'immaginario collettivo

In pochi istanti, la notizia raggiunge tutti

La notizia ci sbatte in faccia l’amara verità: anche un’atleta professionista – simbolo di salute, benessere e prevenzione medica – è vulnerabile come un qualsiasi, comune mortale.

La fine dell’«eroe» ben presto viaggia su tutti gli schermi: tv, tablet, smartphone.
E, in pochi minuti, giunge al seggio.

Fino a coprire di dubbi gli occhi innocenti dei due fanciulli.
Le parole rassicuranti dei genitori, un abbraccio e torna il sereno.
I due marmocchi si inseguono per il corridoio della scuola, urlano, giocano.

Per noi adulti, invece, resta la ferita.
E l’atroce domanda, priva di una risposta sensata: è possibile morire a trentuno anni?


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Lettera sporca all’automobilista napoletano (con regalo)

La follia dell’automobilista napoletano

Caro automobilista napoletano,
Ti osservo ogni mattina, lungo via Foria, bloccato insieme ad altri mille esseri della tua stessa specie.

Prigioniero tra le lamiere, come una belva in gabbia.
Una belva stupida, se mi permetti.

Perché anche ieri e l’altro ieri hai subito lo stesso, inesorabile, destino: avvelenato dai tuoi scarichi, legato al seggiolino della tua utilitaria, col sangue agli occhi, impotente, puoi solo attendere che l’ingorgo si sblocchi.

Sfoghi la rabbia prendendo a pugni il clacson mentre io, libero, ti sorpasso con tutta la calma di questo mondo e, in sella all’e-bike, mi godo il tragitto casa-ufficio.

Mentre pedalo, ti scruto sbigottito.
Proprio non comprendo il tuo assurdo, testardo, comportamento:: ti rendi conto della follia che generi?

La mia maschera antismog: atto d'accusa contro l'automobilista napoletano

Napoli, terza città più inquinata d’Europa per polveri sottili

Allora automobilista napoletano,
alla fine ce l’hai fatta.

Grazie alla tua pigrizia (fisica e mentale), siamo saliti sul podio: dopo Milano e Torino, lo scorso gennaio, Napoli è risultata la terza città più inquinata d’Europa per polveri sottili.

Se non credi alle centraline impazzite dell’ARPAC o al drammatico report dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, domani mattina, mentre sei immobilizzato nel solito mega-ingorgo di via Foria, abbassa il finestrino della tua gabbia metallica.

Inspira e respira per trenta secondi.

Poi attendi il mio silenzioso passaggio in bici.

Ti regalerò il filtro della maschera antismog da poco sostituito (l’ho utilizzato nel periodo ottobre – dicembre 2017).

Guardalo bene – tanto, bloccato nel traffico, il tempo non ti manca.
Contiene le tracce del «mostro» invisibile: le polveri sottili

Vedi, lo smog non è un’entità astratta.
Ha una forma ed un colore: il nero del catrame.

Studia le macchie, soffermati su quelle chiazze tetre.
Le produci pure tu, sei cosciente?

E colpiscono tutti.

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Automobilista napoletano, è tempo di cambiare aria

La lunga fila di mezzi bloccati nel traffico è un film dell’orrore che si ripete ogni giorno.

Le eccezioni le accetto, va bene, non tutti possono rinunciare all’auto.
Ma la stragrande maggioranza di voi, invece, con un po’ di buona volontà, un’alternativa la trova.

Non abbiamo più alibi.
E’ tempo di cambiare aria.

Allora, automobilista napoletano, lasciamo l’auto a casa e saliamo su un mezzo pubblico – o meglio ancora – su una bella bici?
Vedrai che, superate le prime difficoltà, non ti fermerai più.

Pedalare per credere.


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Leone dell’Eufrate, quella dedica che nessuno cancella [FOTO]

Issam Zahreddine, il leone dell’Eufrate

“09-09-1961, 18-10-2017 – onore al leone dell’Eufrate”

Quante volte osservo quel muro imbrattato, di quel palazzo color rosa sbiadito a via Poggioreale, vicino al carcere, nei pressi del Centro Direzionale di Napoli?

Ed ogni volta mi pongo lo stesso quesito: quale recondito significato nasconde quel sinistro “onore al leone dell’Eufrate”?

Un muro imbrattato per ricordare il leone dell'Eufrate, un criminale di guerra siriano

Il leone dell’Eufrate, eroe o criminale di guerra?

Recarsi in bici al lavoro presenta un indubbio vantaggio: osservo dettagli che, dall’auto, sono impossibili da percepire.

Così, ogni mattina, quando in sella alla e-bike supero il palazzo rosa, con la coda dell’occhio rileggo la dedica al leone dell’Eufrate.

All’ennesimo passaggio, stavolta mi chiedo: «ma chi è costui?».

Un clic per scoprire verità opposte: Issam Zahreddine, per alcuni è un eroe della guerra siriana che ha difeso il suo popolo dagli orrendi attacchi dell’ISIS, per altri è un criminale di guerra autore di azioni indicibili.

La pagina Wikipedia dedicata a Issam Zahreddine riporta poche righe ufficiali, il sito Articolo21, invece, pubblica un articolo molto dettagliato sulla dedica comparsa in molte città italiane dopo quel 18 ottobre 2017 (“Onore al Leone dell’Eufrate”. 100 città italiane tappezzate da manifestanti (di Casapound) inneggianti a un criminale di guerra siriano).

Non riesco a formare un’idea precisa su Issam Zahreddine, informazioni contrastanti in un contesto esplosivo come la Siria impongono prudenza di giudizio.

La domanda rimbalza con moto perpetuo senza trovare il giusto equilibrio: il leone dell’Eufrate è un «mostro»?

Un muro imbrattato per ricordare il leone dell'Eufrate, un criminale di guerra siriano

Perché non ripulite quel muro?

Chissà se gli inquilini del palazzo rosa di via Poggioreale conoscono la storia di Issam Zahreddine.

Immagino che, una mattina di fine ottobre 2017, aprendo la finestra, avranno letto la dedica, si saranno posti delle domande, posseggano un giudizio sulla vicenda!

Mi piacerebbe ascoltare l’opinione dei condomini dell’edificio imbrattato e porgli una semplice domanda: perché non cancellate quella scritta?

E’ una spesa inutile?
Forse, tocca al Comune intervenire?
Oppure concordate sulla dedica?

Mi piacerebbe capire la verità che si cela dietro ad un muro imbrattato e sul perché resta imbrattato finché le intemperie non decidano di cassare l’opera umana.

Ma, temo, che non l’accetterei.


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Il carcere, il reparto ostetricia della camorra: due esempi significativi

Dietro le mura del carcere di Poggioreale

Che succede dietro al muro di Poggioreale?

Dalle finestre dell’ufficio, con lo sguardo attento, intercetto quel luogo sinistro impiantato nel cuore di Napoli, a ridosso del Centro Direzionale.
Osservo quel pesante muro alto come il primo piano di una casa, poi salto nelle celle scure come la notte.

La domanda resta sospesa nell’aria: il carcere è un luogo di redenzione?

Il carcere di Poggioreale

Il camorrista, un film di Giuseppe Tornatore (1986)

Bloccato da un fastidioso mal di schiena di inizio anno, sdraiato sul divano, mi concedo uno zapping pomeridiano.
Il camorrista di Giuseppe Tornatore, attira la mia attenzione.

Il film risale a trent’anni fa – al 1986 – e descrive l’ascesa al potere criminale del “Professore”.
Ascesa partita dal carcere di Poggioreale.

Il luogo destinato ad espiare la condanna e correggere l’animo umano –  secondo il regista siciliano – diviene il centro dell’organizzazione mafiosa.

Il “Professore” creerà La Nuova Camorra Riformata tra le mura del carcere, sotto lo sguardo distratto delle guardie corrotte, utilizzerà le celle per affiliare i camorristi con un patto di sangue tribale e pianificherà omicidi, alleanze, strategie criminali.

Dalla prigione.

Ben Gazzarra è il Professore nel film "il camorrista" di Giuseppe Tornatore (1986)

Storia della camorra, di Vittorio Paliotti

Vittorio Paliotti (scrittore e giornalista), autore dell’interessantissimo Storia della camorra, riporta il rito, presente da sempre nelle carceri napoletane, dell’olio per la Madonna.

In ciascuna stanza delle varie carceri, pendeva da una parete, un quadro della Vergine, costantemente illuminato, davanti al quale i camorristi, anche i più feroci, si inginocchiavano ogni mattina ed ogni sera […]
La tassa per l’acquisto dell’olio con cui tenere acceso il lumino dinanzi al quadro, aveva un carattere simbolico. Il nuovo venuto, nel momento stesso in cui pagava, accettava anche di lasciarsi sfruttare per tutto il tempo in cui sarebbe rimasto in carcere […]

Insomma, il principio dell’olio della Madonna rappresentava la conferma dell’autorità mafiosa all’interno del carcere.

Questa usanza, secondo il Paliotti, risale a tempi antichi.

E non solo il Regno d’Italia ma anche la Repubblica Italiana subirà, proprio nelle carceri, i maggiori attacchi dalla camorra carceraria.
Il boss Raffaele Cutolo, fin dalla metà degli anni Settanta, imperò sulla Nuova Camorra Organizzata da una cella di un carcere di massima sicurezza.

Ed il cerchio si chiude.

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Il carcere oggi

Il mal di schiena non mi abbandona, il divano inizia ad essere scomodo.
Mentre cerco la posizione migliore, il canale salta ed Il camorrista di Giuseppe Tornatore scompare nell’instabilità del digitale terrestre.

Poco male, il film viene riproposto con insistenza, lo recupero domani.

Mi alzo dal divano con la fatica di chi deve sollevare duecento chili sulla schiena.

Mentre mi riprendo, nella mente viaggia l’amara riflessione: le due testimonianze sono prove storiche di ciò che accadeva ieri, oggi, invece, dietro le mura del carcere di Poggioreale, cosa succede?


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Galleria Umberto, l’albero di Natale che ci costringe a reagire

Galleria Umberto, in visita ad un amico

Visito l’albero di Natale in Galleria Umberto di Napoli come se andassi a trovare un vecchio amico vittima di un sopruso.

Anzi, di soprusi multipli.

Perché l’albero di Natale è stato rapito (e poi ritrovato, dalle Forze dell’Ordine, abbandonato in un vicolo dei quartieri spagnoli).
Ripristinato, viene abbattuto.
Rimessosi in sesto dal vile colpo, vandalizzato.

Ma, come tutti gli arbusti coraggiosi, il vecchio amico ha la scorza dura e torna – ancora una volta! – al posto che gli compete: al centro della Galleria Umberto di Napoli.

L'albero di Natale in Galleria Umberto di Napoli, l'amico ritrovato

Perché colpire un amico indifeso?

Quale astruso pensiero passa per la mente di chi rapisce, abbatte e colpisce un albero di Natale?

Con la massima immaginazione possibile, non trovo una risposta valida.
Delinquenza fine a se stessa?

Baby gang in azione durante la notte, con il solo scopo di distruggere tutto ciò che rende Napoli una città normale?

Forse è la normalità che spaventa questi giovani «mostri»?

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La sua sopravvivenza ci obbliga a reagire

Non sono il solo a fotografare l’amico coraggioso.

L’albero di Natale martoriato suscita emozioni contrastanti: indignazione per la viltà dei maltrattamenti, rabbia per l’impunità dei delinquenti, incredulità per l’incapacità di difenderlo.

In molti lo osserviamo, stupiti del perché subisce continue vessazioni.
Se fosse possibile, lo abbraccerei per rassicurarlo.

Ma, il nostro amico, nonostante le ferite inflitte da un manipolo di idioti, è vivo.
La sua lotta per sopravvivere, obbliga la società civile a non girare il viso dall’altra parte.

Così, ogni volta che viene pugnalato, ci sprona a reagire.
E reagire, è la migliore arma contro la quotidiana assuefazione ai «mostri».


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Caffè, effetti collaterali [Il vizio di Paola]

Una scoperta «scottante»

Ogni sera, dopo Carosello, la mamma mi manda a letto.
Io però sono grande, ho 4 anni, e la spiegazione che mi rifila ogni sera sugli effetti benefici del sonno per i bambini non mi convince mai.

Allora l’ho capito che l’unico modo per farla contenta e avere via libera è far finta di addormentarmi, così lei se ne va nella sua camera, dove si mette a leggere, in poltrona, dimenticandosi di chi la circonda.

Il babbo, invece, si ritira nel suo studio, tra le sue carte, annotando ogni tanto qualcosa su quel libro con la copertina di pelle che lui chiama agenda.
Dopo un po’, furtivamente, si dirige in cucina.
Sento il suo passo lento mentre trascina le pantofole per il corridoio.
Non accende neppure la luce e apre il frigorifero. 
Ne tira fuori una vecchia bottiglietta di vetro di coca cola dove mia madre versa il caffè avanzato nella giornata, e ci si attacca a canna.

Aspetto che mio padre esca dalla cucina e si diriga altrove.
Quindi entro in azione.

La sedia vicino al frigo è tutto ciò che mi occorre.
Me la svuoto in bocca in un attimo.

Ogni sera.

Però ora non devo farlo più, le persone pensano male.

Stamattina ho litigato con Irene, quella mia compagna di scuola bionda e capricciosa, perchè voleva prendermi i pastelli ma io non ho voluto darglieli.

Allora lei si è messa a urlare che ero brutta e che i miei genitori mi avevano adottato.
Io le ho risposto, piangendo, che non poteva saperlo, che non ne aveva le prove, che allora anche lei era stata adottata.

Lei mi ha deriso: “ma sei stupida! non vedi che i tuoi genitori sono bianchi e tu sei nera?”.

E allora mi sono tranquillizzata.

Irene si sbaglia, non sono stata adottata.
Lei non può saperlo che è il caffè che mi colora la pelle.

I colori della vita

«Il vizio di Paola», note sull’autrice

Paola, lettrice per passione e scrittrice per vizio.
Alla continua ricerca di ispirazione.
Gli specchi è il suo breve racconto vincitore del primo premio della «III edizione di Scintille in cento parole».

Paola, autrice della rubrica «Il vizio di Paola»

 Luigi Borrone, fotografo per passione

«Amo la fotografia perché unico strumento per fermare il tempo. due foto scattate nello stesso istante non saranno mai uguali »
Luigi Borrone, fotografo per passione, è l’autore della foto presente in questo post.
A Luigi il mio sincero ringraziamento.

Per chi volesse seguirlo, segnalo la fanpage ufficiale Luigi Borrone – Fotografo Per Passione, il profilo twitter ed i canale Instagram.

 


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Matera, l’unica provincia italiana senza treno: perchè?

FS: a Matera? In autobus

«Torno in autobus».
Per anni ho lavorato con una collega lucana.
Il venerdì, per raggiungere la famiglia in provincia di Potenza, non aveva alternativa all’autobus.

Perché ancora oggi – nel ventunesimo secolo – raggiungere la Basilicata in treno, è impossibile.

Eppure, ammetto di non essermi mai scandalizzato da quel rassegnato “torno in autobus”.

Suona normale: vivi in Basilicata, non hai diritto ai treni.

Come reagirebbe, invece, un bolognese se, per raggiungere Milano, dovesse spezzare il viaggio in treno e proseguire con un pullman per altre tre ore?
Sarebbe (giustamente) indignato.

E allora, perché la medesima situazione, viene percepita come «regolare» ed accettata in Basilicata?

Da Napoli a Matera: in treno+autobus, 4 ore per 255km!

Fs Napoli-Matera: 255km in 4 ore!

Per curiosità, consulto il sito delle Ferrovie dello Stato Italiano.
Da Napoli, per arrivare a Matera, la soluzione proposta è:

  • partenza in treno alle ore 15.15
  • giungo alla stazione di Salerno alle 15.52 (dopo 37 minuti)
  • parto da Salerno alle 16.12 con l’autobus Freccialink LK017
  • arrivo alla stazione di Matera alle 19.07 dopo 2 ore e 55 minuti
  • costo del viaggio: 37€

Dunque, secondo le Ferrovie dello Stato, nel 2017, per percorrere 255 km impiego quasi 4 ore con il cambio treno-autobus!

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Matera, capitale della cultura 2019
(senza treno)

Nel 2019 Matera sarà la capitale della cultura.
Dal sito ufficiale:

“La giuria è stata colpita dall’entusiasmo e dalla innovatività caratterizzanti l’approccio artistico. Ci sono diversi progetti dotati del potenziale per attrarre un varia e più ampia audience europea, compresa la grande mostra Rinascimento del Mezzogiorno”.

Bene.
Tutti si pongono la medesima domanda: le masse di turisti provenienti da mezz’Europa, come giungeranno e quanto tempo impiegheranno per visitare questo angolo abbandonato d’Italia?

Due clic in Rete e scopri mille verità:

Così, dopo aver costruito la stazione, a Matera non sono arrivate né le rotaie né i cavi elettrici. Una spesa di oltre 500 miliardi di vecchie lire per 25 chilometri di rete ferroviaria inesistente.
(fonte: Tutti i treni (non) portano a Matera)

Seguono molteplice inchieste dallo stesso tenore: «investimento non conveniente», «assenza di mercato», «isolamento della città».

La Storia ci ricorda: Cristo si fermò ad Eboli.
Il presente, invece, l’amara verità: Matera, nel ventunesimo secolo, continua ad essere l’unica provincia italiana non raggiunta da nessun treno.

Tutt’oggi, non ho ancora capito il motivo e perché non si pone rimedio a questa vergognosa questione nazionale.
Perseverare, oltre ad essere diabolico, è inaccettabile.


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Il pallonaro, misteri e segreti dei calciatori gay [RECENSIONE]

Calciatori, nessun coming out

In Italia vige l’assioma: nessun calciatori è gay.
Da questo dogma (ipocrita), nasce Il pallonaro di L.R. Carrino.

L’autore pone un quesito irrisolto: perché i calciatori gay – dalla SerieA all’ultima lega dilettanti – non dichiarano la propria omosessualità?

Dalle cronache sportive, non emergono coming out.

Da quanto il calcio si giocava solo la domenica pomeriggio fino al campionato spalmato dal venerdì al lunedì e trasmesso dalle pay-tv in mezzo mondo, gli atleti rispettano un patto segreto, inviolabile: i calciatori non possono essere gay.

Perchè la realtà è occultata?

L.R. Carrino, autore de Il pallonaro

Il pallonaro: a tratti scurrile, perchè?

La narrazione scorre veloce come i dribbling di Diego De Martino, il personaggio intorno al quale ruota l’intera vicenda.

Il libro si sviluppa come il Campionato: dietro ogni capitolo, una partita.
Dettagli che evidenziano la passione calcistica dell’autore, l’amore per lo sport di molti giovani, il talento di chi vuole solo giocare a calcio e viene sfruttato dal sistema inquinato che ruota intorno al pallone.

Però un’osservazione è necessaria: perché, in alcuni tratti, il romanzo scade nello stile e l’autore utilizza termini triviali che, al sottoscritto, infastidiscono?

Se avrò la possibilità di intervistare L. R. Carrino, chiederò lumi.

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Occultare la verità per conservare il Sistema

Il pallonaro descrive l’ottusità di chi manovra i fili (calcistici).

Procuratori, dirigenti ed ultras nascondono la verità.
Perché?
Scoprire l’omosessualità del Capitano della squadra del cuore, sarebbe sconvolgente?

Secondo l’autore, l’omosessualità rischia di inceppare il Sistema-Calcio.
E dunque, bloccare il flusso di denaro indotto.

Costruire un prodotto (televisivo) che non muti nel tempo, uguale a se stesso, con le certezze di sempre, senza shock per lo spettatore-tifoso.
Con censura della realtà.

Omosessualità, a chi interessa?

La lettura de Il pallonaro non scioglie un dubbio amletico: a me, tifoso, perché sconvolge l’omosessualità nel calcio?
A me, appassionato di sport, perché importa conoscere i gusti sessuali del Capitano della Nazionale?
A me, cittadino, perché scombussola scoprire l’omosessualità del vicino di casa?
A me, impiegato d’ufficio, perché sorprende il collega-gay?

E’ davvero così importante individuare se un amico/collega/parente frequenta una persona del suo stesso sesso?

Il libro di L.R. Carrino. non risponde a tale quesito.

Però ha il merito di affrontare l’argomento e scoperchiare una verità mal celata: l’omosessualità nel calcio esiste.
Fatevene una ragione.

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Parco Viviani, chiuso per troppo amore? [FOTO]

Parco Viviani, il verde negato

Il Comune di Napoli ama il verde.
Lo ama alla follia.
Perciò lo protegge.
Da tutti.

Come quei fidanzati, talmente gelosi della propria donna, da isolarla dal resto del mondo.

Questo sentimento ossessivo è il motivo per il quale il parco Viviani, a via Girolamo Santacroce – quartiere Avvocata, è chiuso da un tempo indefinito?

Per proteggere i giardini dai bambini?
Per evitare ai cagnolini di calpestare i prati?
Per impedire a chi, dopo una passeggiata nel relax, si appoggi al tronco di un albero?

Napoli, il Parco Viviani, quando riaprirà?

Avvocata, un quartiere nella morsa dello smog

Per chi dirige la città, sembra valere un’equazione inversa alla normalità: più il quartiere è intasato dallo smog, di meno verde deve godere.

Perché il Sindaco e l’assessore all’Ambiente dovrebbero lottare con ogni forza (e fino all’ultimo centesimo) per garantire l’apertura totale di tutti i parchi pubblici.

«Mancanza di personale», «lavori di manutenzione», «gesti vandalici» sono i motivi più gettonati di fronte all’ennesimo cancello sbarrato.

Il parco Viviani si estende tra il corso Vittorio Emanuele ed il Vomero, due zone di Napoli congestionate dal traffico cittadino.

Quartieri dove, per un bimbo, giocare a calcio in un campetto libero da auto e scooter, resta una lontana utopia.
Zone nelle quali un angolo di verde assume un ruolo simbolico e pratico fondamentale.

E noi, chiudiamo l’unico polmone dell’Avvocata.

Napoli, il Parco Viviani, quando riaprirà?

Chiuso (anche) ai fumatori

Torno al parco Viviani per verificare la chiusura della fontana malata.

All’ingresso campeggia un cartello con l’ordinanza 1804 del 16/11/07: nel parco è vietato fumare.

Già, nel parco.
Appunto, dentro al parco.
Se riuscissimo ad entrarci! – fumatori e non.

Napoli, il Parco Viviani, quando riaprirà?

Parco Viviani, quando la riapertura?

Dunque, è come sospettavo.
L’amore del Comune di Napoli per il verde è totale.
L’ingresso è impedito a tutti.
Non ci resta che attendere la fine dell’infatuazione.

Nel mentre, fotografo il meraviglioso panorama che si apprezza dal parco Viviani.

Anzi, da fuori al parco Viviani.

Napoli, il Parco Viviani, quando riaprirà?


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San Gennaro si difende come può [FOTO]

San Gennaro, il giorno prima

Scatto la foto martedì 18 settembre, il giorno prima del sospirato miracolo partenopeo.

I dissuasori gialli compaiono anche a via Duomo, nel centro storico di Napoli, lungo la via dei musei, nell’arteria che porta dalla centralissima via Foria al tesoro di San Gennaro.

Parcheggio la e-bike, immortalo la scena, un quadro dei nostri tormentati tempi moderni.

Via Duomo, San Gennaro si difende come può

Via Duomo, un lungo zig-zag

La manifestazione si snoda in un lungo zig-zag, i dissuasori incuriosiscono i passanti più che spaventare.
Via Duomo è presidiata dalle forze dell’ordine, nessuna auto in sosta selvaggia, pochi scooter … oggi percorrerla in bici è un vero piacere.

In attesa del miracolo – e della grande folla di fedeli – la sicurezza è garantita.

Via Duomo, anche San Gennaro si difende come può

I dissuasori-panchine

Se riflettiamo in modo asettico, la presenza dei dissuasori gialli è un sintomo che fa rabbrividire.

Difenderci da un nemico invisibile, con ogni mezzo, proprio sotto casa.
Assurdo.

Meglio sorridere con la riflessione tutta napoletana di uno spettatore nei pressi del Duomo sull’uso delle barriere gialle: «almeno c’assettam!» (almeno ci sediamo).

Via Duomo, anche San Gennaro si difende come può

Via Duomo, San Gennaro si difende come può


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Da Google a Telegram, una collezione di «mostri», regalo di un amico

Il regalo viaggia su Telegram

Il mio amico Pasquale – l’ideatore della sempre attiva e fantasiosa community GooglePlus Napoli Image Naples, mi sorprende via Telegram.

Il buontempone compone una collezione di (miei) post in una unica pagina – chiara, ben leggibile, affettuosa: Sulle tracce in community dell’amico Mario.

Clicco e la sorpresa si materializza sullo schermo dello smartphone: dagli articoli impegnati ad argomenti spensierati passando per la lettera a Il Mattino sulla giungla di viale Kennedy e la successiva ed indimenticabile vittoria dei 715 mila Mi Piace.

Fiumi di inchiostro, milioni di parole, passione infinita condivisa con lo stesso spirito da Pasquale, i moderatori e gli amici di Napoli Image Naples.

Sulle tracce in community dell'amico Mario, il regalo viaggia su Telegram

Dove c’è passione …

Rileggo il post Telegram di Pasquale. con attenzioni – anche più volte.
Rivedo i temi nei quali credo, le denunce convinte, le mille considerazioni condivise o cadute nell’indifferenza generale.

Leggo come se fosse un libro, un insieme di articoli nati dalla passione e dalla convinzione: immaginare una società migliore è il primo passo per cambiarla.
Come?
Con le nostre azioni quotidiane, con l’esempio, agendo in prima persona.

Ringrazio pubblicamente Pasquale.

Per il tempo speso a comporre il regalo Telegram.
Per la dedizione nel raccontare Napoli attraverso le immagini,
Perché spesso chiede l’opinione del sottoscritto ed è un ascoltatore paziente ed attento.

Ma soprattutto, perché è un mio sincero amico.


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Passengers, quel labile confine tra amore ed egoismo

Passengers, un film di fantascienza del 2016

Solo.
Intorno a te, il silenzio assordante dell’Universo.

Sei l’unico essere vivente sveglio, prigioniero di un’astronave ultra moderna con altri cinquemila passeggeri ibernati.
Un villaggio turistico iper-tecnologico che viaggia alla velocità della luce verso il nuovo mondo, una colonia da fondare distante milioni di chilometri dalla Terra.

Ma per ricominciare una seconda vita, però, occorre viaggiare per altri novanta anni.

Purtroppo, un imprevisto ti ha scongelato dalla siesta e mentre gli altri cinquemila passeggeri si godono il pisolino programmato, tu sei l’unico uomo con gli occhi spalancati.

Solo nell’Universo.
Pronto ad impazzire.

Passengers, un film di fantascienza sul labile confine tra amore ed egoismo

La forza della solitudine

Dunque, che fare?

Svegliare qualcuno dal letargo, costringerlo alla prigionia forzata nell’astronave, rubargli la vita per invecchiare insieme, da soli nell’Universo – senza mai raggiungere la nuova Terra?

Forti dei nostri leali sentimenti, al posto dell’ibernato insonne, come ci comporteremmo?

Dal comodo divano del salotto, col telecomando tra le mani e l’atmosfera di casa a proteggerci, ci indigniamo al solo pensiero di condannare un altro essere umano pur di soddisfare il nostro (insano) egoismo.

Ma la solitudine è un «mostro» che morde i polpacci.

Al nostro solitario eroe spaziale cresce la barba e la disperazione, tenta il suicidio pur di non ammazzare un altro passeggero.
Ma nulla può contro la voglia di sopravvivere.

quando affoghi, ti tiro dietro sempre qualcun altro

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Passengeres, il finale pirotecnico

Alcuni misteri restano: perché il nostro Lupo Solitario, tra i cinquemila avventurieri, sceglie proprio Lei, scrittrice in carriera?

Non era più saggio scongelare un medico, un pilota o un pizzaiolo?

E poi, al nostro eroe spaziale, piace vincere facile: in assenza di concorrenza, chi vuoi che frequenti la bionda?
Trattasi di una disavventura nell’Universo o di una romantica crociera tra i Pianeti?

Come finisce Passengers?
Nell’unico, possibile, scontato, inatteso modo: egoismo ed amore non sono poi così distanti come immaginiamo.

Nemmeno nel lontano futuro.

Jennifer Lawrence, scrittrice in Passengers


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