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Tag: mostro (Page 7 of 9)

Le amare riflessioni di un lavoratore (privato)

La precarietà del lavoratore moderno

In bilico sul burrone, guardo lo strapiombo con angoscia.
Con le dita del piede sinistro mi uncino al precipizio per non cadere nell’oblio mentre col destro tento di inchiodarmi alla terraferma.

Le braccia aperte per trovare l’equilibrio come l’acrobata al circo sospeso lungo la corda senza rete di protezione.

E’ la condizione di perenne instabilità del moderno lavoratore privato.

Il Lavoratore Moderno

La precarietà perpetua

Di fatto, le riforme del lavoro – invece di generare nuova occupazione – hanno partorito un «mostro»: dal neoassunto al prossimo pensionato, ognuno vive il suo personale precariato. 

Se lavori in una industria di grandi dimensioni oppure in una società con meno di quindici dipendenti, è un dettaglio trascurabile: spin-off, spezzatino, trasferimenti, delocalizzazione e cessione del ramo di azienda sono subdole operazioni all’ordine del giorno (per la pace di chi ci ha preceduto e lottato per ottenere dei diritti degni di questo nome).

Il dipendente privato ha una sola certezza: non ha più la certezza del domani.

L’instabilità del lavoratore privato

Difatti, oggi nessun lavoratore privato ha la sicurezza di conservare la sua occupazione: indipendentemente dall’operato, dalla meritocrazia e dai profitti dell’azienda, la sua sorte è incerta ed è impossibile capire a quale destino andrà incontro nei prossimi anni.

Anzi, parlare di «anni» è già un azzardo, meglio concentrarsi sull’imminente e ragionare giorno per giorno.
L’unica certezza, a dispetto delle Leggi presenti e future, delle e-mail degli Amministratori Delegati e delle fatue promesse della politica (l’etica professionale a nessuno interessa), è la progressiva cancellazione del diritto ad una Vita serena.

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Come un eroe

Il lavoratore privato è un eroe moderno,  non ha alternative, può solo percorrere la corda ed – istante dopo istante  – guadagnare metri per giungere dall’altra parte del burrone, superare ogni difficoltà fino a poggiare i piedi stanchi sul terreno per il meritato riposo.

Il percorso può durare oltre trentacinque anni, consci che la pensione  è una chimera alla quale nessuno crede più.


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ASL, la lista d’attesa che guarisce l’otite

ASL, i tempi d’attesa

15 maggio 2014
«Deve consultare uno specialista» sentenza il medico di base oramai più passacarte che dottore.
«Ma mentre prenoto la visita all’ASL passerà un’eternità» obietto sconsolato.

Otite, la visita dopo 12 giorni

Da qualche giorno una fastidiosa otite assilla il mio orecchio sinistro e la morsa del dolore non accenna a diminuire.
Dalla farmacia (adibita alla prenotazione) confermano le mie perplessità: la prima data utile è fra dodici (12) giorni.

Dodici giorni possono essere un nonnulla oppure un tempo infinito, dipende dal problema.
Per un mal di denti e per un’infiammazione dell’orecchio dodici giorni di attesa sono insostenibili.

«E secondo Lei, come resisto fino al 27 maggio?» chiedo all’addetto.
«Aerosol e tachipirina 1000» risponde asettico il mostro.

Inizio la cura: rinowash mattina/sera ed, in caso di difficoltà, il miracoloso paracetamolo per placare le sofferenze.
Armato della pazienza di Giobbe, vedo avvicinarsi la data della visita.

L'otite e la lista d'attesa all'ASL

La Sanità pubblica ti spinge verso il privato?

Sempre più dubbioso, mi chiedo a cosa serva una Sanità con servizi inutilizzabili. Difatti, le liste d’attese spingono il cittadino verso gli specialisti privati ed i costi sono quasi equivalenti alla tariffa di un luminare (tra superticket e prima visita, il controllo all’ASL costa 38€).

Un imprevisto: ASL, 22 giorni d’attesa

Purtroppo l’inefficienza della burocrazia abbatte anche il più forte dei tenaci e dopo qualche giorno ricevo la stupefacente telefonata di uno zelante impiegato dell’ASL.

Dopo le dovute presentazioni, chiede la conferma: «buongiorno, Lei ha prenotato la visita otorinolaringoiatria per il 27?».
«Sì, esatto» rispondo mentre un vortice di domande mi balena nella mente.
«L’informo che il dottore non è disponibile per quella data, dobbiamo spostare l’appuntamento al 6 giugno» afferma gelido.

Impiego qualche istante per comprendere, poi – ingoiato il polpettone indigesto – esplodo: «e secondo Lei io dovrei aspettare ancora altri dieci giorni? Alla fine, per il mal d’orecchio, devo attendere tre settimane??? Ma è normale???» urlo spazientito.
«Il mio compito è informarla, certo ha ragione» si giustifica l’anonima voce.
«E non c’è un altro dottore per una sostituzione?» reclamo senza speranza.
«Ovviamente no» sentenzia l’ignavo impiegato.
«Voglio protestare! A chi devo rivolgermi? Comunque, nel frattempo, sono pure guarito quindi mi cancelli da questa ridicola lista d’attesa» concludo forte della mia rabbia.
«Si rivolga al direttore del distretto» e proclama il The End all’ennesimo film dell’horror.

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The End: 25 giorni d’attesa

Se la Matematica non è opinabile, con l’otite in corso, avrei dovuto attendere venticinque (25) giorni per una visita otorinolaringoiatria all’ASL.

I più resistenti guariscono da soli, i mollaccioni pagano e si rivolgono ai privati: deve trattarsi di un innovativo piano del Ministero per ridurre i mostruosi tempi d’attesa della Sanità Pubblica.


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Minacciato da Ed Hutchinson, il mio profilo facebook

Ed Hutchinson l’imperturbabile

«Io ti licenzio!» tuono minaccioso nel faccia a faccia con Ed Hutchinson, il mio profilo facebook.
«Non mi porti un mostro degno di questo nome dall’epoca presocratica!» gli rinfaccio rosso in volto come se non riuscissi ad inghiottire un rospo granatiere.

«Ricorda: io ti ho creato e ti distruggo quando voglio» aggiungo con voce calma e lo sguardo gelido del serial killer.
«Non hai il coraggio, sei un romantico Mario e come tutti i romantici sei vulnerabile» replica il vecchio reporter anni cinquanta.

Ed Hutchinson.

Fan page o profilo facebook?

Nonostante il divieto e con tutta la tranquillità di questo mondo, Ed  incurante della mia intolleranza verso la nicotina, si accende la solita sigaretta.

Dopo due intense boccate di tabacco, mi guarda dritto negli occhi e, crudele, sentenzia: «senza di me non sei nessuno, quel tuo squallido blog è patetico. Io ti servo, ho duemila amici su facebook e grazie alla mia condivisione i tuoi post hanno un minimo di visibilità. Se mi cancelli, cadi nel dimenticatoio, sei finito, ricordalo sempre».

La controfigura di Humphrey Bogart mi degna di un ultimo sguardo e prima di sbattere la porta per uscire definitivamente dalla scena conclude torvo: «chiudi subito quella ridicola fan page prima che sia troppo tardi».

La vendetta

«Non te la darò vinta maledetto Ed» mugugno tra i denti mentre mi collego al profilo facebook.
Digito con rabbia la password, accedo alle impostazioni e clicco su “Protezione” e, con la bava alla bocca, già pregusto il momento in cui pigerò su “Disattiva il tuo account” per cancellare ogni traccia di Ed Hutchinson dal social network di Plano.

Poi il raptus di odio si placa per far posto ad una vendetta calcolata: «devo isolare questo mostro, lasciare Ed senza amici facebook e trasferire i duemila contatti sulla fan page».

Una speranza illumina i miei pensieri, un sorriso beffardo compare sul mio volto entusiasta: detesto i ricatti (virtuali e non) come le relazioni obbligate.

Ora tocca a Voi, cari Lettori: aderite alla fan page di faCCebook ed annullate ogni collegamento con il perfido Ed Hutchinson.
Il cyber-bullo ha le ore contate.

Renzi: «Gli F35 contro la mafia e nella Terra dei Fuochi»

La dichiarazione di Renzi

«L’Italia, ringraziando Iddio, non è impegnata in nessun conflitto. La possibilità di un’invasione da parte di un nemico straniero è pressoché nulla e minacce aliene sono altamente improbabili. E’ necessario combattere l’unica, vera e sanguinosa guerra che affligge e distrugge il nostro Paese: il «mostro» da sconfiggere non è fuori i confini ma dentro casa. Acquisteremo dieci F35 per difenderci e annientare la mafia, la camorra e la ndrangheta e per controllare la martoriata Terra dei Fuochi».

Così Matteo Renzi non parlò mai.

Renzi e gli F35

F35, a cosa servono?

Il mistero sull’acquisto degli F35 continua: quanti ne compreremo?
A cosa serviranno?
Da chi/cosa dobbiamo difenderci?

Davanti le telecamere i politici si mostrano pacifisti e dotati del buon senso richiesto dalle parti sociali («utilizzeremo quei miliardi per sanità, scuola e sicurezza») per poi smentirsi nelle riunioni private dei partiti e stipulare accordi segreti con le multinazionali («potete state sereni, confermiamo la commessa»)

Oggi la burla viaggia sul web e la bufala è dietro ogni clic.
E difatti anche questa dichiarazione del nostro Premier – tanto auspicata quanto impossibile – è un triste pesce d’aprile tricolore.


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La Terra dei Fuochi brucia (anche di parole)

Terra dei Fuochi, le solite promesse

L’esercito, la polizia ambientale, i droni speciali, le foto satellitari, le promesse di bonifiche mai realizzate, le conferenze degli esperti, la denuncia dei medici, gli studi dei dottori per dimostrare la relazione tra inquinamento e tumori, i ripetuti forum del Governo, gli stili di vita non corretti dei campani, l’immancabile visita del Ministro di turno.

«Faremo», «agiremo», «fermeremo», «non daremo tregua» … un fiume di parole a cui non corrisponde mai nessuna azione concreta.

La dura realtà

La dimostrazione: ieri – domenica 30 marzo ore 18,05 – viaggio sull’asse mediano che da Mondragone porta verso Pozzuoli.

All’altezza di Cancello Arnone vedo il «mostro»: una lunga colonna di fumo nero parte da una campagna limitrofa alla strada statale e, minacciosa, infesta il cielo azzurro.

La terra dei fuochi continua a bruciare

Rogo alla luce del sole

Il rogo è ben visibile da chilometri di distanza, la scia di morte si stende lungo l’intero paesaggio per avvelenare le coltivazioni innocenti.

Ancora una volta dei delinquenti senza scrupoli agiscono alla luce del sole indisturbati, sicuri di non essere puniti, incuranti delle parole dei politici ed i provvedimenti delle Istituzioni.

Non mi resta che accostare, fotografare l’ennesimo dramma, pubblicare sul gruppo facebook la triste testimonianza ed avvisare i Vigili del Fuoco.

La Terra dei Fuochi continua a bruciare, nonostante tutto.


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Quell’odioso regalo di compleanno al collega d’ufficio

Vita d’ufficio

La scrivania con i fronzoli personali, il computer, i colleghi e la macchinetta del caffè diventano – dopo anni, mesi, giorni e milioni di ore trascorse in ufficio – una seconda casa, il luogo dove produci e dalla finestra dell’open space osservi trascorrere le stagioni.

I telefoni con il solito monòtono suono, il vociare continuo degli altri impiegati – ormai facce familiari, la luce bianca dei neon ed i ritmi cadenzati dalla pausa pranzo e dall’ora d’aria per un break al bar sono i fotogrammi del film che si gira ogni giorno nel mio ufficio (in replica negli uffici di tutto il mondo).

Tra le dinamiche presenti nel micromondo del lavoratore dipendente ne detesto una davvero speciale: la raccolta-soldi per il regalo al collega.

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Il tariffario

Per non generare ingiustizie, molti uffici sono organizzati addirittura con un tariffario: due euro per un compleanno, cinque per il matrimonio e tre per la nascita del figlio (ignoro le cifre per i Sacramenti cristiani ed anniversari di ordine inferiore).

Gli organizzatori inviano la comunicazione via e-mail ponendo attenzione nell’escludere l’interessato dai destinatari ed è valida, in media, una settimana dopodiché la lista è irrevocabilmente chiusa.

Email tipica per il regalo in ufficio

Per ricambiare, la colazione a sbafo

Il patto non scritto e vigente dai tempi della prima rivoluzione industriale prevede che il beneficiario ricambi l’inatteso dono con un buffet da consumarsi a metà mattinata (quasi sempre verso le 11,00) in uno spazio comune (vedi mensa per le multinazionali e sala riunione per le piccole aziende).

L’equo scambio avviene tra la soddisfazione di tutti i partecipanti sempre pronti ad azionare le mandibole ed il festeggiato, felice di appartenere alla «grande famiglia».

Il compleanno del collega d'ufficio

Il Partito degli Asociali

Io sono il Presidente del partito degli Asociali il cui statuto si basa su unico principio d’acciaio: in ufficio non partecipare mai a nessun regalo collettivo.

Mi assumo la responsabilità della mia carica e pago l’ovvia conseguenza: durante il party resto da solo conscio che la coerenza ha un prezzo da pagare, a volte fin troppo alto.

In questo preciso istante, mentre Ugo-la-iena (noto per la sua perfidia) offre i cornetti per il suo 82-esimo compleanno (gli hanno promesso la pensione fra tre anni se tutto andrà bene), alzo il viso e da dietro il grande monitor incrocio gli occhi di un altro collega, anche lui isolato dietro la postazione di lavoro.
Lo sguardo di complicità ci unisce per un lungo infinitesimo secondo, poi abbassiamo il viso per continuare a digitare in modo forsennato sulla nostra tastiera.

Un sorriso spontaneo compare sul mio volto leale, il muro dell’ipocrisia è abbattuto, uno squarcio di speranza trapela in ufficio.
Un altro «mostro» barcolla e presto sarà sconfitto, ne sono certo.

Come calcolare l’indice di Teledipendenza domestica

Il numero di televisioni è significativo

Mi piace osservare le case degli altri.
L’arredamento moderno o antico, i colori scelti per le pareti (uniformi oppure a tinta diverse), il tipo di pavimento, la dicotomica scelta tra vasca e doccia, il gusto per i dettagli e l’ottimizzazione degli spazi.

E infine, l’attenzione ricade sull’ultima significativa informazione statistica: quante televisioni sono presenti?

Come calcolare la teledipendenza domestica

Secondo una mia personalissima indagine, il numero di apparecchi televisivi misura l’atmosfera familiare.
Per capire la teledipendenza domestica eseguo un semplice algoritmo: calcolo il rapporto tra il numero di televisori ed il numero di inquilini presenti in casa.

L'indice della teledipendenza

Alta teledipendenza? Famiglia disunita

Per semplificare il ragionamento, è utile fornire alcuni esempi limite.
Pensiamo ad un nucleo composto da quattro persone con un solo televisore: l’indice della teledipendenza è basso (1/4 = 0,25).
Invece, una coppia che vive in un appartamento con cucina, piccolo salotto, studio e camera da letto con un apparecchio televisivo in ogni stanza ha un rapporto pari a 2 (4/2 = 2).

Maggiore è  il valore della teledipendenza e più alto sarà il grado di distrazione generale provocato dalle immagini e dai suoni che scorrono sul piccolo schermo in ogni angolo dell’alloggio, minore sarà il dialogo tra gli inquilini ed il tempo da dedicare ad altre attività (lettura, ascolto della radio, modellismo, gioco …) e – con molta probabilità – il nucleo si dividerà per guardare un programma diverso con conseguente isolamento.

Con un solo televisore in casa, invece, se l’apparecchio è acceso il gruppo sarà coeso (quasi sempre, insieme sul divano del salotto) favorendo il confronto, la condivisione di opinioni, l’unità.

La TV in camera da letto: da evitare!

La statistica prevede un ulteriore coefficiente peggiorativo per coloro che hanno posizionato il televisore anche in camera da letto.

A costoro auguro la rottura irrimediabile del telecomando: solo un incidente così violento potrà ridurre il loro «mostruoso» indice di teledipendenza.


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Fiorello contro i «mostri 2.0»

Fiorello e l’incidente stradale

Un incidente stradale tra un VIP ed un anonimo (e sfortunato) pedone scatena la polemica incontrollata e l’anima razzista del Belpaese riaffiora in tutta la sua miseria.

A Roma, Il Fiorello nazionale con lo scooter investe un passante, il sinistro viaggia in tempo reale via social e tra “Mi piace”, “Condividi”, “+1” e “Retweet” da sotto al tappeto riemerge l’atavica polvere classista: l’Italia si divide tra chi difende il ricco artista e chi il povero cittadino.

#fiorelloincidente

La solita italietta

Lo scontro tra i moderni guelfi e ghibellini riempe le pagine del web2.0 mentre sociologi e filosofi discutono in perversi approfondimenti nei TG.

La vittima (73 anni secondo le cronache) percepisce la pensione minima?
Il privilegiato showman ha soccorso l’uomo?

E’ bastata la più comune delle scintille (un incidente stradale come gli altri centinaia di migliaia che si registrano ogni anno in Italia) per aizzare la rivolta virtuale.

E’ la rivincita dell’anonimo contro il personaggio amato da tutti, la vendetta di chi soffre verso l’uomo dello spettacolo ricco e famoso, la riscossa del deluso, il godimento dell’invidioso, l’attimo di celebrità del «mostro» in cerca di notorietà.

Il circo mediatico

Lo stesso «mostro» che partecipa sul web alla discussione social del momento e commenta con la medesima superficialità l’incidente di Fiorello, la foto in bikini della nuova velina di Striscia ed il dramma senza fine della fame nel Terzo Mondo.

Ma la storia insegna: spenti i riflettori mediatici e dimenticato l’incidente, gli accusatori di oggi saranno i più entusiasti spettatori del prossimo spettacolo dello showman siciliano.


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L’abbondanza

L’abbondanza dei pochi

Oggi non è semplice stabilire quale sia il «mostro» sul quale dibattere, in giro ce ne sono troppi.

L’ammetto: mi sento come l’automobilista stressato che gira e rigira senza mai trovare un posto ove parcheggiare e quando improvvisamente giunge in un luogo con moltissimo spazio libero non sa dove sostare.

L’abbondanza – talvolta – provoca indecisione?
Può darsi.

I quesiti del giovane John Elkann: l'abbondanza dei pochi

Il sazio non crede al digiuno

Certamente l’eccesso infastidisce chi (al contrario) sopravvive di stenti.
Il filosofo con la tasca piena non comprenderà mai le esigenze e gli sforzi di colui che, privo di possibilità, affronta il destino senza alternative.

E’ la caratteristica del maestro di vita mai vissuta: sentenziare senza sperimentare concretamente ciò che afferma.

La categoria dei «saggi ed obesi» è da sempre ben nutrita, esiste da quando è nato l’uomo (normale) e si incrementa di nuovi adepti ad intervalli regolari.

Guardatevi intorno, troverete sicuramente un nuovo «mostro» da aggiungere alla lista degli alieni sazi.


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Routine, la grande bellezza

Routine, il solito (bel) film

Ore 7,15 di un qualsiasi giorno lavorativo.
Chiuso nel mio giubbotto nautico (il look preferito del momento), zaino in spalla, occhio vispo, cervello fulgido e con il serbatoio pieno di energia, pronto per affrontare una nuova avventura balzo via di buonora.

Mi piace uscire quando per gli altri suona la sveglia, la città non è ancora invasa dal traffico caotico e l’aria (anzi lo smog) è ancora frizzante.

Il film della routine

Incontri ripetuti ogni mattina

«Buongiorno!», il primo saluto della giornata lo regalo al pensionato del terzo piano mentre mi mangio le scale e  volo verso l’uscita.

L’incrocio puntualmente ogni mattina, porta i due anziani cani a sgranchirsi le ossa giù al parco e – palette alla mano – a soddisfare i bisogni psicofisici degli amici quadrupedi.
Risponde sempre in modo educato e scambiamo quattro cordiali chiacchiere di buon vicinato.

Nel parcheggio, mentre deposito lo zaino nel portabagagli del mio bolide, passa «il signore con la cravatta».
Lo chiamo così perché veste in modo elegante, impeccabile nella sua giacca scura non intercetta mai il mio sguardo.
Non ci conosciamo, eppure la scena si ripete sempre uguale: io a maneggiare nei pressi della mia auto, lui che cammina nel viale per raggiungere la sua.
Occhi bassi, non concede il fianco a nessuna possibile apertura verso il mondo esterno.

Perplesso, salto alla guida e parto per l’ufficio.
Appena varco la soglia, scorgo il salumiere alzare la saracinesca del suo negozio: mi sorride e ci salutiamo con un gesto automatico della mano.
Di fronte, la signora bionda attende l’autobus e – come ogni mattina – per ingannare l’attesa si abbandona nelle cuffiette bianche del suo cellulare.

La routine, l’orologio della vita

La routine regola la nostra vita, scandisce i momenti e decide gli incontri come in una sequenza di fotogrammi che si replicano ogni giorno, sempre allo stesso orario e con gli stessi attori.

Sembra un film «mostruoso» ma – quando la pellicola si spezza – comprendi la vera importanza della normalità.


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Il Potere (solitario)

La gioia dell successo

Sul vertice più alto della montagna, soffia un vento gelido che, come una lama, taglia il volto ed asciuga il sudore.
L’obiettivo fino a ieri irraggiungibile, dopo innumerevoli sforzi e sacrifici, è divenuto realtà: la vetta impossibile è conquistata.

Mille sofferenze per raggiungere la vetta

Lungo la salita, soffri ma stringi i denti.
Il percorso è impervio ma tu, deciso e determinato, sei pronto.
Consapevole, non ti fermi e centimetro dopo centimetro, domi il «mostro».

Il momento magico in cui calpesti la sommità, sognato per anni, è finalmente giunto.

La solitudine dell'uomo al potere

Il Potere e la Solitudine

Conquisti il Potere!

Sei il numero uno.
Hai lo scettro.
Decidi.
Comandi.
Imponi.
Disponi.

Consumata l’euforia del successo, ti guardi intorno e scopri di essere solo.

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La sete di potere

Eppure, all’inizio della scalata, il gruppo era numeroso, solidale e coeso.
Per superare le prime difficoltà comuni, si  instaura anche una spontanea amicizia.

Una squadra unita senza un leader, tu passi la borraccia al compagno che ti segue e ricevi frutta secca da chi ti precede.
Insieme per annientare gli ostacoli, uniti per vincere.

Ma il duro tragitto seleziona la comitiva, i migliori proseguono, i deboli rallentano, gli sconfitti si ritirano.

Lassù in cima si soffre di solitudine … chi ci arriva, però, non se ne accorge (subito).


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Quanto costa l’asterisco della nuova Giuletta?

Il malefico asterisco

La misura della falsità di uno spot pubblicitario è indicato dal numero di asterischi presenti nell’annuncio.

Chi si fida di un contratto zeppo di microscopici dettagli nascosti a fondo pagina? Di fatto, il cavillo è ingannevole: scritto con caratteri minuscoli, è celato all’attenzione di chi guarda (o legge) perché portatore di svantaggi (al contrario dei benefici scolpiti a caratteri cubitali in ogni spot che si rispetti).

L’essere piccolo nasconde certamente una fregatura, qualcosa da «togliere» al consumatore rispetto all’offerta iniziale, un inganno legale (sfugge ma è presente nell’accordo), una trappola di cui l’ingenua preda si accorgerà dopo l’acquisto.

Lo spot della nuova Giulietta

Prendiamo ad esempio lo spot 2014 della nuova Alfa Romeo Giuletta.
Per carità, auto bellissima, elegante, scattante, veloce, confortevole: io la comprerei subito (se avessi 16.950€ da spendere).
Ma sono proprio 16.950€?

Lo spot della nuova Giuletta? Troppi asterischi pericolosi

Zoom sul fotogramma sospetto

Il mistero è svelato: ho congelato l’ultimo fotogramma dello spot ed ingrandito con uno zoom il contenuto del malefico asterisco custode delle clausola.

Lo spot della nuova Giuletta? Troppi asterischi pericolosi

Da aggiungere al totale …

Come si può notare (cliccate sulle immagini), la cifra non comprende IPT (Imposta provinciale di trascrizione) e PFU (contributo ambientale sui Pneumatici Fuori Uso) ed il costo di queste due tasse dipende da svariati motivi impossibile da stabilire oggi (da scoprire in concessionaria al momento della firma).

Seguono 300€ di spesa per la pratica, 16€ di bolli, 3€ ogni anno per invio estratto conto. Come stipulato, si versa un anticipo di 8475.25€ e, dopo ventiquattro mesi, l’importo dovuto è pari a 8537€.

Quindi, dopo due anni, l’auto dei miei sogni mi costa:
8475.25 + 8537 + 300 + 16 + 6 = 17334,25 + IPT + PFU.

Rispetto ai 16.950€ annunciati, l’asterisco della Giuletta mi frega solo 384,25€ (più le incognite IPT e PFU)
Niente male per un piccolo e simpatico *


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