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Tag: mostro (Page 6 of 9)

L’alternativa

L’alternativa non c’è?

«Dobbiamo licenziare, non abbiamo alternative» dichiarano le imprese in crisi.
«Bisogna scioperare, non c’è alternativa» annunciano i Sindacati.
«Meglio lavorare senza tutele pur di lavorare» acconsentono i dipendenti per salvare il posto.
«E’ necessario governare senza elezioni, non abbiamo alternativa» asserisce il Presidente.
«Urge tagliare la spesa pubblica, non esistono alternative» stabilisce il Premier.
«Lo spettacolo deve continuare, non abbiamo alternative» decidono i vertici sportivi nonostante la tragedia in campo (o in pista).

Non c'è alternativa

Invece, esiste sempre un’alternativa!

Detesto chi afferma con aria grave «non c’è alternativa» perché io sono un sostenitore dell’esatto opposto: c’è sempre una alternativa.

Almeno in questa vita terrena, nessuno ci può negare la possibilità di scelta.

L’opzione multipla è indice di evoluzione, la soluzione nascosta – magari più complicata da raggiungere – fa emergere possibilità innovative e propone punti di vista sconosciuti al fanatico della mono-scelta obbligatoria.  

L’assenza di alternativa – o la volontà di non ricercare nuove alternative – è il motto incontrastato del Re dell’Ignoranza, immobile sul suo vecchio e polveroso trono.

Chi impone un’unica strada è un «mostro» chiuso nelle sue convinzioni, rigido come uno stoccafisso surgelato si spezzerà alla prima difficoltà, incapace di valutare nuove opzioni sulle quali ragionare.
Perché una alternativa c’è sempre ma non a tutti conviene trovarla.


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Il totem dell’indifferenza

L’assurdo prezzo del parcheggio

Osservo il paletto conficcato nel cuore del posto-auto e mi chiedo sconsolato: perché?

Questa prassi di assurda normalità è presente in molti condomini del centro città dove la scarsità di spazi farebbe perdere la proverbiale pazienza anche al biblico Giobbe.

La richiesta è superiore alla disponibilità ed il mercato risponde con la solita, spietata legge: l’impennata dei prezzi del parcheggio assume un valore economico sproporzionato ed il proprietario dell’auto è ben disposto a pagare cifre irragionevoli pur di evitare svariati giri del quartiere per pescare il jolly, un minuscolo anfratto – cento manovre – dove depositare finalmente la macchina.

L'assuefazione, un brutto mostro che genera indifferenza. Anche nel parcheggio dell'auto

Difendere lo spazio con un paletto

In una metropoli, chi ha la fortuna di possedere un piccolo garage all’aperto è conscio dell’importanza del patrimonio e protegge il prezioso tesoretto con ogni mezzo.

Con un effetto domino incontrollato, infilare un palo di ferro nell’asfalto del parco per impedire agli altri di occupare un bene a noi assegnato, diviene un’abitudine accettata, una consuetudine naturale, un metodo di difesa che non scandalizza nessuno.

L’assuefazione alla anormalità genera «mostri» ai quali ben presto ci adeguiamo senza più sdegnarsi.

Gli abusi edilizi, il decoro urbano maltrattato, la sporcizia lungo i marciapiedi, le piccole grandi inciviltà quotidiane sono la triste testimonianza di una indifferenza galoppante che il paletto conficcato nel posto-auto denuncia ogni giorno.


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Amicizia dopo gli «anta», i 10 motivi del fallimento

L’amore non ha età, l’amicizia

La cinica conclusione non è il risultato di una ricerca della prestigiosa Australian National University ma del sottoscritto, uomo meno titolato dei professoroni americani ma di animo più sensibile.

Dopo un battito di ciglia conto quante nuove, vere amicizie ho instaurato negli ultimi dieci anni: basta una mano, per essere sinceri non necessito nemmeno di alzare le cinque dita, anzi – se rifletto meglio – la mano la posso rimettere in tasca senza indugi.

Il totale è pronto, la verità è lampante, l’algebra non mente, il numero è inconfutabile: una (stima per eccesso).

Dieci motivi per distruggere un'amicizia

I 10 motivi del fallimento

Perché?
Ho identificato ben dieci validi motivi utilizzati (dagli altri) come alibi ma da me miserabilmente denunciati in questo post:

1 – l’età: dopo i gli “anta”, siamo meno disponibili nei confronti del prossimo

2 – il tempo: gli impegni sono pressanti e non possiamo perdere minuti preziosi

3 – il lavoro: riempe le giornate e la sera siamo distrutti per poterci dedicare agli altri

4 – i soldi: la crisi economica impazza e le spese incalzano, meglio evitare sprechi

5 – i social network: inviamo messaggi di auguri via facebook invece di telefonare o addirittura incontrarci di persona

6 – egocentrismo: ci poniamo al centro dell’Universo e non siamo più disposti ad ascoltare il vicino

7 – lo stato sociale: si frequenta lo stesso target per comodità (famiglie con famiglie e single con single) senza selezionare (i figli cercano i loro amici)

8 – conservazione della specie: meglio le vecchie amicizie, sono più sicure e meno stressanti

9 – TO DO

10 – TO DO

Le otto voci sopra citate sono le giustificazioni più comuni registrate negli ultimi anni: a voi – cari Lettori – le due scuse mancanti.

Il «mostro» è ora smascherato.


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Il trucco c’è (e si vede)

Il trucco dell’indiano volante

L’uomo orientale sospeso a mezz’aria ha un età indefinita.
Non saprei stabilire nemmeno la nazionalità, il colore della pelle ed i tratti somatici consigliano «Asia e dintorni» ma tant’è: la folla di increduli e distratti spettatori subito l’etichetta «l’indiano».

Via Toledo, strada storica di Napoli dove la fiumana umana di consumatori non-consumatori passeggia tra bar, sfogliatelle, caffè ed una catena di negozi perlopiù vuoti.

Gli artisti di strada intrattengono il pubblico per pochi centesimi: c’è l’uomo-statua dipinto di bianco e perennemente fermo, la donna-sfinge bloccata nella sua bellezza, i maddonarri con le strabilianti opere da marciapiede, ambulanti per ogni target, i senegalesi armati di tamburi e maestri di danze tribali, gruppi di musica classica, folk e rock ed infine loro, gli indiani volanti.

L'indiano voltante, il trucco c'è e si vede

Il trucco è davanti agli occhi di tutti

Misteriosamente fermo a mezzo metro d’altezza, appoggiato ad un palo bloccato sul tappeto nero, il povero mago con l’espressione concentrata ed il volto privo di particolari sforzi fisici e mentali, è una maschera imperturbabile.

La folla osserva stupita alla ricerca del dettaglio che sveli il segreto orientale, bimbi ed adulti si pongono lo stesso ingenuo quesito: «quale è il trucco?»

Eppure il trucco è davanti gli occhi di tutti, grande quanto un palazzo si manifesta in tutta la sua crudezza ed ha un nome ben preciso: indifferenza.

Assuefatti ad ogni forma di spettacolo, chi desidera strappare l’attenzione e quattro spiccioli, inventa esibizioni sempre più stupefacenti. 
E a noi, passanti superficiali abituati al veloce zapping televisivo, risulta ovvio trattare quell’uomo come un fenomeno da baraccone dimenticando che dietro il trucco c’è una persona, un mondo, un universo.

La prossima occasione compirò un’azione rivoluzionaria, abbatterò il muro del silenzio, spezzerò le ali del destino con una semplice ed umana domanda: «ehi, come ti chiami?».
Forse strapperò un sorriso sul volto contrito dell’indiano volante.


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Come ridurre i rifiuti usa e getta (in plastica)

«Mario, ti andrebbe un mezzo tea?».
Sono le undici di una qualsiasi mattinata lavorativa e da due ore sono concentrato con lo sguardo immerso nel monitor. Nella foresta di righe di codice sparse per la Rete, i bug spuntano come funghi e minacciano le malridotte autostrade digitali italiane. A me tocca riparare queste infide buche (nessuna medaglia, è il mio lavoro).

La pausa del dipendente-modello si consuma nell’agorà dell’ufficio: il distributore di bevande, la macchinetta del caffè, lo sgancia-merendine-avvelenate.

Osservo i miei colleghi: riuniti in piccoli fedeli gruppi, digitano il codice sulla bottoniera del bar automatico, richiedono la sbobba, il «mostro» sputa il liquido da bere in quel maledetto bicchiere di plastica che, dopo un minuto di sorseggi svogliati ed una mezza chiacchiera sul tempo, con un gesto distratto finisce nella montagna indistruttibile di rifiuti di plastica presenti nel cestino stracolmo.

La montagna di rifiuti usa e getta

E’ il trionfo dell’usa-e-getta, il regno degli scarti superflui, la condanna dell’ambiente, l’eutanasia delle regole intelligenti del vivere comune.

Per combattere questa impari eco-battaglia, mi sono attrezzato con due elementari armi: una borraccia stile ciclista da riempire ogni mattina con acqua corrente e riusare ogni giorno per i prossimi anni ed una tazza “Mind the gap” acquistata anni addietro a Londra come souvenir.

Invece di attendere le conseguenze positive del trattato di Kyoto e le importanti decisioni dei grandi della Terra riuniti in summit negli alberghi a sei stelle, il sottoscritto – da subito – preferisce compiere piccoli gesti quotidiani di indubbia importanza. Perché se i cento dipendenti di un qualsiasi ufficio seguissero il mio (modesto) esempio, ogni benedetto giorno eviteremmo di diffondere nell’ambiente innumerevoli bottiglie e bicchieri di plastica, immondizia da smaltire e materiale indigesto per il nostro obeso Pianeta.

Perché è fondamentale differenziare ma è ancora meglio non produrre alcun tipo di rifiuto.

Le mie armi contro i rifiuti usa e getta, per combattere l'abuso di plastica

[foto-scoop] Quando l’intruso è impacciato

L’intruso silenzioso

E’ un’ombra, agisce con sospetto ed è impossibile carpire il movimento dei suoi passi invisibili.
Puoi solo immaginare la presenza ma non lo beccherai mai sul luogo del delitto, nemmeno quando decide di visitare casa tua.
Si arrampica lungo la ringhiera e si intrufola nel balcone – anche ai piani alti – diffidente cerca uno spiraglio nel quale rifugiarsi, ruota la testa per guardarsi intorno guardingo, prudente e con gesti felini si inerpica senza timore alla ricerca del bottino.

Stavolta, però, gli è andata male.

Alzo lo sguardo e becco l’intruso!

Fermo in auto, smanetto con lo smartphone in attesa dello shopping di mia moglie.
Decido di fotografare una nuvola dalla forma indescrivibile.
Apro lo sportello, alzo lo sguardo e zac, beccato!

Il «mostro» è sul balcone dell’abitazione al primo piano e si muove lungo il parapetto con circospezione.

Vorrebbe svignarsela ma è indeciso, forse non ha calcolato al meglio il pericolo anche se la sua natura – sono certo – lo salverà.

Saranno sette o forse otto metri di altezza, un giardino con delle morbidi piante è proprio sotto la casa e potrebbe fungere da materasso ma l’animale sembra aver perso sicurezza.
Siamo al centro città, la scena non passerebbe inosservata – ma, vista la sua proverbiale insolenza, dubito che si imbarazzi per la figuraccia.

Lo scoop

Sghignazzo, non ho mai amato i gatti e peggio ancora i gatti impacciati.
Mi gusto la scena – la giustizia sta seguendo il suo corso e l’impunito stavolta non la farà franca! – ma il clacson improvviso di un incivile in sella al suo SUV cafone mi fa sobbalzare dal sediolino della mia utilitaria blu.

E’ un attimo, il tempo di un battito delle palpebre, mi rigiro ed il felino è scomparso.

Mentre l’idiota continua a strombazzare, guardo la galleria dello smartphone, la scatto è stato salvato.
A voi lo scoop.

L'intruso impacciato

Uno sporco mea culpa

Non sono Ezio Greggio

Mi autodenuncio, non posso vivere con questo macigno sulla coscienza.
Se caccio «mostri», devo avere l’animo candido come un bimbo all’asilo altrimenti mi tramuto in un novello Ezio Greggio che, dal pulpito di Striscia, distribuisce tapiri a destra e sinistra per poi cadere in un accertamento fiscale (secondo le cronache, verserà venti milioni di euro all’Agenzia delle Entrate per sanare un contenzioso con il Fisco italiano).

I principi sono in vigore trecentosessantacinque giorni l’anno e l’eccezione non è permessa soprattutto allo scrivente, personaggio noto per le battaglie pubbliche contro ogni forma di ingiustizia.

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La faccenda puzza

Dunque, se proprio il sottoscritto trasgredisce le regole del vivere comune crolla il castello delle buone intenzioni e prima di essere ricattato da qualche cinico blogger senza scrupoli in cerca di fama, sbatto la faccenda in homepage.

La questione è sporca e risale a qualche giorno addietro ma solo oggi ho il coraggio di parlarne, forse la confessione pubblica redimerà la mia etica?
A Voi, cari Lettori, la sentenza (siate indulgenti, sono innocente – come affermano tutti i colpevoli).

Mercoledì 27 agosto ore 7.15

Il bidoncino della racolta differenziata porta-a-porta

Esco per recarmi al lavoro, apro la portiera della vetusta Skoda blu parcheggiata sotto casa, appoggio lo zaino in auto e mi appresto a gettare il sacchetto dell’umido nell’apposito contenitore posto vicino il portone del palazzo.

Con delicatezza sollevo il coperchio e con mio sommo stupore il bidoncino marrone per la raccolta differenziata porta-a-porta è miseramente vuoto.

Inveisco d’impulso: «questi condomini sono degli incivili, tutti bravi a criticare ma poi nessuno rispetta il calendario. Mi sentirà l’amministratore!» tuono minaccioso.

Dalla nube rabbiosa, si fa largo un flash di razionalità che illumina la mente: l’umido va gettato i giorni pari non certo il mercoledì!
L’errore è mio, la distrazione puzza di marcio … indeciso col malloppo tra le mani rifletto.

Costretto a gettare necessariamente il rifiuto (la sera non rientrerò a casa), in modo furtivo nascondo il piccolo sacchetto nel cofano dell’auto e parto a razzo.
Giunto in strada, accosto al primo cassonetto della spazzatura (già semipieno alle prime luci del sole) e mi libero del puzzolente fagotto.

Il misfatto avviene alle 7.24, orario nel quale è vietato depositare la spazzatura ed è prevista una sanzione per gli irrispettosi.

Non vengo colto in fragranza di reato, nessun vigile punisce il gesto inconsulto (e premeditato).

Con la coscienza sporca …

Riparto a tutta velocità, guardo nello specchietto retrovisore: non sono inseguito, non sento urlare le sirene delle forze dell’ordine, mantengo la calma, vado a lavoro, riprendo la solita vita, mi comporto normalmente senza dare nell’occhio, rispetto le regole, per la Legge sono di nuovo un cittadino modello.

Ce l’ho fatta, ho svuotato il sacco.

Dopo questa confessione-choc non desidero ricevere attestati di solidarietà da altri maleducati-villani abituati a gettare la spazzatura ad ogni ora del giorno e della notte senza nemmeno effettuare la raccolta differenziata.

Vorrei, invece, leggere le critiche dei (tanti) cittadini perbene che ancora si scandalizzano e non sono assuefatti alle piccole, grandi inciviltà quotidiane.

Uno sporco mea culpa


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Rientro in ufficio: come evitare le imboscate dei colleghi e non vedere le foto delle vacanze

Le vacanze finiscono sui social

A fine agosto, la voglia di mostrare gli scatti artistici della vacanza infuria ed i social network sono zeppi di amici in posa sul pattino in un mare più affollato del treno dei pendolari nell’ora di punta e primi piani di succulente angurie rosse.

E’ la magia del condividi tutto, con lo smartphone tra le onde azzurre immortaliamo ogni istante del bramato viaggio.

Le vacanze del collega

In ufficio dovrò rammentare la follia tecnologica che si impossessa degli individui nei primi giorni post-rientro-vacanza e porre la massima attenzione onde evitare il collega abbronzato che, con una domanda-boomerang, mi chiederà come siano andate le ferie per poi interrompere subito il mio (breve) racconto ed imprigionarmi davanti al suo monitor.

Dopo attimi di terrore, mi toccherà guardare le duecento e passa fotografie della sua incantevole, rigeneratrice, esotica vacanza «ad un prezzo eccezionale!» con relativi commenti ed approfondimenti (non richiesti).

Anche il sottoscritto ha il suo album estivo da spiattellare proprio a te, malcapitato Lettore  o spensierato navigatore del web.

Mostrare le foto delle vacanze per giocare d'attacco!

Attacca per non essere attaccato

La tecnica è la stessa: «allora, dove sei stato?» e prima ancora che tu possa iniziare a postare dei commenti sul tuo meraviglioso viaggio, beccati i miei scatti estivi, immagini di luoghi vicini e lontani, immagini della mia (e solo mia!) estate.

PS: stavolta ti è andata bene, trattasi di qualche foto senza commento ma la lezione ti serva per evitare i veri «mostri», creature spietate pronte ad incastrarti con album di centinaia di foto perlopiù inutili

 

Estate, quanto costa una pizza?

E la margherita vola in estate …

Il prezzo di una pizza oscilla di città in città (e di quartiere in quartiere) e come gli investimenti in borsa, occorre capire dove e quando ingozzarsi.
A questa fluttuazione geografica, poi, va aggiunta anche una naturale impennata verso l’alto con l’avvicinarsi dell’estate.

Una mia indagine sul campo (anzi, in pizzeria) svela il mistero che attanaglia il consumatore medio: perché il costo di una margherita aumenta con la bella stagione?

I risultati dell’indagine

Il campione da me esaminato è esaustivo: la tipica pizzeria nei pressi di un ufficio, un ristorante in centro città, un locale per turisti in una nota località di vacanza.
Il risultato al quale sono giunto è scioccante, azzarderei «mostruoso».

Ma partiamo con ordine (il totale calcolato comprende una bibita ed il pasto è ingurgitato a tavolino – mancia esclusa).

Estate, quanto costa una pizza?

Pizze da pausa pranzo: 5-7€

Con il sacrificio e la professionalità che da sempre contraddistinguono le mie inchieste, per quaranta settimane consecutive (da settembre 2013 ad aprile 2014) ogni mercoledì consumo la pausa-pranzo della mia dura giornata lavorativa in diversi locali prossimi all’ufficio.

Per approfondire e non lasciare nulla al caso, ingurgito margherite (con e senza mozzarella di bufala), ripieni, pizze al prosciutto e semplici marinare (con pomodoro, aglio, origano ed olio).
Il mio fine palato mi impedisce di trangugiare pizze ai frutti di mare e vegetariane varie.
Conto medio della pausa-pranzo: dai 5 ai 7 euro.

Pizze in un ristorante: 10€

Durante una fredda serata di pioggia trovo riparo in un ristorante al centro di Napoli.
E’ l’ora di cena, i morsi della fame battono l’indecisione dieci a zero e dopo pochi istanti sono seduto al calduccio: ordino ed una margherita DOP fumante appaga il desiderio.
Costo medio della tentazione: 10 euro.

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Pizza ad Ischia: 13€

In un elegante locale di Ischia, due giovani cantanti intrattengono i turisti con tradizionali melodie partenopee.
I camerieri indossano ricercati abiti d’epoca e comprendono tutte le lingue del mondo.

Mangio una morbida marinara mentre osservo con curiosità un gruppetto di anziani tedeschi lasciarsi andare sotto le note «Io sono un italiano, un italiano vero».
Tablet e smartphone riprendono le performance degli artisti.
A fine serata non saprei dire se i teutonici si sono sparati più selfie oppure deglutito più boccali di birra.
Costo della serata turistica: 13 euro.

Cerco collaboratore per nuova indagine

Che tu sia un impiegato, un cittadino qualsiasi oppure un turista sappi che il prezzo della pizza – come la Legge – non è uguale per tutti: la pizza ischitana, nello stesso ristorante, in inverno costa la metà (cioè un prezzo normale).

Per amore della verità, indagherò anche sui pranzi a base di pesce: sono convinto che anche in questi puzzolente casi, le sorprese non manchino.
Attendo sponsor oppure un collaboratore disposto ad investire.


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Il Buco Nero Italiano

La Chiesa: «bisogna avere Fede»

L’enigma è davvero intrigante, il segreto dura da più di trent’anni oramai e quando se ne parla pubblicamente, vige un’aura di mistero.

I politici rassicurano: «la questione è chiara ed è sotto controllo», gli esperti invece tagliano corto: «la materia è complicata» troncando ogni eventuali discussione.
I Matematici, invece, sono sconfortati: «mai visto nulla del genere» ma la comunità scientifica è spaccata: «il problema è privo di dimostrazione» mentre per i più ottimisti «in teoria la soluzione esiste ma è necessario un tempo infinito».
La Chiesa, invece, non perde la speranza: «con la Fede arriveremo laddove l’Uomo e la ragione hanno fallito».

Il debito pubblico italiano è un mistero più complesso di un buco nero

Il debito pubblico italiano, quanti zeri?

Difronte a tante altolocate ed autorevoli posizioni, io – italiano medio – mi pongo il quesito dei quesiti: il debito pubblico italiano a quanto ammonta?

La Scienza Ufficiale non ha ancora fornito un numero esatto: quanti zeri occorrono per svelare il valore di questa incognita nostrana?

L’appello: il Ministro vada in TV

Da cittadino ligio al dovere lancio un appello: in nome della trasparenza vorrei che il Ministro dell’Economia in persona andasse in televisione (a rete unificate) ed in prima serata, armato di un vecchio foglio a quadretti ed una matita nera, scrivesse – davanti alla Nazione – il valore preciso del debito pubblico italiano.

Dopotutto, questa tassa indiretta è un «mostro» che ci portiamo sulle spalle tutti noi, contribuenti onesti.


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Io, testimone di un incontro ravvicinato del terzo tipo

«Smettila, oggi stai esagerando! Comportati bene o la prossima volta ti lascio dai nonni!» urla l’uomo inviperito.
«E guarda, continua … se non ti calmi I-M-M-E-D-I-A-T-A-M-E-N-T-E ti sbatto in castigo per una settimana» scandisce la moglie col volto rosso dalla rabbia mentre lo fulmina con lo sguardo.
«Non si preoccupi, non c’è problema, sono abituato» cerco di sdrammatizzare.

Il piccolo, intimorito, si rifugia in un angolo.

Sarà l’estate e la voglia di correre negli spazi aperti dopo un inverno chiusi in casa ma in spiaggia i già bollenti spiriti familiari possono esplodere per un nonnulla.

Sdraiato sotto l’ombrellone, osservo le onde del mare mentre leggo e riposo le meningi. I miei vicini, però, sono irrequieti e non trovano pace: lui e lei non riescono a controllare gli istinti animaleschi di quel delicato, fragile e tanto caro mostriciattolo.

Dalle dimensioni microscopiche deduco che avrà due o tre anni ma la vivacità e l’energia propulsiva che consuma in scatti improvvisi mi stupiscono.

«Che età ha?» chiedo più per gentilezza che curiosità.
«Ha due anni ma si porta piccolo rispetto alla media» risponde lei preoccupata.
«Vedrai che recupera, è forte il nostro Ugo!» rassicura lui orgoglioso della sua creatura.
«Ugo? Un nome inusuale per un cane» osservo perplesso.

«BAU BAU BAU» strepita il quadrupede rivolto ai padroni più ansiosi di due genitori in erba.
«Che dice?» mi inserisco sarcastico in questa irreale lite familiare.
«Non puoi andare al mare, l’acqua è fredda e non sono ancora trascorse tre ore dall’ultimo pasto. Devi digerire!» continua lei.
«BAU BAU» risponde Ugo.
«Se ti comporti bene, fra poco facciamo il bagno insieme» sentenzia lui da capofamiglia autoritario.

Ugo, finalmente convinto, si accomoda all’ombra vicino le sdraio del suo papà adottivo.

Rasserenati gli animi, posso continuare la mia lettura di fantascienza e divertito mi chiedo: quale evento galattico è più fantasioso di una conversazione (assurda) tra creature di razze diverse?

incontri ravvicinati del terzo tipo

L’Uomo Colla

Lo stress della fila al bancomat

Ore 7,30, al bancomat attendo il mio turno.
Un tizio, abbracciato allo sportello automatico della banca, continua le sue infinite operazioni: pigia i bottoni, stampa lunghissime liste movimenti, confronta i dati sullo schermo con i numeri presenti sul tabulato cartaceo, ritira dei soldi, poi estrae finalmente la carta magnetica ma – per la disperazione della fila – la reinserisce nuovamente per ripetere le stesse, minuziose operazioni.

Il mio fegato è messo a dura prova, la pancia si contorce ed ho i nervi tesi come le corde del violino di Uto Ughi.
Resisto grazie alle tecniche di respirazione orientale ed agli esercizi Zen.

Come riconoscere l’uomo colla

Cronometro il tempo trascorso: dodici, lentissimi, lunghissimi minuti di attesa.
Un secolo per uno sportello automatico ove le operazioni, mediamente, dovrebbero durare pochi, velocissimi istanti.

Finalmente l’invasato è appagato.
Soddisfatto della sua maniacale pedanteria, scompare mentre farfuglia e continua a consultare saldi e liste.

E’ l’Uomo-Colla, ossessionato dalla precisione e schiavo della propria pesantezza.

Insicuro per definizione, necessita di verificare ogni azione più volte finché la Matematica non lo rassicura.

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La posta, l’habitat naturale

Ma le migliori performance, l’Uomo-Colla le sfoggia alla Posta oppure quando interagisce con un impiegato di un qualsiasi ufficio pubblico.

Come riconoscere l'Uomo Colla

La sua presenza la si riconosce subito: dietro l’Uomo-Colla si genera la fila più lunga, gente esaurita in attesa che sbuffa ed accumula odio verso quel tizio fissato causa del blocco dello sportello (mentre le altre code avanzano velocemente).

L’Uomo-Colla è capace di tirar fuori il peggio da ognuno di noi e se il povero impiegato potesse, lo caccerebbe a calci tra l’applauso liberatorio dei presenti.

Non c’è possibilità di fuga, l’Uomo-Colla è più azzeccoso della resina del pino, del miele delle api della Malesia e del mastice per marmi.

Possiamo solo sperare di non incontrarlo ma è più probabile una vincita milionaria al Superenalotto: dentro il nostro animo sensibile, sappiamo che – prima o poi – saremo vittima di questo «mostro» appiccicoso.


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