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Tag: mostri (Page 7 of 13)

L’intervista dell’anno: I want you!

L’aforisma

ognuno ha una storia da raccontare, basta porgli le giuste domande

(Mario Monfrecola)

Concordo con l’autore.

Io, giornalista per gioco (e passione)

Il piacere di ascoltare le storie altrui è il motore che spinge il sottoscritto ad intervistare chiunque abbia voglia di rispondere alle domande di un finto giornalista.

Ok, l’ammetto:

  • adoro giocare al giornalista
  • sono un ottimo uditore
  • cerco persone da intervistare ed il prossimo puoi essere proprio TU!

Io, giornalista per gioco, voglio TE per l'intervista dell'anno!

Come avviene l’intervista

Ci incontriamo (se possibile) per una conversazione informale, ascolto la storia, memorizzo i particolari, scatto due o tre fotografie al prescelto.

Indosso i panni del Lettore Curioso e stilo dieci domande non banali (o almeno ci provo) che ognuno di noi vorrebbe porre.

Dieci domande, un punto di vista inedito con un un solo obiettivo: accendere il riflettore sull’intervistato per far conoscere al pubblico una nuova, interessante storia.

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AAA voglio TE per l’intervista!

Le buone intenzioni non bastano. la categoria delle interviste di faCCebook scarseggia di «mostri».

E mi dispiace perché – sono sicuro – ognuno di Voi, amici Lettori, ha delle risposte interessanti dentro sé stesso.

Bastano le opportune domande e la giusta dose di autoironia: perché se ti prendi troppo sul serio, ti escludi da solo.

Bando alle ciance, contattami subito (scegli tu il canale social o l’email nella colonna a destra del post)

Un clic per la TUA intervista 🙂


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Landing page: benvenuto alle Hawaii

L’atterraggio

Immagina di atterrare alle Hawaii, il viaggio dei tuoi sogni.
L’aereo scende dolcemente lungo la pista d’atterraggio.
Con delicatezza le ruote toccano terra mentre la velocità del velivolo diminuisce finché l’aeroplano si ferma con la dolcezza di una carezza.

Pochi minuti, sgranchisci le ossa.
Finalmente libero da quella stretta prigione, recuperi il bagaglio a mano, esci dall’aeroplano, raggiungi l’uscita pronto a scoprire il nuovo mondo.

Una gentile signorina hawaiana in costume e ghirlanda di fiori ti accoglie con un sorriso ammiccante: «Aloha su faCCebook, li blog dei mostri!».

Con l’entusiasmo contagioso, ti spiega dove sei.
Tu, affascinato, ascolti estasiato.

La landig page, ben atterrato alle Hawaii!

Che cos’è la landing page

La landing page di faCCebook è online.
Sentivo il bisogno di dotare la mia casa digitale di un’elegante porta d’ingresso, una pagina per sintetizzare il mostro-pensiero e racchiudesse in un solo punto tutte le info utili.

Il gradito ospite, con un solo sguardo, intuirà subito chi siamo e quale sia l’obiettivo del blog ufficiale dei «mostri».

Sul web troverete innumerevoli definizioni di landig page: per il sottoscritto è l’ingresso al sito (non la homepage!), la pagina di benvenuto capace di attirare l’attenzione del visitatore e tramutare l’emozione del momento – il vero motore di ogni scelta – in un clic significativo.

Una pista d’atterraggio, appunto, che conduce il viaggiatore al nuovo mondo col sogno segreto di convertire la visita in un’azione (chiedere ai siti di e-commerce).

La landing page non è la homepage

La landing page può coincidere con la homepage di un sito ma, in generale, non accade quasi mai (sarebbe uno spreco).

Pensiamo ai colossi dell’informazione del web: la landing page viene perlopiù utilizzata per sparare un banner pubblicitario prima di giungere alle notizie principali.

Nel caso del blog trovo utile preparare il Lettore ed una breve introduzione sugli argomenti trattati è un buon biglietto da visita.
Come nel nostro caso.

A proposito.
Ben atterrato alle Hawaii 🙂


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Il murales di Materdei, l’arte contro il degrado

A Materdei i murales per resistere

Osservo il murales di Materdei, tra Vomero e centro storico, rapito.
Muoversi in bici per Napoli regala scoperte inattese.

Un clacson cafone riporta i nobili pensieri tra lo smog ed il traffico della città.
Parcheggio alla fermata dell’autobus, prendo lo smartphone e scatto.
Le foto, però, non rendono l’idea della maestosità dell’opera.

Il murale di Materdei, l'arte contro il degrado (palazzo ex OPG, l’ex Ospedale Psichiatrico Giudiziario di via Imbriani)

I murales, una forma d’arte

Giro sul web e mi imbatto nel gruppo Materdei. per R_esistere ci vuole pure la bellezza.
Lo slogan rallegra l’anima:

Allora. .. resistere alla crisi … resistere è anche esistere … e a noi ci piace la bellezza ….
… e a noi che abitiamo Materdei ci piace colorata e poetica

Un invito per il sottoscritto a girare per il quartiere ed immortalare gli altri murales che, senza dubbio, sono una forma d’arte.

Se non ci fosse l’arte

La controprova è immediata: se il disegno non ricoprisse la facciata dell’ex OPG – l’ex Ospedale Psichiatrico Giudiziario di via Imbriani – l’edificio risulterebbe uno dei tanti anonimi palazzi della città.

Il gigante verde dalla bocca aperta, invece, è un tassello d’arte moderna, una forma di bellezza contro il degrado urbano.

Perché la Cultura è la prima arma contro ogni «mostro».
Come Materdei insegna.

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Un debito è per sempre Vol.1, di Alexander Hartung (recensione)

Alexander Hartung, un giallo a tinte forti

Ancora sazio dal precedente libro, con la superbia del Lettore MangiaPagine, casco nel tortuoso mondo di Jan Tommen detective della omicidi di Berlino – e la sua ragazza Betty.

Era mia intenzione utilizzare Un debito è per sempre Vol. 1 come digestivo: tra un romanzo e l’altro, per digerire e prima di immergermi a capofitto in una nuova storia, leggo il poliziesco di Alexander Hartung.

Stavolta, però, invece di smaltire, ricevo un pugno nello stomaco che lascia il segno.

Un debito è per sempre Vol. 1, di Alexander Hartung | recensione

Nei peggiori meandri dell’animo umano

Con un susseguirsi di colpi di scena tipici del romanzo giallo, Alexander Hartung scava nell’animo umano.

Emergono verità che preferiremmo nascondere a noi stessi, i «mostri» presenti in ogni essere (dis)umano prendono il sopravvento.

Personaggi da cronaca nera – della peggiore specie – caratterizzano questo romanzo, immagino il numero zero di una saga noir ambientata nella capitale tedesca dei nostri giorni.

 

Consigliato ad un pubblico adulto

Chi ama il genere forte e digerisce i più cruenti delitti senza batter ciglio, troverà pane per i suoi denti.

La trama è densa di azione, dettagli a volte raccapriccianti, uomini dalle coscienze talmente sporche da far rabbrividire i ratti nascosti nelle oscure profondità delle fogne berlinesi.

Sconsigliato ai bacchettoni come il sottoscritto e a chi desidera un giallo allo Poirot.

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Escrementi dei cani e dispenser fai da te: tredici giorno dopo, i primi furti

Tredici giorni dopo

Due dipenser sono spariti.
Rubati.
Strappati e portati via.

Isolati, attaccati, derisi oppure lasciati nell’indifferenza generale.
Eroici, li osservo con orgoglio nel giro di perlustrazione mattutino prima di recarmi al lavoro.
«Li stanno usando» è l’incoraggiamento dell’edicolante, persona attenta e sentinella di uno dei quattro dispenser sopravvissuti al week end.

Dalla prima installazione dello scorso 5 luglio, sono trascorsi tredici giorni.
Appena tredici giorni?
Oppure già tredici giorni?

Inciviltà, ovviamente

L’inciviltà è un prezzo necessario da pagare?
Se distribuisci sacchetti gratuiti per la raccolta degli escrementi dei cani tramite dispenser disponibili giorno e notte, risulta quasi ovvio scontrarsi con i vandali.

Perchè distruggere un bene comune è normale, quasi accettato come una tassa obbligatoria ad ogni iniziativa basata sulla fiducia verso il prossimo.

I quattro (su sei) dispnser sopravvissuti: la lottad agli escrementi continua

Perchè?

Il costo del singolo distributore (compresi i venti sacchetti) è irrisorio: un euro e mezzo.
Dunque, perchè distruggere uno strumento privo di un qualsivoglia valore economico ma utile a tutti?

Mi piacerebbe parlare con uno di questi «mostri», belve della giungla metropolitana, esseri incapaci di apprezzare la bellezza e la cultura.

Il decoro del quartiere migliora la morale delle persone.

E’ un’equazione semplice da comprendere ed applicare che, però, si scontra con la triste realtà urbana: esistono branchi di iene che vagano per la città irrispettosi di ogni elementare regola del vivere civile (quando non sconfinano nella delinquenza).

Rifletto: il motivo del furto risiede nel seme di autodistruzione insito nell’animo umano?

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Oltre lo stupore

Non provo sconforto, bensì stupore.
E’ chiaro: non vivo a Stoccolma, l’Italia non è la Svezia e Napoli soffre – da sempre – di un’innata anarchia che, troppo spesso, naufraga nell’ordinaria inciviltà accettata dai cittadini assuefatti e/o rassegnati.

Continuiamo l’opera di sensibilizzazione.
Dopotutto, gli incivili sono un gruppo rumoroso ma pur sempre una minoranza.

La storia può cambiare.
Dai piccoli gesti.
Da due piccoli dispenser.


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Vendetta a Manhattan (Quinta Strada Vol. 5) di Christopher Smith (recensione)

L’etica del killer secondo Christopher Smith

Uno spietato killer può seguire una morale?
Vendetta a Manhattan, di Christopher Smith racconta il punto di vista di Carmen Gragera, assassina di professione costretta a difendersi dall’Organizzazione (criminale) per la quale lavora.

Vendetta a Manhattan (Quinta Strada Vol. 5) di Christopher Smith: killer troppo umani?

Una storia di assassini

La lettura scorre veloce come le pallottole dei killer – i protagonisti assoluti di questo libro – descritti come esseri dotati di «una» coscienza (quale?).

L’umanizzazione di assassini cinici e violenti, la descrizione fin troppo «normale» della stessa protagonista, nel sottoscritto, suscita fastidio.

Perché – a conti fatti – la bella e cinica Carmen Gragera, per soldi, uccide.
Per denaro, elimina esseri umani.
«Non ammazzo bambini» è l’unico codice etico che rispetta.

 

Il fascino del male

Un romanzo di delinquenti accattivanti, affascinanti, anche colti.
Il Lettore resterà incollato alla trama da film d’azione, col fiato sospeso fino all’ultimo rigo, uno anomalo mix tra il cinismo del killer professionista e l’inattesa umanità della protagonista.

Superato lo choc del finale, resta l’amara verità: dietro l’apparenza, i personaggi di questo libro sono solo dei «mostri».

Da leggere col giusto distacco.

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Bianco e nero: la foto ci guadagna?

Bianco e nero vs colore

Il medesimo scatto suscita sensazioni diverse: il primo, in bianco e nero, richiama alla mente il tempo che fu – perché al sottoscritto, l’immagine priva dei colori è un salto all’indietro …

Bianco e nero, perché (a volte) è meglio

… la seconda, l’originale, è la foto priva di ritocchi ed immortala – in tutta la sua semplicità – un giorno qualsiasi sul litorale domitio con la sedia di un bagnante per scrutare il mare, l’eterno movimento.

Bianco e nero, perché (a volte) è meglio

Bianco e nero, quando preferirlo?

Ad ogni foto, la domanda sorge spontanea: quando proporre una foto oscurata dei colori originali?

Il volto di un anziano?
Un panorama dove lo sguardo si perde nell’infinito?
L’immagine anticata?

E se applico il filtro e rovino lo scatto originale?

Nonostante i mille «mostri» catturati con un clic dello smartphone, non ho ancora trovato la giusta risposta.

Se la foto è introspettiva?

Nemmeno il mio amico Mario Cavaliere, instagramer di successo fornisce la soluzione: per lui, lo scatto in bianco e nero è introspettivo.

E per voi, amici Lettori?
Aiutatemi a sciogliere il dilemma: quando applicare il filtro ed eliminare i colori?


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Come preparare biscotti fatti in casa saporiti (e salutari)

Gli ingredienti

  • 300 g. di farina integrale
  • un uovo
  • 150 g. di zucchero di canna
  • un vasetto di yogurt (ad esempio, al cocco)
  • mezzo bicchiere di olio di semi
  • mezza bustina di lievito
  • limone grattugiato (o pezzi di cioccolato)

La ricetta (col segreto dello chef)

Versa gli ingredienti in un recipiente di dimensione medie.
Impasta, impasta ed impasta ancora (in cucina non essere frettoloso!) fino ad ottenere una palla compatta.
Se il miscuglio tende a sgretolarsi oppure non è coeso, aggiungi delle piccole quantità di farina.

Un piccolo segreto: una volta creata una palla di pasta consistente, racchiudi l’amalgama in una pellicola trasparente e deposita il tutto per mezz’ora in frigo.

Preparazione dei biscotti

Ricopri una placca da forno con la carta (da forno).
Per poter stendere al meglio l’impasto, spargi un pizzico di farina.

Allunga la pasta (meglio procedere con piccoli pezzi) sulla carta da forno: utilizza un mattarello per ridurre l’altezza dell’impasto (ad esempio, un mezzo centimetro).

Dopo aver steso il tutto, con un bicchiere di plastica crea delle forme circolare (oppure le stelline, i cuoricini, la mezza luna con le forme per i biscotti che trovi in commercio).

La cottura

Mentre ti diverti a creare le sagome dei biscotti, preriscalda il forno a 170 gradi.
Immetti le teglie con la tua opera nel forno.

Attendi 15 minuti, poi con una forchetta verifica la cottura.
Spegni il forno non appena reputi i biscotti croccanti (secondo il tuo gusto).

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I biscotti fatti in casa in meno di un’ora

Il sottoscritto è un cuoco alle prime armi.
Eppure la suddetta ricetta ha un discreto successo tra i commensali.

Sarà la soddisfazione derivata dal mangiare ciò che si cucina ma preparare i biscotti in casa è un’esperienza da provare (anche per stupire gli ospiti in una serata tra amici).

Le varianti alla ricetta sono molteplici: pezzetti di cioccolata invece del limone, il burro in sostituzione dell’olio di semi.
In cucina vince la fantasia …

Eseguo l’intera ricetta (compresa di cottura) in meno di un’ora.
I piccoli «mostri» sono pronti.
Ti aspetto per un assaggio 🙂

Come preparare biscotti fatti in casa saporiti (e salutari): la mia ricetta


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Il canale Telegram, la nuova frontiera di faCCebook

Canale Telegram di faCCebook: i vantaggi

Una notifica bianca, discreta e mai invadente.
Mai più di una al giorno, il bip giunge verso mezzogiorno quando la voglia di staccare è alle porte.

Il tuo smartphone tuttofare riceve la notizia: il «mostro» del giorno è on-line.

Bastano pochi istanti.
Col pollicione sblocchi lo schermo, scorri le notifiche.
Dal canale ufficiale di faCCebook.eu è giunto un nuovo messaggio.
Sorridi.

Pigi l’avviso, apri il browser e – come fossi al computer – accedi al post.

Chiaro, nitido, leggi senza fatica alcuna: faCCebook, il blog dei «mostri» per antonomasia, è disponibile anche su smartphone e tablet.

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Whatsapp gratuito? Grazie a Telegram

Sia chiaro: Whatsapp non è l’unica app per inviare messaggi.
Da tempo, Telegram avanza tra la soddisfazione generale dei suoi (molti) utenti.
Da sempre, Telegram è gratuito.

Una mossa che ha costretto il più famoso concorrente ad eliminare il costo (irrisorio) dell’abbonamento annuale?
Concordo.

Come unirti al canale Telegram di faCCebook

Per ricevere le notizie via Telegram:

  • scarica Telegram dal tuo smartphone
  • dopo l’installazione, apri l’app
  • in alto a destra, clicca sul bottone di ricerca
  • digita faCCebook
  • clicca sul canale e pigia sul bottone “UNISCITI” in basso

Attendi fiducioso 🙂


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Il ciclista napoletano

La gioia del ciclista

Pedalo per San Gregorio Armeno con calma, tra turisti e passanti.
Il famoso vicolo è affollato anche in un anonimo venerdì pomeriggio di marzo.

Giro in bici nel centro storico di Napoli, esperienza per pochi fortunati, affascinante ed alquanto originale.

Osservo vetrine, bancarelle, presepi, chiese, volti e colori.
Incamero odori e profumi.

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Pedalare a Napoli tra mille difficoltà

Pista ciclabile assente, pavimentazione sconnessa rendono faticoso ogni singolo metro percorso.

Mancanza assoluta di cultura ciclistica, un continuo zigzag tra pedoni e sanpietrini malefici trasformano la bici in un doloroso yoyo.
Ogni sussulto una pugnalata alla schiena.

Pedalare a Napoli è un’impresa eroica.

Bicicletta a Napoli, una scelta coerente

Sono conscio: l’indubbia morfologia del territorio partenopeo – salite / discese / strade strette / vicoli / buche – non favorisce l’uso della bici per spostamenti quotidiani.

Eppure desidero pedalare in città perché girare in bici è coerente con la mia personale visione della vita.

Acquisto una bici a pedalata assistita ed aderisco all’esercito – ancora in minoranza – di cittadini napoletani che, nonostante tutto, lasciano l’auto in garage e raggiungono il luogo di lavoro con mezzi non inquinanti.

Il motore elettrico montato discretamente sul mezzo permette di affrontare il tragitto casa-lavoro con serenità.
Giungo in ufficio senza particolari sforzi fisici eppure l’attività quotidiana aiuta il corpo, rilassa la mente, combatte lo stress, mi aiuta a star meglio.

Nonostante il traffico, lo smog ed i mille «mostri» presenti in una metropoli dove il ciclista è considerato ancora un alieno da abbattere.

Io, ciclista (napoletano) felice

Io, ciclista (napoletano) felice

Un fantastico itinerario verso il mare

Saluto San Gregorio Armeno.
Procedo lungo i decumani, raggiungo via Toledo, intravedo il teatro San Carlo, l’ennesimo slalom intorno alla fontana di piazza Trieste e Trento ed accelero verso piazza del Plebiscito.

Ancora poche pedalata ed intravedo il mare.
Sulla mia e-bike sembra di volare, piccole lacrime escono spontaneamente dagli occhi colpiti dal vento gelido d’autunno.

Arrivo sul lungomare.
Mi fermo, osservo le onde ancora alte.
Tolgo i guanti.
Poi il casco.

Con la mano destra mi asciugo gli occhi.
Sorrido mentre guardo l’orizzonte blu.

Anche oggi ho sconfitto i mille «mostri».
Anche oggi sono un ciclista (napoletano) felice.

Quando sei in salita e non ce la fai più, le gambe ti fanno male e vuoi fermarti, è giunto il momento di pedalare ancora più forte.

Mario, un ciclista napoletano


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Attentato a Bruxelles, il «mostro» è lontano?

Attentato a Bruxelles

La finestra sul mondo mostra l’ennesimo film dell’horror.
Schiacciato dalle montagne di righe di codice, riesco a malapena a leggere velocemente le news.
Resto sbigottito: Bruxelles di nuovo colpita a morte da folli kamikaze.

Attentato a Bruxelles, l'orrore a portata di clic

Il mondo, spettatore impotente

Io chiuso nel mio ufficio osservo dal web il Belgio sotto assedio.
Come il resto del mondo, sono uno spettatore impotente.

Immagino miliardi di occhi incollati ai monitor leggere con spavento gli ennesimi venti di guerra, nel cuore dell’Europa.
Con un clic cambio canale.

E’ giunta l’ora della pausa pranzo.
I «mostri» sono lontano, o no?

Il fascino dell’isola (vista dalla terraferma)

L’isola vista dalla terraferma

«Bella Capri! Appena possible torno per un weekend!» sospiro mentre da Pozzuoli osservo l’isola.

Il vento spazza via le nuvole, il panorama è limpido, la visuale nitida.
Capri sembra una donna distesa, affascinante.
Già, affascinante osservata con i piedi saldi sul continente, con la possibilità di girare le spalle e fuggire via dove desidero.

Auto, metropolitana, treno ed aereo sono – in teoria – disponibili.
Spazio infinito, nessun confine fisico limita la mia libertà.
Scatto la foto, «proprio bella Capri!».

Gli isolani come vivono sull'isola?

La vita sull’isola

Come sarà l’inverno su un’isola?
A quale velocità scorrono le giornate a Procida, un fazzoletto di terra raccolto in un palmo di mano?
Col maltempo ed i collegamenti sospesi, quale sensazione pervade un luogo immerso nel mare?

La realtà, poi, si capovolge con la bella stagione.
L’invasione dei turisti – pendolari e non – sconvolge gli equilibri e porta nuova linfa vitale.
Per un paio di mesi il caos travolge l’isola per poi far posto di nuovo al silenzio assoluto.

Come nel libro di Enzo G. Napolillo

Penso alla vita di Salvatore, il protagonista del bel libro di Enzo G. Napolillo,
Le tartarughe tornano sempre ambientato a Lampedusa.

Perché Lampedusa può essere una prigione per chi ci nasce e la terra promessa per chi sogna una vita diversa da guerra e violenza.
Dipende dal destino quale prospettiva ti regala.

Forse la citazione vale per tutti i luoghi?

Per quanto tempo resisti?

Chi nasce su un’isola, fin da piccolo, si abitua ai ritmi dell’oasi.
Prigione o Paradiso?
Dipende dalla prospettiva (personale) con la quale osservi il mondo.

Per il sottoscritto – cittadino metropolitano – trascorrere la vacanza in un luogo isolato è un piacere: niente affollamento, zero stress, calma e relax.
Il piacere è totale perché terminata la settimana di ferie, torno a casa a respirare boccate di sano smog, passeggiare per la città, ritrovare i miei piccoli, grandi «mostri» di sempre.

Riuscirei a vivere su un’isola?

Mentre rifletto, immagino che dal belvedere di Capri – proprio nello stesso istante – un isolano guarda Napoli, punta con lo smartphone la costa e scatta una foto.
Perplesso, si domanda: «come riescono a vivere in città?».


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