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Tag: mostro (Page 5 of 9)

Napoli, perché il Parco Mascagna (chiuso) è l’emblema dell’Italia

Due mesi?

Due mesi per completare i lavori: è questo il peso della burocrazia, dell’inefficienza politica e della scarsità di risorse pubbliche?
Due mesi per riaprire l’unico polmone verde per le migliaia di famiglie che vivono ed abitano al Vomero, importante quartiere di Napoli?
Due mesi per ripristinare un’area che andrebbe valorizzata, protetta ed estesa ed invece è in uno stato di crescente abbandono?

«Parco Mascagna chiuso per verifiche»

«Perché è chiuso?» chiedo all’ambulante pakistano che vende la sua merce all’esterno del Parco Mascagna, un tempo affollato dai colori delle famiglie e dalle urla gioiose dei bambini.
«Alberi pericolosi, tanto tempo è passato …» farfuglia sconfitto l’uomo.

Un triste catenaccio impedisce l’apertura del cancello, dietro le sbarre si intravedono i giochi dei bimbi deserti ed il vuoto riempe lo sconforto di chi, fino a qualche mese fa, trascorreva il tempo libero in quest’oasi.

giardinetti di via Ruoppolo sono chiusi dagli inizi di marzo.

Napoli, il Parco Mascagna (i giardinetti Ruoppolo) chiuso da due mesi: perchè?

Il comunicato ufficiale di Giorgia Pietropaoli

Le forte raffiche di vento di inizio anno hanno reso inagibile il Parco Mascagna al Vomero (nome ufficiale) e l’intero quartiere è in attesa dei lavori di ripristino.
L’e-mail dell’assessorato esposta all’ingresso è inviata da Giorgia Pietropaoli: le verifiche partiranno il 30 marzo e si concluderanno entro il 10 aprile dopodiché seguiranno gli eventuali interventi necessari.

Dal profilo twitter di Giorgia Pietropaoli apprendo il ruolo del mittente: «mi occupo di comunicazione e organizzazione di eventi. Oggi per il Vice Sindaco di Napoli».

Quindi, a conti fatti, il portavoce del Comune comunica – con la massima trasparenza – che il parco Mascagna resterà impraticabile dagli inizi di marzo a quasi fine aprile.
Totale: cinquanta giorni (più o meno).

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La domanda di un cittadino qualsiasi

I giardinetti di via Ruoppolo sono l’emblema dell’Italia: un paese prigioniero della farraginosa macchina burocratica dove, per agire, serve il visto di un funzionario e l’assenza di un impiegato rinvia la pratica al mese successivo.
Di settimana in settimana il «mostro» amministrativo ingrassa ed i cittadini inermi subiscono i disagi.

Chiedo al Sindaco e a Giorgia Pietropaoli: in una città assediata dal traffico e dal cemento, in un quartiere affamato di verde, è normale attendere due mesi per restituire ai cittadini il parco Mascagna?
Per cortesia, spogliatevi del politichese e rispondete con onestà.
Grazie.


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Puzzle, il passatempo riscoperto?

Una domenica uggiosa

La pioggia incessante mi costringe in casa.
Prigioniero tra le quattro mura domestiche, riscopro vecchie passioni assopite: un puzzle da cinquecento pezzi steso sulla scrivania mentre osservo la grandine scendere tra i palazzi.

Passatempo o stress?

La tecnica è elementare e la conoscono anche i più piccoli: partire dalla cornice.
Dopo trenta minuti di concentrazione massima, capisco perché abbandonai il micromondo di Ravensburger e compagni in tenera età: non sono capace.
Nonostante lo sforzo, della cornice non c’è traccia ed i quattro cuccioli restano un sogno irraggiungibile.

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La vendetta corre sul web

Devo arrendermi, prendo una pausa.
Il «mostro» è ancora sparpagliato sulla scrivania in centinaia di misteriose, piccole forme pronte a sfidarmi.
La grandine continua a cadere senza tregua.

Immortalo il momento: dopotutto, con la pioggia Internet è il passatempo ideale.
Altro che un fantasioso puzzle colorato!

Un passatempo del passato: il puzzle


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Sei un cittadino assuefatto?

Contro l’assuefazione

Le piccole, grandi brutture quotidiane ti appaiono normali oppure hai ancora la forza di scandalizzarti difronte a ciò normale non è?

Essere assuefatto o cittadino normale?

Il test: sei un cittadino indifferente?

Leggi le successive affermazioni e, se la maggioranza delle tue risposte sono presenti nella parte sinistra della tabella, fermati immediatamente e rifletti.

Rischi seriamente di divenire un «mostro», un uomo insensibile ed incapace di reagire, un essere indifferente che accetta la degenerazione culturale con assuefazione crescente.

Perché contrastare l’illegalità, opporsi al qualunquismo generale, denunciare chi non compie il proprio dovere, meravigliarsi per la sporcizia presente su un marciapiede, protestare contro chi danneggia il bene collettivo è indice di energia positiva, è la volontà a non arrendersi.
Agire in prima persona, inoltre, stimola l’imitazione e genera un effetto domino di azioni positive.

E tu, sei ancora un cittadino normale?

Hai la forza di stupirti oppure la tua coscienza dorme il sonno dei passivi?
Al test l’amara sentenza.

Assefuatto

 

Normale

wow la strada è pulita –> questa strada è sporca, è scandaloso!
incredibile, il treno è giunto in orario –> che rabbia, ancora una volta il treno è in ritardo!
a quel tizio è caduta una carta mentre guidava, che distratto –> quel tizio ha lanciato una carta dal finestrino dell’auto, che incivile
la raccolta differenziata è inutile, i rifiuti li gettano poi tutti insieme –> plastica, vetro, carta ed umido: ognuno nel suo contenitore
ho prenotato la visita con una lista d’attesa di sette mesi. Attenderò –> sette mesi per una visita? Ma siamo pazzi! Pretendo di parlare con il responsabile, SUBITO!
chiedo ad un amico il favore così evito problemi –> è un mio diritto ricevere adeguata assistenza e non sto ricevendo nessun favore!
in Italia non funziona nulla, mi adeguo alla realtà –> miglioro il mondo agendo in prima persona, l’esempio positivo genera imitazioni positive


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Quanto tempo occorre per la fornitura del gas?

La burocrazia italiana è un «mostro» dalle mille teste.

Te ne accorgi quando non hai alternativa e devi necessariamente affrontare una di queste teste.
Prima di giungere nell’ufficio competente (che, dopo l’irriducibile fila kilometrica, ti smisterà ad un altro ufficio già chiuso quando arriverai), frequenta un corso di yoga on-line, armati della pazienza di Giobbe e bevi una tisana con radici di valeriana, camomilla, tiglio e fiori d’arancio (almeno un litro).

Nonostante tu sia preparato, il percorso ad ostacoli presenta sempre nuovi intoppi e quando credi di avercela fatta spunta un ultimo inghippo che blocca la pratica per un tempo indefinito.
Gli uffici predisposti, invece di agevolare l’utente, si divertono a torturarlo (devi compilare un modulo – riceviamo solo il terzo giovedì del mese dalle 11,30 alle 11,55 – l’impiegato che deve timbrare il certificato è assente e nessuno può sostituirlo).

La testimonianza di un lettore conferma che l’Italia è tutt’oggi il paese dello scaricabarile.

Salvatore ci segnala i disagi subiti per l’allacciamento della fornitura del gas.

Il film dell’horror, dopo più di quaranta giorni ed un numero di appuntamenti fissati e non rispettati, non ha ancora i titoli di coda.
Segue la sua e-mail.

Eni Gas e la burocrazia infinita

«Devo allacciare la fornitura di gas per un appartamento in Napoli dove è già presente il tubo ma non il contatore.
Penso: non dovrebbe essere molto complicato e invece …
Il 24 novembre 2014 chiamo il Numero Verde di Eni Gas e Luce.
Mi dicono che poichè non c’è il contatore devo inviare un fax per richiedere un sopralluogo della Napoletana Gas.
Il Fax lo invio il giorno dopo (25/11) e mi confermano l’appuntamento per il 3 dicembre 2014.

Nessuno si presenta all’appuntamento e neanche al successivo dell’11 dicembre 2014.
Non solo non si presenta nessuno ma dalla Napoletana Gas mi contattano per chiedere se desidero rivolgermi a loro per la certificazione dell’impianto del gas.

Vi rivolgereste voi ad una azienda che vi fissa due appuntamenti per poi darvi buca?
Io no!

Un ulteriore inspiegabile quesito: perché quando non si presentano non li puoi chiamare perchè affermano che non possono avere rapporti con il pubblico mentre per chiedere se vuoi la certificazione ti possono chiamare loro?
Mah … mistero.

Comunque, dopo l’ennesima telefonata, finalmente all’appuntamento del 19 dicembre 2014 si presenta qualcuno della Napoletana Gas che attribuisce il PDR e fornisce un preventivo per spostare la posizione del contatore.
Accetto immediatamente ed il call center Eni mi fissa un appuntamento per il 31 dicembre 2014.
A capodanno?
Sorrido … sono scettico ma voglio crederci.
E difatti non viene nessuno.

In un mercato del Gas veramente libero potrei chiamare un’altra azienda ma l’Eni afferma che solo la Napoletana Gas può completare l’iter burocratico.
Mi sa che il mercato dell’energia è libero solo quando spilla più soldi all’utente.

Prossimo appuntamento: 9 gennaio 2015.

… to be continued»

In bocca al lupo Salvatore e tienici aggiornati.

Arte moderna o lo scarabocchio di un bimbo dell’asilo?

La piccola parete bianca è interamente occupata da un quadro, suppongo di arte moderna.

Sono in una sala d’attesa (per la comprensione di questo post, risultano superflui ulteriori dettagli) ed aspetto il mio turno con calma olimpica.
Oltre a me, una mamma chatta con lo sguardo perso nello smartphone ed il figlioletto (sei, sette anni) fisicamente presente ma con la mente trasferito nella dimensione spazio-temporale del videogames baby-sitter.

In pratica, sono solo e qualsiasi tentativo di comunicazione con i due alieni risulta vano.

Mi resta una sola distrazione: osservare il quadro che ho difronte, proprio sopra la testa dei due esseri viventi con protesi tecnologica innestata.

arte moderna o disegno astratto di un bimbo dell'asilo?

Scruto con attenzione, intravedo strumenti musicali volanti, un tamburo magico, atmosfere da tribù africana e stregonerie varie …
Stringo le meningi, aggrotto la fronte ma proprio non riesco a sciogliere il mistero.

Questo dipinto è arte?

La mia ignoranza suggerisce altro, forse un concetto troppo osceno per essere reso pubblico ma sono in ballo e continuo a ballare.
A me, l’accrocchio di colori, le forme irregolari e le posizioni irrazionali delle figure ricordano uno scarabocchio partorito dall’irriducibile fantasia di un bimbo dell’asilo.

Ce l’ho fatta, ho sputato il rospo!

«Mamma devo fare pipì» brontola il pargoletto spezzando le congetture filosofiche trasmesse dalla visione dell’opera.
La donna ed figlio si allontanano, lei continua a chattare mentre il bimbo cammina con la testa china sulla console.

Approfitto della solitudine e fotografo il «mostro».
A voi la sentenza.

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Dentro il Kindle (perché l’ho spaccato in due)

Un raptus incontrollato e colpisco con veemenza, senza pietà.
L’istante successivo – come in un film al rallentatore – cade inerme sul tavolo della cucina in una pozzanghera rossa (per la cronaca, un costoso Lacryma Christi) e si apre in due.
Nonostante sia sotto choc, fotografo il defunto per mostrare al mondo intero il cuore del «mostro».

Oggi – a tre giorni dal delitto – sono conscio: l’alternativa esiste e la violenza non può essere giustificata.

Non sono comunque pentito.

Il gesto inconsulto, inaspettato per un individuo riflessivo come il sottoscritto, è la conseguenza di una crisi che dura da tempo.
Da qualche giorno, infatti, quando ci incontriamo – soprattutto in tarda serata – l’amato non risponde più alle mie richieste, l’immagine stampata priva di un’espressione significativa evidenzia palesemente un malessere.

Lo sguardo congelato è il segno visibile di una rottura ipocritamente ignorata.

Non posso rimproverarmi nulla, l’ho sollecito in mille modi diversi, cento tentativi andati a vuoto, uso anche le manieri forti (il «reset» come consigliano in questi casi sul web).
Ai miei input mai un cenno, un’apertura, una possibilità di ripartire.
Buio totale.

Impotente, chiedo assistenza via internet e l’appello è raccolto da sedicenti esperti indiani.
Rassicurato, gli orientali propongono varie soluzioni. Le provo tutte ma dopo un’ora di inutili esperimenti ancora buio pesto.
Sempre la stessa immagine indelebile a schernire la mia intelligenza.
Mi informano che il termine tecnico è «frozen» – congelato appunto – ma, al momento, non esiste una spiegazione plausibile e nel mondo si sono verificati tanti altri casi simili al mio.
Mal comune mezzo gaudio – anche in India.

Rassegnato ammetto: dopo due anni, è finita.

Quando il kindle è frozen

Perso nello sconforto, l’istinto «animale» prevale sulla ragione ed apro in due il Kindle.
Desidero curiosare e scoprire cosa c’è dietro – anzi dentro – il reader di Amazon.

Osservo i circuiti stampati ed i grigi componenti elettronici.
Resto deluso.
Da queste piste digitali nasce la magia della lettura?
Peccato, avrei sperato in qualcosa in più di una serie di numeri e norme da seguire per lo smaltimento del prodotto.
La chiave di tutto è ancora una volta da ricercare in uno scontato “Made in China”?

Dopo pochi giorni dal funerale, acquisto di un nuovo Kindle.
Lunga vita agli e-book.

Quando il kindle è frozen

Inside the Kindle

Un pomeriggio al Museo (folgorato da Atlante)

Sabato pomeriggio ore sedici, ricevo il laconico messaggio: «Mario, scusami arrivo fra mezz’ora».
Perfetto: all’appuntamento col mio amico ritardatario giungo con quindici minuti di anticipo e così la matematica mi condanna ad un lungo ozio (attendere è la punizione inflitta ai puntuali).

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Alle mie spalle troneggia l’entrata del Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

All’ingresso del palazzo seicentesco che «può vantare il più ricco e pregevole patrimonio di opere d’arte e manufatti archeologici in Italia» (fonte) tra un gruppetto di pargoletti entusiasti intravedo un volto noto: un’amica-mamma accompagna il figlioletto ad una caccia al tesoro organizzata da una associazione culturale «per far scoprire l’arte ai bimbi».

«Come stai? Che fai quì? Ciao piccolino … vi accompagno con piacere» approfitto e varco la soglia spazio-temporale per catapultarmi nell’antica Grecia.
Sbigottito dall’imponente salone della Meridiana, carico di meraviglia seguo – insieme alla chiassosa comitiva di bambini dalle mille domande, genitori incuriositi ed una guida attenta – il gomitolo di lana di Arianna, dobbiamo uscire dal labirinto e trovare Teseo.

Dura un attimo ma accade: resto da solo nel magico salone della Meridiana.

I bimbi inseguono il filo e si dileguano in una stanza limitrofa, l’esercito di turisti armati di macchine fotografiche dall’obiettivo chilometrico svaniscono ed il silenzio assoluto cala nella grande sala, l’incanto ed il fascino di questo luogo leggendario – venti metri d’altezza per cinquanta di lunghezza – con affreschi e quadri dal valore inestimabile si impossessa della mia mente.

Leggo stupefatto: «scultura ellenistica in marmo databile al II secolo d.C.»

Un veloce calcolo illumina la mente: al mio fianco, c’é una statua che risale a quasi 1900 anni addietro, cioè creata tra l’anno 101 e 200?
L’animo del reporter prende il sopravvento su un possibile inizio di crisi di Stendhal, deglutisco, inspiro, respiro, afferro il ridicolo smartphone e scatto la foto.
A voi il «mostro», il magnifico Atlante del Farnese.

Museo Archeologico Nazionale di Napoli: l'Atlante del Farnese

PS: questo post è dedicato al mio amico ritardatario ed alla fortuna di tramutare l’attesa in una stupenda visita 🙂

Link utili:
sito ufficiale del Museo Archeologico Nazionale di Napoli
salone della Meridiana
Atlante Farnese


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In Svizzera c’è più sole che a Napoli

Nel 2004 il matrimonio natalizio del mio amico scapolone-da-sempre necessita di un look adeguato e costretto dall’unicità dell’evento acquisto un elegante cappotto nero in puro cashmere,
Nei successivi dieci anni – statistiche alla mano – indosso il costoso soprabito zero volte.

A Napoli le temperature polari sono assenti.

Nella stagione più fredda me la cavo con un giubbotto e se la colonnina di mercurio crolla, indosso un cappello per l’emergenza. Nei momenti critici di pioggia, vento e freddo dall’armadio tiro fuori il jolly: lo scaldacollo ufficiale del Calcio Napoli.

Il sole riscalda le nostre terre per trecentosessantacinque giorni l’anno eppure i pannelli solari installati sui tetti delle abitazioni private sono più rari degli scudetti vinti della squadra azzurra.
Senza temere clamorose smentite (purtroppo), posso affermare senza esitazione:

a Napoli, sono più frequenti le nevicati che il numero di impianti fotovoltaici pubblici.

Il mistero resta tale: perché nel paese del sole non si creano sistemi per produrre energia rinnovabile da fonte solare?

Chiasso impianto solare

Il mio amico-scapolone quest’anno festeggia i dieci anni di felice vita matrimoniale.
Oggi vive in Svizzera e dall’esterno osserva il Bel Paese con gli occhi razionali tipici di chi, uscito dal gruppo, valuta il contesto senza essere coinvolto.

A noi, cittadini italiani, appare normale l’assenza di pannelli solari perché siamo assuefatti alla mancanza secolare di una intelligente politica ambientale.

Eppure – da profano – la rarità di impianti fotovoltaici pubblici (e privati) in Italia la reputo scandalosa.

Dunque, quale sensata risposta merita l’amico svizzero che, ingenuamente, chiede:

un fiore dai petali gigante con i pannelli solari che girano inseguendo il sole e la notte il fiore si chiude e si ripone, all’alba si riapre automaticamente.
E’ stato installato in una delle rotonde principali del mio paesino con pochissime migliaia di abitanti ad 1km dall’italia … perchè non farlo anche nella nostra bella penisola, il paese del sole?
Ti invio due foto, è un «mostro» valido?

Sì, caro amico: il tuo «mostro» è valido.

Chiasso impianto solare

Link utili: Un fiore solare spunta a Chiasso

Il (mio) compleanno è on-line

Se decido di vivere il web, devo accettare le regole del gioco: rinunciare ad una fetta di privacy.

E’ il prezzo da pagare per la propria identità digitale

Dunque, care Lettrici e affettuosi Lettori, prima che lo scopriate leggendo lo scoop da un giornale di gossip mentre siete dal parrucchiere oppure restiate sorpresi da un breaking news televisivo, preferisco comunicarvelo io.

Oggi è il mio compleanno

L’età è nota (ma Wikipedia mi ha già dedicato una pagina?) ma tutto sommato a chi interessa se ho varcato la soglia degli anta, sono prossimo alla pensione (il miraggio della mia generazione) oppure sono un giovincello con i un po’ d’argento tra i capelli?
A nessuno suppongo, nemmeno al diretto interessato (azzardo).

La vita è adesso e tanto basta per godermi questo giorno speciale, insomma potevo anche non nascere.
Dunque, rispondo agli auguri via whatsapp degli amici (o presunta tali), ai tweet dei follower, ai post della fan page ufficiale e agli sms di chi ancora resiste all’inesorabile avanzata della tecnologia.

Accendo la webcam, immortalo il momento e concedo questo pezzo di storia ai posteri: un po’ di sano egocentrismo, sono io il «mostro» del giorno.
Dopotutto, il compleanno è on-line.

 il mio compleanno è on-line


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Napoli senza la camorra in due foto

Ho vissuto per un’ora in una Napoli liberata dall’asfissiante morsa della camorra, la cappa di morte (metaforica e non) che schiaccia la città da troppo tempo.

E’ successo sabato mattina sul lungomare liberato.

Il sottoscritto è – ahimè – sprovvisto di un qualsiasi talento artistico: sogno la pittura, non ambisco alla scultura, ammiro il musicista ed invidio lo scrittore.
L’arte ha il compito di descrivere la società attraverso le opere e dopotutto anche la fotografia – la volontà di un umile gregario con l’uso della tecnologia spicciola – è un valido strumento per raccontare la realtà che mi circonda senza troppe pretese.

Dunque rimedio all’incapacità di descrivere Napoli epurata dalla camorra con queste due foto.

Napoli senza camorra

Venti gradi – eppure è novembre! – passeggio beato sul largo marciapiede lindo e pinto ed osservo le barche a vela navigare nel mare calmo del golfo sotto l’ombra del Vesuvio.
Castel dell’Ovo, il secolare custode della città, è la star più fotografata dai tanti turisti estasiati mentre napoletani orgogliosi si godono questo angolo di paradiso cittadino sgombrato dallo smog e delle auto.
Ciclisti sudati – dal sole e non dalla pedalata – apprezzano la pista a loro dedicata con vista Capri, alcuni ragazzi girano incuriositi intorno al punto di bike sharing mentre i genitori controllano le scorribande dei pargoletti liberi di correre tra la villa comunale e la strada svuotata dai veicoli.
Non mancano i selfie dei fidanzatini con le isole a far da cornice: una splendida giornata per marinare la scuola, non vi è dubbio.

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La presenza discreta delle forze dell’ordine rende sicuro questo meraviglioso kilometro di striscia azzurra.

Un salotto blindato lontano mille miglia dai problemi caotici della metropoli campana, trasformato da enorme parcheggio abusivo in un luogo ordinato e restituito ai fasti del passato.

Vorrei illudermi che la forza delle immagini trasmetta anche a te, amico Lettore, l’atmosfera di positività che questo primaverile sabato mattina di novembre ha inculcato al sottoscritto: tranquillità, calma, silenzio, il mare blu come il cielo, il lento scorrere del tempo, l’attesa del pescatore, la gioia dei bambini, la serenità delle famiglie, la passeggiata, le bellezze naturali della città, l’assenza di lotte fratricide, la normalità ritrovata.

I due quadri digitali di questo post rappresentano Napoli ripulita dalla camorra: una fantastica illusione oppure una possibilità concreta se il modello «lungomare liberato» venisse applicato a tutti gli altri quartieri della città?

Napoli senza la camorra


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Cartolina da Bagnoli

Dal piazzale sulla salita di Coroglio, osservo Bagnoli

Sullo sfondo la zona flegrea, Pozzuoli, il promontorio di Monte di Procida con l’isola a far da scudo. Sotto il naso, invece, il pontile di Bagnoli: la passeggiata nel mare, un kilometro che divide l’ex Italsider e la rosa dei venti scolpita alla fine del percorso, una strada che parte dal vecchio «mostro» siderurgico e termina tra le onde.

L’enorme complesso industriale dismesso mi angoscia: quante tonnellate di rifiuti industriali avrà inghiottito il mar Tirreno napoletano?
Nessuno lo saprà mai.

Cartolina da Bagnoli - Napoli

Un tizio alla mia destra si lancia nel solito ragionamento italiano ascoltato milioni di volte, il ritornello dei politici nostrani. Vista la convinzione con le quali conferisce le sue tesi, non escludo che egli stesso sia un candidato alle prossime elezioni.

«Eppure potremmo vivere di turismo»

E’ vero.
E’ una affermazione inconfutabile.
Ma purtroppo non è così.

Il fallimento della politica

Rispetto alle incommensuràbili bellezze naturali che il Signore ci ha donato, esiste un’altrettanta incommensuràbile incapacità politica – nel senso generale del termine – presente in tutte le componenti della società.

La lista degli insuccessi è più lunga del pontile di Bagnoli e non la ripeto, è nota a tutti.

Resta l’amara riflessione con la quale saluto il tizio alla mia destra: «Bagnoli, ciò che era ieri, ciò che potrebbe essere domani e ciò che è oggi: se dopo mezzo secolo ciò che era non è divenuto ciò che poteva essere, non possiamo parlare di turismo ma di un misero fallimento».

Se il tizio alla mia destra è davvero un politico, non mi candiderà mai nel suo partito.


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Al cinema: io, Doraemon ed il «mostro»

Delusione.
Al cinema, Doraemon non mi ha entusiasmato.

E’ il giorno della prima visione italiana, la sala è gremita, bimbi eccitati attendono i chiusky del gatto spaziale ma ben presto il largo sorriso stampato sulle bocche del giovane pubblico adorante verrà sostituito da un’attesa tradita.

La trama è contorta: occorre aiutare il piccolo ed impacciato Nobita (ma non si chiamava Guglia?) a modificare il suo futuro per evitare che diventi un adulto pigro e perdente. Arriva in soccorso Doraemon ma la storia non convince, forse troppo «giapponese» fallisce nel trasmettere quei sentimenti globali tipici dei cartoni animati hollywoodiani.

Circondato da un gruppo di bulli, l’insicuro ragazzino giapponese piagnucola per l’intero film e concentra tutte le sue energie per conquistare le attenzioni ed il cuore della candida Shizuka.

Doraeom al cinema, più amore che chiusky

I bimbi, in attesa dei trucchi spettacolari del gatto blu, si ritrovano un’avventura sdolcinata e priva di magia, il puro divertimento tipico dell’eta spensierata che non prevede pene d’amore. E così, quando le luci si accendono e scattano i titoli di coda (potevano utilizzare almeno la sigla della serie TV!), il piccolo pubblico abbandona la sala con un grosso punto interrogativo sulla testa: ma Doraemon dov’era?

Alla mia sinistra una mamma-accompagnatrice continua a smanettare con il cellulare.

Durante l’intera proiezione, il buio evidenzia la dipendenza dei tempi moderni: schiava della tecnologia, la donna non segue le avventure che scorrono sul grande schermo ma si perde nei meandri del monitor luminoso del suo indemoniato smartphone.

La delusione per il Doraemon cinematografico passerà, il gatto spaziale gode di una fiducia sterminata ed i fans sparsi per il mondo continueranno a seguirlo – nonostante il film.
La donna-robot, invece, se non inventano un apposito chiuskyrischia di restare «mostro» per sempre.

Al cinema io, Doraemon ed il mostro

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