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Tag: mostro (Page 2 of 9)

Pastorano, la nube tossica in diretta [FOTO]

La nube tossica dalla mia auto

Percorro la via Appia in direzione Capua nell’ennesimo, bollente sabato di luglio.

Sono le 15.30 ed in pieno giorno, la tremenda nube tossica si alza in cielo prepotente.
«Di roghi, in questa maledetta regione, ne ho visti tanti ma stavolta l’intensità del nero è davvero preoccupante» rifletto mentre, dall’auto violando tutte le regole del codice stradale, scatto foto a ripetizione.

«Tutti devono sapere!» la rabbia è alle stelle mentre il «mostro» è visibile a chilometri di distanza.

In fiamme deposito Expert: nube tossica su Pastorano

Pastorano, in fiamme deposito Expert

Appena rientro, scopro l’amara verità: il Mattino riporta la notizia, In fiamme deposito Expert: nube tossica su Pastorano.

Un’intera zona, migliaia di cittadini inermi, colpiti dalle tossine sprigionate dall’incendio di lavatrici, frigoriferi, congelatori.

E’ accettabile? E’ normale?

In fiamme deposito Expert: nube tossica su Pastorano

Dove atterra la nube tossica?

Supero Pastorano – in provincia di Caserta – sbigottito.
Mi immetto sull’autostrada in direzione Napoli.
Da lontano, osservo la minacciosa nube tossica aleggiare nell’aria.

Ricorda un’enorme chiazza di petrolio nero avanzare nel mare blu.
Con i medesimi effetti distruttivi.

Dove atterrerà il «mostro»?

Prima o poi, le diossine dal cielo scenderanno per depositarsi nei campi, sui palazzi, nei paesi, in città.

La direzione del «mostro» dipenderà dal vento.
Da queste parti, una buona dose di fortuna non guasta …

In fiamme deposito Expert: nube tossica su Pastorano

Terra dei Fuochi, le Istituzioni dove sono?

Domani – forse – leggeremo i soliti commenti degli organi competenti.
Le stesse parole utilizzate in milioni di altri casi simili.

Parole riciclate privi di effetti reali.

Perché lo Stato permette lo scempio di queste terre?
Perché chi delinque, resta impunito?
Quando la soluzione?

Nel mentre, la Terra dei Fuochi continua a bruciare.

In fiamme deposito Expert: nube tossica su Pastorano


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Totò Genio, la mostra a San Domenico Maggiore [FOTO]

Dentro Totò

La storia d’amore tra Totò e Franca Faldini è il momento più coinvolgente.
Conoscere le debolezze umane del Principe della risata aggiunge ulteriore grandezza ad un mito del cinema.

«Dentro Totò» – a San Domenico Maggiore, nel centro storico di Napoli – è una delle tre mostre dedicate ad Antonio de Curtis ed il sottoscritto, armato di entusiasmo e smartphone, non può mancare.

Totò Genio, la mostra a San Domenico Maggiore

I suoi film, la nostra infanzia

Acquisto il mini abbonamento (12€ per le tre mostre, 6€ per la singola visita), sicuro di completare il giro al Maschio Angioino (“Genio tra i geni”) e Palazzo Reale (“Totò, che spettacolo!”).

Totò suscita ricordi, risate, momenti di gioia, riflessioni.
Pezzi di infanzia trascorsi con i suoi film, battute celebri divenute modi di dire quotidiani, duetti indimenticabili ripetuti tutt’ora.

La sera basta sintonizzarsi su uno dei tanti canali privati napoletani: di sicuro, qualcuno – o più! – trasmette «Totò Peppino e la malafemmina» 🙂
(e pensare che «nessuno mi ricorderà» era uno dei timori dell’artista napoletano).

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Totò Genio, le mille locandine

Le mille locandine esposte, raccontano l’iper produzione cinematografica di Totò.
Film famosi, pellicole immortali ma anche molti titoli a me ignoti.

Accanto al Principe della risata, nomi celebri: Vittorio De Sica, Sophia Loren, i De Filippo, Mario Castellani …
Mi arrendo: impossibile citarli tutti.

Totò Genio, le mille locandine

«Portatemi a Napoli»

Battute storiche, lettere, biglietti, la testimonianza dei registi e dei colleghi di lavoro, parti di sceneggiature e preventivi dei cast.
Un tuffo nel cinema in bianco e nero degli anni cinquanta.

E poi, le prime pagine dei giornali di quel 15 aprile del 1967, quando – a soli settant’anni – per un infarto, Totò si spegneva.
Le sue ultime parole: «Portatemi a Napoli».

«Mamma, stasera vediamo un film di Totò?».

La bimba, avrà sei o sette anni, aggrappata alla mano della donna, sussurra l’innocente desiderio.
Vado via soddisfatto: Napoli non dimenticherà mai il suo Principe della risata.

Totò Genio, la galleria fotografica


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O come Ossessione [Il vizio di Paola]

L’ossessione (vicino la scuola)

Lo avevo detto, che sarebbe stata l’ultima volta.
Ero poco più di un ragazzino quando Marco, il compagno così detestato dai miei per quella sua aria così ‘poco raccomandabile’, mi ci portò.

Mi disse che dovevo solo provarci, non è che si prendeva il vizio.

Ed io, con l’arroganza tipica della gioventù, certo che nulla potesse togliermi il controllo della situazione, lo seguì.

Il fatto che quel posto fosse così vicino alla scuola mi sembrò un segnale rassicurante.
Se fosse stato un luogo di perdizione, una tale vicinanza ad un luogo frequentato dagli adolescenti sarebbe stata illegale.

L'ossessione del gioco, un vizio pericoloso [foto di Luigi Borrone]

Solo per i maggiorenni? Non proprio

Ed io ancora ci credevo, allora, alla legge ed alla giustizia, ritenendo addirittura che le due cose coincidessero.
Cominciai, così, a frequentare quel locale tutti i giorni, inventando a mio uso e consumo ogni genere di pretesto.

Avevo voglia di un caffè, di una brioche, o anche solo di un pacchetto di gomme da masticare.

E loro erano lì, che mi guardavano, effettivamente un po’ defilate rispetto alla sala principale del locale, ma comunque ben distinguibili anche dall’esterno.
Un cartello indicava che l’utilizzo era consentito solo ai maggiorenni, ma nessuno sembrava farci caso, a noi, adolescenti imberbi con la posa di grandi uomini.

Un passatempo pericoloso

I primi tempi la sommetta che i miei ignari genitori mi passavano era sufficiente per quello che, mi ostinavo ad ingannarmi, era un innocuo passatempo.
“Quanti spendono la stessa cifra per un pacchetto di sigarette! Ed il fumo è anche dannoso! Io, almeno, non mi rovino la salute”.
Questo mi bastava per sentirmi a posto.

Poi ebbi necessità di altro denaro, così cominciai a vendere i libri di scuola, prima quelli degli anni precedenti, poi anche qualcuno di quelli dell’anno in corso.
“Tanto mi posso fare le fotocopie”, continuavo a giustificarmi.
“E la chitarra? A che mi serve, tanto ormai quasi non suono più!”

Sono anni ormai che viaggio almeno una volta al mese per Montecarlo.

Riesco a giocare, e a perdere, anche tutto lo stipendio in un paio d’ore.
Sei mesi fa ho messo in vendita l’appartamento avuto in eredità dai miei genitori.
Ho impegnato anche tutti i gioielli di famiglia.

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La promessa mantenuta

Il mese scorso ho dato l’ultimo saluto a Marco, quel mio amico.
Un colpo alla tempia è stato il suo ultimo gesto.

Sulla sua tomba ho promesso che non lo avrei più fatto, non avrei più lasciato su quel tappeto verde la mia dignità.

Se non ci fossi riuscito, lo avrei raggiunto.

Ed ora non posso fare altro che onorare quest’estrema promessa.

«Il vizio di Paola», note sull’autrice

Paola, lettrice per passione e scrittrice per vizio.
Alla continua ricerca di ispirazione.
Gli specchi è il suo breve racconto vincitore del primo premio della «III edizione di Scintille in cento parole».

Paola, autrice della rubrica «Il vizio di Paola»

 

Luigi Borrone, fotografo per passione

«Amo la fotografia perché unico strumento per fermare il tempo. due foto scattate nello stesso istante non saranno mai uguali »
Luigi Borrone, fotografo per passione, è l’autore della foto presente in questo post.
A Luigi il mio sincero ringraziamento.

Per chi volesse seguirlo, segnalo la fanpage ufficiale Luigi Borrone – Fotografo Per Passione, il profilo twitter ed i canale Instagram.


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RealNapoli, serata leggendaria

Real Madrid vs Napoli, serata epica

Dal barbiere, in metro, al bar.
Tre luoghi clou per testare il polso al tifoso partenopeo.
La sfida è di quelle epiche, non capita spesso di affrontare la squadra più forte del mondo.
In Champions League addirittura!

Eppure, nonostante gli undici alieni da affrontare, carpisco un ottimismo diffuso.

Real Madrid vs Napoli, serata leggendaria

Cristiano Ronaldo contro il Ciuccio organizzato

Il barbiere è convinto: Cristiano Ronaldo sbatterà contro l’astuto muro azzurro.
Al bar, tra un caffè e l’altro, si elogia l’organizzazione del Napoli di Sarri.

Il collettivo contro il singolo: la regola dello sport convince.

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Serata sociale

L’occassione riunisce.
Stasera la partita Real Madrid – Napoli si guarda obbligatoriamente in gruppo.
Parenti, amici, vicini di casa, tifosi abituali o tifosi per una sera: senza distinzione, insieme per godersi l’evento.

Lo spirito di partecipazione che si respira in ogni angolo della città.
La convinzione di poter sfidare i galattici.
L’ottimismo intorno alla squadra.
Lo spettacolo del Santiago Bernabeu.

A poche ore dal match, Napoli dimentica – per una sera – i soliti «mostri» per concentrarsi su un evento sportivo.
Divertimento allo stato puro.

Vada come vada, stavolta il successo del Napoli è garantito.
La città merita questa serata da campioni.


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Silvia Ruotolo, la tragedia che la storia non spiega

Silvia Ruotolo, giovane mamma

«Silvia Ruotolo
(1958 – 1997)
vittima innocente della barbarie camorristica»

La targa a Piazza Medaglie d’Oro – nel centro del Vomero, quartiere collinare di Napoli – mi lascia esterrefatto.
A pochi metri, dei giovani bivaccano nel campo di basket mentre, al lato opposto, dei cani corrono felici nell’«area di socializzazione» a loro dedicata.

Una piazza con diverse anime, un mix tra il ricordo della tragedia e la necessità di andare avanti.

Quante volte sono passato?
Di corsa, per shopping o per una passeggiata.
Mai soffermato a leggere la drammatica storia, l’intensità delle parole, la tragedia consumata.

Piazza Medaglie d'Oro, la targa dedicata a Silvia Ruotolo, vittima innocente della barbarie della camorra

Silvia Ruotolo, la fondazione

La vicenda è nota a tutti e documentata con emozione sul sito della Fondazione Silvia Ruotolo.

Leggere la cronaca colpisce ma guardare da vicino la targa dedicata alla giovane mamma resta una ferita dolorosa per chiunque.
Anche dopo vent’anni.

Indignazione, rabbia, vergogna: perché tanta ferocia?
Quale follia spinge un uomo a sparare all’impazzata per strada contro un altro uomo?

La fondazione Silvia Ruotolo ricorda la tragedia della giovane mamma

Anni ottanta, l’inizio delle sparatorie

Consulto Storia della camorra di Vittorio Paliotti, un testo fondamentale per comprendere le dinamiche della camorra, il cancro della nostra terra.

Cerco una spiegazione impossibile tra le pagine di Storia.

Il capitolo dedicato alle vittime innocenti di camorra cita gli anni ottanta come inizio delle violenze.
Gli scontri a fuoco tra i clan avvengono per strada, per punire i rivali, per conquistare piazze di spaccio, per ribadire la superiorità.

La pagina Wikipedia dedicata alle yittime innocenti della camorra parte proprio dagli anni ottanta.
Un elenco infinito di nomi, un elenco infinito di dolore.
Ogni nome una storia, ogni storia una tragedia inaccettabile.

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La zummpata, il duello all’arma bianca (1500)

Spiega Vittorio Paliotti: i camorristi – membri della Bella Società Riformata, l’organizzazione criminale che per quattro secoli ha taglieggiato Napoli (dal 1500 al 1912, poi annientata nel famoso e discusso processo Cuocolo) – da sempre usavano sfidarsi in duelli all’arma bianca.

La zumpata, rito di iniziazione, combattimento rusticano per stabilire chi comandava, avveniva in un luogo pubblico (1500).
Armati di pugnale, il duello tra camorristi promuoveva l’avanzamento di grado nella gerarchia criminale, risolveva discussioni, sentenziava la verità tra i litiganti.

Il passaggio dal pugnale alla pistola si consumò nel XIX secolo ma l’utilizzo di un’arma da fuoco avveniva – a differenza della zumpata – in un luogo solitario.

Sembra di follia dibattiamo ma, almeno, i passanti erano tutelati.

La Storia (non) insegna

Bastano due minuti.
La pagina Wikipedia dedicata alla guerra di camorra degli anni 70 lascia sbigottiti.
Servizi segreti, pentimenti, brigate rosse, suicidi ed omicidi, vendette ed esecuzioni, una scia di sangue inimmaginabile.

A leggere la cronaca ci si scandalizza.
Guardare Silvia negli occhi, invece, suscita rabbia ed emozione.
Anche dopo vent’anni.

La domanda è priva di risposta: perché accade?
La Storia spiega ma la realtà resta inaccettabile.


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El Cafesino, buon primo compleanno!

El Cafesino, auguri!

El Cafesino compie un anno.
Andrea ed Erika, genitori felici, festeggiano orgogliosi.
Fieri della giovane creatura, offrono caffè e pasticcini agli amici.

L’evento mondano non passa inosservato agli occhi attenti del sottoscritto, reporter on the road del Centro Direzionale di Napoli.

L’inchiesta scotta – come il buon caffè di Andrea.
Perché la data di nascita di El Cafesino è la prova schiacciante: si tratta di un chiaro caso di destini incrociati.

Erika, moglie di Andrea e mamma de El Cafesino

El Cafesino e Maticmind

Gennaio 2016, nasce Maticmind Napoli
Poco distante, i vagiti di El Cafesino attirano la nostra attenzione, novelli abitanti dell’isola G6.

Soffia il vento di febbraio, cade la pioggia pazzarella di marzo, ci scongeliamo con il primo, dolce sole di primavera, cerchiamo refrigerio dal caldo torrido d’estate.
Insieme ad Andrea, Erika ed i ragazzi dello Staff, trascorriamo le nostre pause di lavoro: al bar, sempre disponibili, ad ogni stagione, pronti a rifocillarci.

E’ trascorso il primo anno.
Volato via tra mille novità.
Andrea Petringolo, emozionato, ringrazia e saluta da dietro al bancone – come sempre.

La giovane famiglia guarda avanti: il tempo di un brindisi e poi si torna a sfornare caffè per tutti i gusti.

Andrea Petringolo, papà de El Cafesino

Lo Staff

Dietro ogni successo, opera sempre una squadra coesa.

Uno scatto per immortalare i collaboratori di Andrea ed Erika: Stefany, Cosmin, Francesca (manca all’appello l’altra Francesca).

Sono – a tutti gli effetti – parte essenziale della grande, giovane famiglia di El Cafesino.

El Ccafesino, lo staff

Niente «mostri», oggi si festeggia!

Oggi (9 gennaio) è un giorno di festa.
Niente «mostri» da combattere, amici  Lettori, c’è da festeggiare un compleanno.

Depongo lo smartphone nel taschino, mi accomodo, gusto un un buon caffè.
Da El Cafisino, ovviamente 🙂

El Cafesino, il bar al Centro direzionale isola G7


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Rocky V, polpettone a stelle e strisce o film capolavoro?

Rocky V, papà distratto

Tra un Apollo Creed prima avversario, poi amico-allenatore ed un reganiano «ti spiezzo in due», mi era sfuggito il Rocky-genitore-distratto.

Colmo la lacuna: becco Rocky V nello zapping serale mentre fuori impazza la tempesta.
Vento e pioggia, meteo perfetto per godersi un film dopo cena.

La stanchezza avanza, cerco trasmissioni leggere per non cadere tra le braccia di Morfeo nei successivi nove minuti.

Riconosco subito la musica, le note di Gonna fly now mi inchiodano sul divano.
Getto il telecomando, salgo sul ring ed all’ultimo fotogramma sono ancora arzillo.

Rocky V, film cult

Rocky V, l’ultima battaglia (da genitore)

Il regista indugia sugli occhi della tigre, lo sguardo cruento, la voce profonda di Ferruccio Amendola imprime la scena nella memoria.

Il vecchio, indomito Rocky combatte l’ultimo match contro Tommy Gunn, l’allievo traditore.
Per riconquistare il rapporto col figlio, trascurato per allenare il giovane boxer e rivivere, attraverso le vittorie del suo pupillo, la gloria passata.

Scena cult1: «Il mio ring è la strada»

Rocky accetta la sfida.
Non sul ring – come vorrebbe lo show business per speculare sul Campione mai dimenticato (anche se, il nostro eroe non naviga nell’oro).
Per strada, dove tutto è iniziato.

Il Rocky-papà vincerà la battaglia più importante?
Riconquistare la stima del figlio per essere un genitore attento e presente?

Scena cult2: «Toccami e ti denuncio»

Altra scena cult: il colpo del KO al «mostro».

Non può bastare una semplice minaccia di querela per fermare lo Stallone Italiano.
Un fendente ben assestato e la sanguisuga vola al tappeto.

Segue standing ovation del quartiere con benedizione del parroco, la sete di giustizia del pubblico è appagata.
Il provocatore è servito.

E’ proprio vero: il genitore è il mestiere più difficile del mondo.
Anche per Rocky Balboa 🙂


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Smog, gli effetti (raccapriccianti) in una foto

Smog, il «mostro» invisibile: la foto

Il filtro della maschera antismog compie il suo sporco dovere: ha assorbito fumi e scarichi diretti nei polmoni del sottoscritto.

In meno di un anno, le macchie nere sono ben evidenti.

Lo smog è un «mostro» invisibile che attacca i cittadini senza pietà e la foto è una diretta testimonianza.

Lo scatto è privo di modifiche: si noti il colore scuro – indice di sporcizia – in prossimità dei bordi e l’avanzare della macchia ombrosa dal basso verso l’alto.
La minaccia è ancora più evidente se confronto lo stato attuale del filtro con il bianco candido dell’originale.

Gli effetti dello smog

Smog, quali contromisure?

Noi ciclisti metropolitani, fermi al semaforo, bloccati in un ingorgo, colpiti dai subdoli fumi inquinanti provenienti dai tubi di scappamento del traffico impazzito.

Sciami di motorini, auto bollenti, camion puzzolenti ammorbano l’aria ed infestano i polmoni di chi, ogni giorno, è costretto a subire le aggressioni della nube nera che si addensa sulla città.

A Napoli, la politica quali contromisure mette in campo?
Il bike sharing è fermo – bloccato dalla burocrazia folle, gli incentivi a pedalare assenti, il trasporto pubblico affossato dai soliti problemi (si chieda ai pendolari esausti).

Unica arma: le targhe alterne o il blocco virtuale della circolazione.
Non basta.

Io, ciclista metropolitano

Chi è lo strano?

Per recarmi al lavoro, imperterrito, affronto il «mostro» invisibile e continuo a pedalare.

Con un pizzico di tenacia ed organizzazione (impossibile rinunciare alla maschera antismog ed al casco), metro dopo metro, ho raggiunto e superato i primi 1000 chilometri metropolitani.

La mancanza totale della cultura delle due ruote a Napoli è tangibile: assenza di piste riservate, il ciclista metropolitano è un ostacolo da abbattere, un fastidioso insetto da schiacciare nel traffico caotico, un extraterrestre in un mondo di anormale assuefazione allo smog.

M,a nonostante il look inquietante, l’alieno non è chi pedala.

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Come affronti il percorso casa-ufficio?

Il nemico si nasconde nel cervello del pigro, schiavo dell’auto, utilizzata sia per comprare le sigarette nel quartiere che per lo spostamento quotidiano casa-lavoro.

Prima di recarti in ufficio in auto, mentre a prima mattina resti bloccato nel solito maxi-ingorgo, poniti un elementare quesito: ho un mezzo alternativo?
A te, amico Lettore, la sincera risposta.

E’ giunto il momento di andare.
Salgo in bici e pedalo.
Stavolta effettuo una deviazione e mi regalo una passeggiata sul lungomare.

Tu, invece, continua a strombazzare col clacson, con lo sguardo del serial killer imprigionato nel traffico da te stesso generato 🙂

Io ciclista metropolitano, nonostante tutto


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Punta Epitaffio, se fossi un gabbiano [FOTO]

Alla scoperta del parco sommerso di Baia

Ai suoi piedi, un’intera città.
Duemila anni di storia sotto gli occhi attenti di chi, per natura, combatte ogni giorno per sopravvivere.
Un pescatore cinico, un predatore astuto, una creatura libera.
Il gabbiano, immobile sullo scoglio di Punta Epitaffio, osserva il battello ondeggiare sul mare di fine settembre, a pochi metri dal costone di Bacoli.

Il Capitano manovra contro il vento che, improvviso, alimenta le acque agitate.
Siamo a poche centinaia di metri dal porto, sul battello col fondo finestrato per osservare il parco archeologico sommerso di Baia.

Il piccolo volatile ci guarda indispettito.

Lui: fermo, sicuro, severo, padrone del mare.
Noi: sul ponte dell’imbarcazione, pronti a scendere gli scalini che ci porteranno nella “stiva col fondo trasparente”.

Il gabbiano di Punta Epitaffio

Punta Epitaffio, attacco di claustrofobia

Le condizioni del mare ed il meteo instabile nascondono l’antica città sottomarina.
Baia sommersa – per il sottoscritto – resta sommersa.

Dagli oblò sotto la nave non vedo colonne, reperti e statue romane ma solo un impenetrabile muro d’acqua blu.
Dopo pochi minuti, la claustrofobia prende il sopravvento e risalgo sul ponte dell’imbarcazione.

Una boccata d’ossigeno e riprendo colore.

Il battello continua ad ondeggiare, il gabbiamo è ancora fermo sullo scoglio.
Il pennuto impettito lancia uno sguardo di scherno.
Poi si mette in posa.
«Piccolo mostro, abbi rispetto per un claustrofobico» ribatto mentre scatto la foto-ricordo.

La magnifica zona flegrea

Approfitto della postazione favorevole e del ponte libero (gli altri turisti non claustrofobici, sono tutti di sotto) per fotografare il il castello Aragonese.

La zona flegrea resta un luogo magnifico, nonostante tutto.

Il castello Aragonese, Baia

Punti di vista

Dopo un’ora e mezzo di navigazione, il battello rientra.
Il bipede burlone resta sul suo scoglio, in attesa dei prossimi gitanti.

Oltre ad essere un gabbiano mattacchione, soffrirà anche di delirio di onnipotenza: secondo il Capitano, vive su quello scoglio di Punta Epitaffio, con la città sommersa ai suoi piedi ed il Castello sott’occhio.

Proseguo la passeggiata sulla terraferma verso la piccola collina sopra Baia.
Osservo il magnifico panorama.
Dall’alto.
Come se fossi un gabbiano.

Il litorale flegreo visto dall'alto


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Scuola ecomostro di Napoli, ripresi i lavori?

CAPALC/2, la conferma del Sindaco

Dalla pagina facebook del sindaco metropolitano Luigi De Magisitis giunge la conferma:

[…] per quello che riguarda Napoli si è sbloccata la vicenda annosa ex Capalc, cioè il progetto di riqualificazione dell’area compresa tra via Terracina, via Nuova Agnano e via vecchia Agnano mediante il recupero, completamento ed adeguamento del complesso la cui costruzione è iniziata addirittura nel 1976 […]

Scuola eomostro CAPALC/2, ripresi i lavori (dopo 40 anni il cantiere è ancora aperto!)

Cantiere aperto (da 40 anni)

Sabato 17 settembre 2016
Sosto l’auto all’ingresso del cantiere CAPALC/2, pigio sul bottone delle quattro frecce ed osservo felice l’impalcatura circondare la scuola.

L’ecomostro da quaranta anni divora soldi pubblici ed ingrassa per l’inefficienza della malapolitica, si è finalmente arreso?

Scruto l’ingresso sbarrato da un vecchio catenaccio arrugginito, l’immancabile cartello per i malintenzionati: «Personale al completo».
Gli automobilisti – indifferenti ad un simile scempio – guardano il sottoscritto fotografare il «mostro»: ai loro occhi assuefatti, l’anomalia sono io?

Dall’interno non giungono segnali di vita: nessun lavoratore, le ruspe ferme, le betoniere spente.
Forse il sabato il cantiere resta chiuso?

Totale assenza di informazioni

Mi chiedo: nei pressi di un’opera pubblica, non deve essere esposto un cartello con le informazioni di inizio/fine lavoro, la ditta vincitrice dell’appalto, il responsabile dell’opera?

Fuori la megastruttura di via Terracina, invece, l’unico manifesto presenta una dicitura omertosa, mangiata dalle intemperie.
Leggo un mezzo titolo:

AREA PROGETTAZIONE E MANUTENZIONE EDILIZIA SCOLASTICA COMPLESSO SITO IN VIA TERRACINA EX CAPALC/2

Nient’altro.

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Quando la fine?

La grancassa mediatica scatenata dalle molteplici denunce (tra cui il post del sottoscritto Napoli, la scuola ecomostro ripreso dalla rubrica RiFatto de Il Fatto Quotidiano) è servita per non gettare lo scandalo nel dimenticatoio.

Un riflettore sempre acceso su questa ennesima vergogna nazionale.

Occorre continuare a vigilare, i dubbi restano, il mistero non è ancora svelato: quando sarà consegnata la scuola alla città?

RiFatto de Il Fatto Quotidiano pubblica la mia foto della scuola ecomostro di Bagnoli

Il cantiere risorto

Quest’anno, nel 2016, la scuola ecomostro “CAPALC/2” festeggia il triste primato: 40 anni di lavori e l’opera non è ancora terminata.

Sarà la volta buona?
Pensiamo positivo (ma occhi aperti).


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I colori del murales di Bagnoli

Murales di Bagnoli, se non ci fosse?

Se il muro non fosse dipinto con i colori della fantasia sarebbe un’opera anonima.
Si ridurrebbe all’ennesima parete amorfa mangiata dai fantasmi dell’Italsider.

Perché a Bagnoli, prigioniera da sempre del «mostro» siderurgico per antonomasia, la vivacità dei murales rappresenta una boccata d’aria fresca.

Come accade a Materdei, anche il disegno all’entrata della stazione della cumana di Bagnoli, strappa un sorriso.

Anzi,una meritata fotografia.

I colori del murales di Bagnoli

Scuola e lavoro

Conosco bene Bagnoli.
Una manciata d’anni fa, a pochi passi dal murales, frequentavo le scuole superiori.
Mi licenziai dall’allora VIII ITIS (oggi Augusto Righi) con un immeritato voto (il tempo ha rimediato all’ingiustizia).

Negli anni duemila tornai per lavoro: la sede dell’HP – la multinazionale americana per la quale  operavo – a pochi chilometri dal murales (le drammatiche vicende HP conservate nell’ebook gratuito «Gli ultimi giorni di HP Pozzuoli»).

Io e Bagnoli, legati da un filo rosso

Un lungo filo rosso lega il sottoscritto a Bagnoli.

Dieci anni con la testa nel monitor a scrivere software e scovare bug.
Dieci anni significano mille pause-pranzo consumate (con estrema soddisfazione) nelle pizzerie del quartiere.

Un filo rosso fumante, saporito che non spezzerò mai 🙂

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L’arte sostituisce la bonifica

In attesa della bonifica dell’intera area sempre promessa e mai realizzata, i murales contrastano la polvere sputata dal «mostro» che, come una sentinella malata, sovrasta il quartiere.

Le matite colorate contro l’inefficienza della politica (locale e nazionale).
L’arte contro il degrado (urbano e morale).
I murales contro l’ex Italsider.

Finché c’è colore, c’è speranza.


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Nuvola di Fantozzi, l’evoluzione

Nuvola di Fantozzi, ieri

Osservazione di un lavoratore degli anni duemila: dopo la crisi economica e l’indispensabile riforma Fornero, la nuvola di Fantozzi raggiunge la maturazione massima.

La teoria appurata dal dipendente-modello nella sua eterna carriera – oramai solo gli highlander aspirano al traguardo finale –  risulta (come l’impiegato cinquantenne) obsoleta:

*** TEORIA SUPERATA ***

il sole brilla dal lunedì mattina al venerdì pomeriggio.
Prevista pioggia nel week end

Nuvola di Fantozzi, oggi

Il meteo impazzito costringe gli esperti del settore, per non esporsi alla solita doccia gelata, ad assegnare nomignoli ai temporali e rifugiarsi nell‘instabilità, termine tecnico che cela l’incapacità previsionale dei più moderni modelli aeronautici.

E così la tradizionale e burlona nuvola di Fantozzi, pronta a rovinare i week end degli impiegati di ieri, oggi è incattivita: piccole e fastidiose piogge cadono nella pausa pranzo del dipendente per rovinare l’ambita mezz’ora d’aria.

L'evoluzione della nuvola di Fantozzi

La pioggia? Durante la pausa pranzo

Anche oggi osservo il piccolo, minaccioso «mostro» avanzare proprio alle ore tredici, il momento tanto agognato dall’esercito dei lavoratori.

Una boccata d’aria per ossigenare il cervello.
Una caffè per ricaricare le batterie ed affrontare il pomeriggio.

Sono pronto.
La nuvola di Fantozzi, geneticamente modificata, non mi fermerà.

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