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Tag: napoli (Page 11 of 25)

Higuain il traditore: ecco come Napoli ti accoglierà

2 aprile 2017, stadio San Paolo

L’opportunista argentino sale le scale che, dalle viscere delle stadio, portano sull’erba del San Paolo.

I calciatori napoletani toccano e baciano le foto di San Gennaro affisse lungo le pareti azzurre, pochi metri separano il silenzio della concentrazione pre-partita dal boato dei sessantamila.

Il Ciuccio carico, pronto ad affrontare il match dell’anno.
La zebra asettica, abituata, fredda.

Gonzalo Higuain tradisce Napoli: è pronta l'accoglienza choc per il Pipita

Higuain ed il coro dei sessantamila

Il Pipita – oramai juventino convinto da milioni di falsi motivi – è irrequieto.
E’ pronto a ricevere i consueti fischi ed insulti riservati a chi «tradisce la maglia».

L’argentino ingrato entra nello stadio che fu il suo tempio.
Gli occhi di mezzo mondo sono tutti per lui: come reagiranno i tifosi rinnegati?

Dalle curve e poi dall’intero stadio, all’unisono si alza il coro:
“HI-GUA-IN HI-GUA-IN HI-GUA-IN”.

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L’ultimo minuto d’amore

E’ lo stesso urlo riservato al Campione quando indossava i colori partenopei, dopo un gol mentre lo speaker del San Paolo inneggiava alla prodezza del Pipita e l’atmosfera era incandescente.

Un grido potente, appassionato, sincero, ferito.

Il coro d’amore dura un minuto.

Sessanta secondi di pura emozione, il canto di dolore di un popolo ingannato ed abbandonato dal leader argentino.

Un minuto d’amore, l’ultimo.

Dopo i sessanta secondi – non un istante in più – sul Pipita il traditore cala il sipario.
Perchè l’indifferenza è la migliore arma per dimenticare il meschino voltabandiera.

Il traditore è alle spalle.
Andiamo avanti, come sempre.


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Perché non ho partecipato alla sfilata dei trent’anni di Dolce&Gabbana

Il perché del (mio) clamoroso rifiuto

Perché a nessuno interessano gli abiti.
L’evento mediatico #DGLovesNaples – ripreso dalla celebre lettera Napoli è – non ha il sottoscritto come testimonial d’eccezione.
Gli organizzatori, nel panico per il forfait inatteso, dovranno accontentarsi dell’eterna Sophia Loren (ma per gli addetti ai lavori, la delusione è palpabile).

Come in un film di serieB, le lunghe gambe delle modelle attraversano gli stretti vicoli napoletani.
Sembrano aliene sui trampoli: slanciate, bionde, nordiche, americane, irraggiungibili.

Il contrasto è pacchiano: eleganza e tradizione, sfilata e folclore, pizza e lusso, il basso volgo ed il dorato mondo del fashion per un istante si incrociano.

Dolce&Gabbana a Napoli ed il clamoroso rifiuto del sottoscritto

Dolce&Gabbana (senza il sottoscritto)

Il tempo di un clic, il set cinematografico fa il giro del mondo.

Il resto è merito della location: il marchio D&B vola ai quattro angoli del pianeta col Vesuvio alle spalle.

Il sottoscritto, invece, non apparirà in nessuna delle mille gallerie fotografiche dedicate all’evento mondano.

Cercate pure: non troverete mai – e dico mai! – l’immagine dello scrivente associata ai due stilisti, a braccetto con i politici, in posa col vescovo, al fianco della Loren, avvinghiato a qualche modella, dietro un flash, d’avanti ad una telecamera.

A qualcuno interessano i vestiti?

Dopo tanto clamore, nella mente della casalinga di Voghera, quale messaggio resta?
E’ in grado di citare un solo modello presentato per la Campagna Autunno Inverno 2016-2017 di Dolce&Gabbana a Napoli?

Nell’immaginario collettivo e per gli esperti del settore, la moda è puro marketing oppure c’è ancora una relazione con gli indumenti indossati dalle persone?

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La volpe e l’uva

A proposito.
Un dettaglio: quelle vecchie volpi di Dolce&Gabbana si sono premunite e non hanno invitato il sottoscritto.
Temevano il rifiuto?


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Escrementi dei cani e dispenser fai da te: tredici giorno dopo, i primi furti

Tredici giorni dopo

Due dipenser sono spariti.
Rubati.
Strappati e portati via.

Isolati, attaccati, derisi oppure lasciati nell’indifferenza generale.
Eroici, li osservo con orgoglio nel giro di perlustrazione mattutino prima di recarmi al lavoro.
«Li stanno usando» è l’incoraggiamento dell’edicolante, persona attenta e sentinella di uno dei quattro dispenser sopravvissuti al week end.

Dalla prima installazione dello scorso 5 luglio, sono trascorsi tredici giorni.
Appena tredici giorni?
Oppure già tredici giorni?

Inciviltà, ovviamente

L’inciviltà è un prezzo necessario da pagare?
Se distribuisci sacchetti gratuiti per la raccolta degli escrementi dei cani tramite dispenser disponibili giorno e notte, risulta quasi ovvio scontrarsi con i vandali.

Perchè distruggere un bene comune è normale, quasi accettato come una tassa obbligatoria ad ogni iniziativa basata sulla fiducia verso il prossimo.

I quattro (su sei) dispnser sopravvissuti: la lottad agli escrementi continua

Perchè?

Il costo del singolo distributore (compresi i venti sacchetti) è irrisorio: un euro e mezzo.
Dunque, perchè distruggere uno strumento privo di un qualsivoglia valore economico ma utile a tutti?

Mi piacerebbe parlare con uno di questi «mostri», belve della giungla metropolitana, esseri incapaci di apprezzare la bellezza e la cultura.

Il decoro del quartiere migliora la morale delle persone.

E’ un’equazione semplice da comprendere ed applicare che, però, si scontra con la triste realtà urbana: esistono branchi di iene che vagano per la città irrispettosi di ogni elementare regola del vivere civile (quando non sconfinano nella delinquenza).

Rifletto: il motivo del furto risiede nel seme di autodistruzione insito nell’animo umano?

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Oltre lo stupore

Non provo sconforto, bensì stupore.
E’ chiaro: non vivo a Stoccolma, l’Italia non è la Svezia e Napoli soffre – da sempre – di un’innata anarchia che, troppo spesso, naufraga nell’ordinaria inciviltà accettata dai cittadini assuefatti e/o rassegnati.

Continuiamo l’opera di sensibilizzazione.
Dopotutto, gli incivili sono un gruppo rumoroso ma pur sempre una minoranza.

La storia può cambiare.
Dai piccoli gesti.
Da due piccoli dispenser.


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L’inizio della fine di HP Pozzuoli, un anno dopo

7 luglio 2015: HP mi licenzia

Alcune date restano impresse nella mente come solchi nella roccia.
Per il sottoscritto – e probabilmente i 160 colleghi – il 7 luglio 2015 è una di queste.

Perchè il 7 lugio 2015 HP, l’importante multinazionale americana per la quale lavoravo, annuncia la chiusura della sede di Pozzuoli, la mia sede, la nostra ex sede di lavoro.

Il marinaio, un anno dopo

Da un anno, navighiamo su un’altra nave.
La flotta (italiana) non è mastodontica come quella americana, le rotte sono meno sicure, il lavoro a bordo è duro e visto il recente passato, all’orizzonte potrebbero nascondersi nuove tempeste.

Il fedele marinaio evita le ovvietà: sarebbe facile cadere nel pozzo dei ricordi perduti, cedere alla nostalgia del tempo che fu, recriminare per ciò che poteva essere ma non è.

In pochi istanti, salirebbero a galla relitti di una nave oramai affondata, pezzi di un passato del quale è orgoglioso ma che giacciono in una cassaforte giù negli abissi.
Insieme al ricordo dei tanti amici lasciati ai propri destini – uomini e donne con i quali ha condiviso vent’anni di successi e sconfitte, da ragazzi ad uomini esperti.

Il marinaio, fermo sul ponte della nuova nave, medita e scruta l’infinito.

Un flashback improvviso illumina la sua mente, frasi che giungono da lontano, quando da ragazzo sognava di navigare per scoprire il mondo, per conoscere l’animo umano.

Una folata di vento accarezza il volto del fedele marinaio che, compiaciuto, finalmente sorride.

Le risposte giungono, forse da una vecchia canzone, forse da una poesia.
Che importa?

Quante strade deve percorrere un uomo
prima di essere chiamato uomo?
E quanti mari deve superare una colomba bianca
prima che si addormenti sulla spiaggia?

E per quanto tempo può un uomo girare la sua testa
fingendo di non vedere
la risposta, amico mio, se ne va nel vento,
la risposta se ne va nel vento

Il marinaio silenzioso di HP Pozzuoli

Gli ultimi giorni di HP Pozzuoli: l’ebook

L’intera (drammatica) vicenda è raccontata nell’ebook gratuito Gli ultimi giorni di HP Pozzuoli: 7 luglio 2015 – 14 ottobre 2015 realizzato dal sottoscritto – testimone oculare.

Un diario scritto per non disperdere le mille emozioni vissute in quei giorni, a partire da quel maledetto 7 luglio 2015.

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Scarica il PDF gratuito

Titolo: Gli ultimi giorni di HP Pozzuoli: 7 luglio 2015 – 14 ottobre 2015
Autore: Mario Monfrecola
Estensione del file: pdf
Dimensione del file: 3 MB
Download: gratuito

Descrizione
La testimonianza di un dipendente della sede HP di Pozzuoli negli ultimi, difficili mesi antecedenti la chiusura del sito informatico.

7 luglio 2016, download da Amazon: gratis!

L’ebook è ugualmente in vendita su Amazon a 2,99€.
Il mio desiderio, invece, è distribuirlo gratuitamente ma il colosso americano impone un prezzo minimo ad ogni prodotto pubblicizzato.

Oggi 7 luglio 2016 - ad un anno dalla fatidica data - il download da Amazon è gratuito: approfittane subito

Scarica subito l’ebook su Amazon!


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Escrementi di cane per strada: risolvere con i dispenser fai da te (gratuiti)

Il dispenser fai da te: gratuito

Fisso il primo volantino SOS CANE al palo della luce di fronte al barbiere.
Con un pizzico di emozione ed imbarazzo, osservo l’annuncio (rivoluzionario):

 Hai dimenticato il sacchetto?
Prelevalo gratuitamente dal dispenser!

Poche righe per incentivare i padroni dei cani all’uso del sacchetto igienico onde evitare di invadere il marciapiede con gli escrementi (non raccolti) dell’amico a quattro zampe.

Accompagni Fido a liberarsi ma dimentichi la paletta?

Il simpatico dispenser allegato al volantino distribuisce gratuitamente il guanto col quale prelevare la deiezione e rimediare alla negligenza.

Basta strapparne uno, compiere il dovere (che ogni padrone civile già esegue) e rispettare la regole elementari della convivenza.

Dopo pochi minuti, a Napoli è operativo il primo dispenser fai da te (gratuito).

dispenser fai da te: una semplice ed economica proposta contro gli escrementi dei cani per strada

dispenser fai da te: una semplice ed economica proposta contro gli escrementi dei cani per strada

Costo: 5€ per 140 sacchetti più dispenser

Presso un negozio specializzato in accessori per animali, acquisto un kit di sei rotoli da venti sacchetti igienici al costo di tre euro.
Con altri due euro compro un simpatico dispenser con 20 sacchetti già inclusi.

Realizzo il primo distributore fai da te per la raccolta degli escrementi dei cani investendo la modica cifra di cinque euro:

  • 120 sacchetti igienici: 3€
  • dispenser più 20 sacchetti: 2€

La diffidenza trionferà?

Giro per il quartiere alla ricerca di adesioni.
Vorrei installare un distributore fuori ogni negozio che fungerebbe poi da sponsor (citato sul volantino).

«L’idea è lodevole ma non funzionerà: li ruberanno o distruggeranno tutto» è la risposta della maggior parte dei commercianti.

Quando cito il canone stimato («5€ al mese?») trionfa la diffidenza.

Purtroppo devo constatare che, nonostante le buone intenzioni, di fronte ad una spesa (seppur minima e tutta da valutare in base al successo o fallimento dell’iniziativa), i commercianti rifiutano la sponsorizzazione.

Sono scambiato per l’esattore del pizzo ambientale?
Assecondato pur di levarmi di torno al pari di un fastidioso venditore di cianfrusaglie?

«Gli altri sporcano e noi dobbiamo pagare?» è il concetto non dichiarato ma enunciato dall’espressione dei negozianti interrogati.

Dalle prime reazioni, aspiro all’autofinanziamento: per non essere frainteso, operare con libertà, fornire l’esempio.

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Ritira i sacchetti presso il negoziante

L’idea del dispenser H24 libero per strada ai molti sembra troppo … svedese.

Trovo un compromesso con il bar della zona: fisso il volantino SOS CANE al palo proprio di fronte al locale ma senza distributore: con un pennarello modifico il messaggio:

Hai dimenticato il sacchetto?
Prelevalo gratuitamente presso il bar!

Questa seconda soluzione al sottoscritto non piace perché la maggior parte dei padroni porta Fido a spasso la sera sul tardi, quando i negozi sono ormai chiusi da un pezzo.
Inoltre, richiede un’azione doppia: lettura del volantino, ritiro del sacchetto (con conseguente ammissione di colpevolezza).

Pur di pubblicizzare l’idea, accetto la proposta.

Assegno al barista i primi 20 sacchetti gratuiti con la promessa di rivederci nei successivi giorni per valutare l’andamento.

Dispenser fai da te: come andrà a finire?

Non resta che attendere con tenacia: ogni rivoluzione necessita di tempo.
Controllerò i due dispenser installati (presso il barbiere ed il bar) quotidianamente, due distinti modi di distribuire gratuitamente i sacchetti.

Aggiornamenti sull’andamento dell’esperimento su questo canale 🙂

—–
PS: se apprezzi l’idea, scarica il volantino e provaci anche tu: migliorare il decoro urbano è il primo passo per migliorare la qualità della vita.


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Ciao zio Bud, gigante buono della nostra infanzia

Bud Spencer, il gigante buono

La (mia) generazione anni70 cresce con i sogni di E.T., le battaglie di Goldrake, i fagioli ed i pugni buoni di zio Bud.

Il ricordo è lontano: sul grande schermo, il volto cattivo ed il barbone nero di Bambino, la puzza degli abiti sudici, la polvere sollevata dal cavallo di Trinità che, pigro, trascina l’assonnato pistolero nel deserto.

Bud Spencer, i cazzotti buoni contro i bulli segnano la generazione anni 70

I ricordi di un bimbo anni 70

Siamo al cinema – tutta la famiglia, insieme ad altre mille famiglie – al fianco di Bud Spencer e Terence Hill per una scazzottata contro i prepotenti di turno.

L’emozione tira brutti scherzi, i ricordi tornano a galla.

Un flashback di “Lo chiamavano Trinità”?
Impossibile: nel 1970 ero un poppante.
Risale alla mente un fotogramma di “Continuavano a chiamarlo Trinità”?
Non credo: nel 1971 guardavo il mondo dalla culla.
Un ricordo di “Altrimenti ci arrabbiamo”?
Forse: nel 1974 viaggiavo nel carrozzino, la mia dune buggy.

L'indimenticabile dune buggy in Altrimenti ci arrabbiamo

I cazzotti per i cattivi (mai troppo cattivi)

Sotto le note incalzanti degli Oliver Onions, sul grande schermo di un cinema di Napoli (oggi chiuso), volano cazzotti buoni.

I cattivi, puniti e pentiti, non sono mai così cattivi: necessitano solo di una ripassata e quale metodo migliore di un pugno di zio Bud proprio al centro del testone del bullo ed una serie di padellate di Terence Hill per dileguare i tirapiedi del Capo?

Il cinema di ieri

Nessuna prenotazione, poltrone normali, niente aria condizionata, la sala gremita, il brusio continuo, il fumo delle sigarette, la torcia della maschera, cala il buio, inizia la magia, l’odore dei popcorn, la gioia di un bimbo al cinema con la sua famiglia.

Un dolce ricordo condensato nel tweet di Roberto Saviano (coetaneo del sottoscritto):

Terence Hill e Bud Spencer, film puliti

Film per tutta la famiglia, mai volgari, divertimento pulito e assicurato. il senso di giustizia raccontato con leggerezza, a suon di risse con i nemici sconfitti che si rialzano, le pistole mai usate, il gigante buono in difesa dei più deboli.

E tanto buon umore.


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Grazie zio Bud

La notizia giunge via Whatsapp, segno dei tempi moderni.

Il dispiacere pervade l’intera mattinata, sento di aver perso un vecchio amico.
Butto fuori la tristezza in queste righe scritte di getto.

Navigo in cerca di solidarietà e – come è giusto che sia – istante dopo instante, il web si riempe di ricordi, citazioni, video, foto, post commossi, ringraziamenti di gente famosa e persone qualsiasi.

L’esercito di fans tripudia al suo Gigante Buono il doveroso riconoscimento perché la sua straordinaria vita – uomo integerrimo ed attore pulito – accompagni, attraverso i suoi ingenui e divertenti film, le future generazioni.

Come ha accompagnato noi.
Grazie zio Bud. 


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Mario Cavaliere, i segreti di un instagramer di successo

Mario Cavaliere, amico di una vita

Mario Cavaliere è una persona di cultura.
Le nostre discussioni sotto l’ombrellone, tra il serio ed il faceto, sono un mix di ironia e approfondimenti.
Ascolto con attenzione le sue teorie: col sorriso che lo contraddistingue da sempre, mi spiega la passione per la fotografia.
Difatti, il mio vecchio amico è oggi un instagramer multipremiato.

Mario Cavaliere, instagramer di successo

Il terzo occhio

In sella allo scooter, vede angoli della città che ai molti sfuggono.
E’ il terzo occhio, la capacità del repoter on the road: catturare immagini con una prospettiva originale.
E la community dei fotografi da smartphone apprezza e premia il nostro mcmathematic.

D: Mario le tue pubblicazioni, oltre per lo scatto unico, si caratterizzano anche per le storie narrate: viene prima l’immagine oppure la parola?
R: Assolutamente prima l’immagine poi la parola!
L’immagine sopra ogni cosa ma il racconto i dettagli sono il vero 3D della foto.  Non quello tecnologico ma intendo il 3d quello dell’anima!
Ti racconto un aneddoto: da giovane sono stato alla Galleria degli uffizi a vedere la Venere di Botticelli e dopo cinque ore di fila mi sono trovato di fronte a questo capolavoro e dopo aver ammirato i colori e l’immagine per qualche minuto stavo andando via.
Quando accanto a me c’era una uno che aveva un libro sulla Venere!?!?
Leggeva ad alta voce e diceva che in alto a destra c’è un angelo che la Venere sembra intravedere ecco perchè la sua posizione di profilo gli alberi il cielo … e continuava con la descrizione … insomma la foto per me all’improvviso stava prendendo vita.
Il sapere dei dettagli di un’immagine aumentava il tempo di osservazione!
Questa esperienza mi ha letteralmente segnato!

Il segreto? La diversità

D: il Vesuvio è il medesimo da secoli: come realizzare una foto originale?
R: Eh vecchio Monf! Questo è il vero segreto della foto! E cioè il segreto non è fotografare ciò che nessuno ha mai visto ma fotografare quello che tutti vedono ma in maniera diversa!
Il Vesuvio è sempre diverso come i tramonti..l’occhio, lo stato d’animo può fare la differenza. Posso dirti che nonostante io sia solare non amo le foto con il sole forte, adoro quelle un po’ noir … gotiche boh! Secondo me così sono più realistiche!
E il Vesuvio è perfetto in questo tipo di scenario.

D: quale è il sentimento principe che ti spinge a fermare lo scooter, passeggiare per i vicoli, documentarti, indagare per scovare un angolo di città da catturare?
R: Ciò che mi spinge è assolutamente il sentimento di quanto Napoli sia sottovalutata! Cioè moltissimi pensano di conoscerla ma Napoli è terribilmente misteriosa.
Spesso le foto banali di Napoli ne racchiudono solo la punta di un iceberg.
Ci sono vicoletti spesso bui e con scarsa igiene ma poi basta guardare all’interno di qualche palazzo del 700 e trovi storia a fiumi, la cosa che m’infastidisce di più è proprio che tutti pensano di conoscere poi appena indago su qualcosa che scopro tutti mi dicono: ah non lo sapevo!
Tutti si preoccupano dei turisti ma Napoli va raccontata ai napoletani non ai turisti! Quelli verranno di conseguenza!!
Se si va avanti col prototipo pizza mandolino e sfogliatella (peraltro buonissima) è terribilmente svilente per una città come Napoli

D: è tempo di rivincite: quale è lo scatto nel quale credevi ed invece è passato perlopiù inosservato?
R: Bah Monf puoi non credermi ma non sono un catcher di premi.
Ci sono tante foto che io definisco marchette: basta un babà col vesuvio di sfondo o una foto ad una pizza col golfo in sottofondo vedrai premi a gogò! 😀
Io cerco il desueto! O comunque se è qualcosa è strafotografato deve avere un valore aggiunto!
Ecco che la didascalia può aiutare.
Comunque, per rispondere alla tua domanda: quella che pubblicai del Campanile della Madonna del Carmine: per me è meraviglioso!
Ma sono di parte! 😀

Il Campanile della Madonna del Carmine, di Mario Cavaliere

La foto è uno stato d’animo

D: le persone sono assenti dalla tua galleria: perché non catturi lo sguardo di una donna, il volto di un anziano, il sorriso di un bimbo?
R: Lo faccio ma solo con la mia famiglia. Perchè credo sia un tipo di foto troppo intima e io non ho intimità con gli sconosciuti.
E poi la verità è che non sono così introspettivo. La foto è un percorso, io sono ancora dietro. Come anche la foto bianco e nero sono fortemente introspettive e io non ho ancora raggiunto questo livello, questa capacità!

D: Mario, la tua bacheca è affollata di piccole e grandi soddisfazioni, premi ricevuti da importanti community online. La gratificazione fa piacere, è innegabile: cosa provi quando ricevi la meritata coppa? Dai peso alla fama oppure, in caso di indifferenza generale, avresti abbandonato Instagram?

R: Assolutamente no! La foto per me è uno stato d’animo, non mi sento in competizione. Sono una persona molto competitiva ma sulla foto no!
Come si può pensare di competere con uno stato d’animo?!?!?
Poi c’è una frase di un famoso fotografo che dice: “Se hai una bella foto che fai? la conservi nel cassetto?” dunque ovvio che fa piacere mostrarla. Non nego che fa piacere l’attenzione di chi sceglie la tua foto tra tante e ne coglie il tuo stesso spirito. E’ una forma di comunicazione meravigliosa ma questo comunque non crea in me ossessione. I premi poi sono punti di partenza non di arrivo! Li ripubblico solo temporaneamente perchè fa piacere agli admin che ti premiano,
Vedo profili zeppi di premi io invece dopo un po’ cancello tutto.

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Instagram, per intrattenere ed informare

D: Mario, sei su faCCebook.eu, il blog ufficiale dei «mostri»: a tal proposito, ne hai mai immortalato uno?
R: No Monf sai che seguo moltissimo il tuo blog! Perchè in un certo senso ha uno spirito simile al mio, cioè la ricerca del desueto, talvolta la critica, il mostro!
Ovviamente il tuo è un blog famoso, io scatto solo qualche foto e sono molto criticato dai follower perchè partorisco foto con gestazioni da elefante! 😀

D: credi nella foto denuncia oppure utilizzi il tuo canale solo per informare ed intrattenere?
R: credo nella foto denuncia ma non utilizzo questo tipo di canale ma solo intrattenere. Informare poi sarebbe pretestuoso da parte mia, io scopro delle cose e le racconto a chi come me non ne era a conoscenza. Tutto qua: un gioco semplice!

Fotografia e Matematica

La foto per me è geometria decorata con i colori della realtà … e la foto spesso mi aiuta a raccontare …

D: Mario la tua stessa citazione ed il nome dell’account Instagram mcmathematic ti inchiodano: la Matematica (con la “M” maiuscola) è parte della tua visione della vita? E influenza anche i tuoi scatti? La Matematica non è noiosa? Che relazione c’è tra tutti quei numeri grigi e le tue foto colorate?
R: Devo dirti che la matematica è ovunque: la geometria di un golfo, quella di una volta di una chiesa …
Ricordo in una foto del golfo di Napoli con una scogliera: sembrava il grafico del logaritmo! Perchè poi tutti dicono di odiare la matematica ma poi moltissimi ne sono affascinati!
Dunque la relazione tra matematica e fotografia è fortissima! Se ti riferisci alla parte numerica quella no, è solo uno dei tanti aspetti della matematica che credo non ha assonanza con le foto.

D: Mario, lasciaci con una promessa: nel prossimo scatto catturerai l’anima di una persona.
R: Ci proverò! Monf! Se diventerò bravo ce la farò!
Ho una vita davanti e se non ci riuscirò oltre questa vita fotograferò l’anima del mio fantasma.
Per accontentarti 🙂

Scopri il canale Instagram di Mario Cavaliere!


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Donatori di sangue: I want you!

Lucia, l’incontro tre volte l’anno

Lucia non conosce il mio nome.
Ma io conosco lei.
L’incontro tre volte l’anno: gentile, accogliente professionale.

Lucia è un’infermiera del centro trasfusionale dell’ospedale Pascale di Napoli.
Assiste noi donatori di sangue col sorriso, intrattiene, chiacchiera, rassicura.
E ringrazia ogni singola persona che,  dopo dieci minuti – tanto dura l’intera operazione! – lascia il centro con l’orgoglio di chi compie una nobile azione.

Anche io ringrazio perché vado via con una certezza: donare il sangue mi rende un cittadino migliore.

Donatori di sangue: come sentirsi un cittadino migliore

L’appello per i non donatori di sangue

Cercasi adulto (uomo o donna che sia), dotato della giusta dose di umanità, in buona salute, con una vita normale senza comportamenti a rischio, disposto a concedere dieci minuti della propria giornata per compiere un gesto generoso.

Offresi atmosfera serena e cordiale, la consulenza di medici esperti, competenti e professionali, una check-up completo (controllo della pressione, cuore, analisi del sangue …).
Segue una colazione tra amici, un giorno di ferie retribuito dal lavoro.

Guadagno sicuro: la riconoscenza infinita di tutte quelle persone che necessitano di trasfusioni di sangue.


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Non sono un alieno

Alieno (per necessità)

«Terrorista! Se ti ferma la polizia, t’arresta!»
«Talebano, fai paura!»
Le battute si sprecano, gli epiteti pure.

Il volto nascosto dietro la maschera avvolgente nera, la testa protetta dal casco militare, lo sguardo impenetrabile.
Le occhiate perplesse dei passanti, inchiodano il sottoscritto e la sua e-bike alla dura realtà: nel contesto urbano dove è totalmente assente la cultura della bicicletta, il ciclista risulta un elemento estraneo, un corpo da emarginare, un extraterrestre da abbattere.
Un alieno, appunto.

Io, ciclista napoletano, non sono un alieno: chi sono i veri mostri?

La giungla metropolitana

Eppure, l’eroico ciclista napoletano, resiste.
Per sopravvivere nella giungla metropolitana utilizza le uniche armi a sua disposizione: pazienza, tolleranza, concentrazione, passione per la pedalata, fede inossidabile per la salvaguardia dell’ambiente, lotta senza quartieri contro i «mostri» metropolitani.

Il sorpasso

Il clacson cafone chiede strada.
Arranco in salita con mille occhi(ali) aperti per intercettare i pericoli contromano, le orecchie-radar a percepire il rombo dell’idiota di turno pronto al meschino sorpasso a destra.

L’auto si avvicina, l’ennesima strombazzata e la grossa tartaruga metallica supera la piccola lumaca a due ruote.

Avrà cinque anni.
Il bimbo – in braccio alla mamma, seduto d’avanti lato passeggero – affacciato al finestrino dell’auto, durante gli interminabili istanti del sorpasso, studia il sottoscritto pedalare.

Lo sguardo innocente tradisce lo stupore.
La meraviglia si fa largo nei suoi occhi puliti.

L’adocchio.
Catturo la sua sorpresa.
Il mio sorriso resta imprigionato nella maschera antismog.
Saluto il piccolo con la mano.
Intimorito dall’aspetto cibernetico che trasmetto, il bimbo non risponde al cenno.

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Chi è il vero «mostro»?

Vorrei gridare: «ehi piccolo, l’alieno non sono io!»

I «mostri» siete voialtri che usate l’auto anche per comprare le sigarette sotto casa, evitate i mezzi pubblici come la peste bubbonica, ignorate il car-sharing, odiate passeggiare, impestate l’aria con i tubi di scappamento delle vostre carcasse metalliche sempre bollenti.

La tartaruga sgancia l’ultima nuvola nera di veleno, accelera e prosegue nella giungla.

Il bimbo allunga il collo, si affaccia di nuovo, mi osserva ancora.
Prima di sparire dietro la curva, muove la manina per un timido saluto.


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Le mani insanguinate, di Maurizio De Giovanni (recensione)

Per conoscere Maurizio De Giovanni

Le mani insanguinate: trattasi di brevi storie noir, 
Novelle agrodolci, a volte dolorose alle quali è impossibile restare indifferenti.

Brevi racconti che narrano il punto di vista di una una bimba maltrattata, una vedova tutt’altro che riconoscente, uomini e donne – personaggi dalle vite difficili – alla ricerca del riscatto che non sempre giungerà.

 

Il colpo di scena finale

La lettura scorre veloce, priva di intoppi, col piacere suscitato dalla scrittura tipica di un grande autore.

La genialità di Maurizio De Giovanni è tutta nel finale: il colpo di scena che stravolge la prospettiva, stupisce il Lettore e chiude la narrazione come un cerchio perfetto, con i dettagli posizionati perfettamente a comporre il puzzle perfetto.

Un sorriso (amaro) per digerire lo stravolgimento che implica la dovuta riflessione: la realtà non è come appare?

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La denuncia

Le mani insanguinate – seppur breve – lascia il segno.
Soprattutto le storie tratte da episodi di cronaca superano – in malvagità – i più fantasiosi e crudeli piani escogitati dall’autore.

“Ex voto”, il racconto dal quale nasce il titolo dell’opera, contiene tutti gli elementi tipici dell’ebook.
Anche la giusta denuncia contro il «mostro» che opprime la nostra terra.
Da leggere (e ricordare).

Maurizio De Giovanni , autore di Le mani insanguinate

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Scavi di Ercolano, la meravigliosa macchina del tempo

Scavi di Ercolano, duemila anni dopo

L’onda anomala – acqua, sale, fango, lava, polvere, detriti, magma – ferma la vita e congela Ercolano.
Dopo duemila anni, a noi turisti moderni, gli scheletri assiepati nei depositi delle barche – il mare, la via di fuga istintiva – suscitano ancora emozione e spavento.

Uomini speranzosi in attesa della fine dell’eruzione.
Corpi ammassati, testimoni immortali della Storia che il Vesuvio ha reso eterni.

Scavi di Ercolano, gli scheletri assiepati nei depositi delle barche

Il viaggio nel tempo

Arrivo agli scavi di Ercolano e dopo aver varcato la soglia, come in un film, mi ritrovo nell’antica Roma.

Un fantastico viaggio nel tempo: passeggiare lungo le strade percorse dai nobili seduti nelle loro lettighe portate dagli schiavi, camminare dove le pesanti e rumorose carrozze sfrecciavano, osservare dall’interno una villa di un commerciante per comprendere come vivevano nel 79 d.C. è un’esperienza indimenticabile.

Scavi di Ercolano, la macchina del tempo perfetta

Resto colpito dai dettagli: il letto (sarà una piazza e mezzo?), una magnifica vasca da bagno, la piccola cucina (compresa di toilette), il legno annerito, una porta scorrevole per separare due ambienti, gli eleganti mosaici rosso pompeiano, la cura per il corpo nelle piccole piscine termali a diversa temperatura.

E poi: il sistema fognario per far confluire le acque piovane e reflue fuori dal centro abitato, un cartello che invita a non gettare rifiuti a terra onde evitare pene esemplari (solo per gli schiavi erano previste le frustrate – la Legge non è mai stata uguale per tutti).

Un luogo magnifico ed unico!
(non amo il punto esclamativo ma quando ci vuole, ci vuole!)

Tip and Tricks

Nel momento in cui scrivo, il biglietto di ingresso costa 11€ per gli adulti (i bimbi entrano gratis).

Per chi giunge in auto (uscita Ercolano dell’A3), il garage adiacente gli scavi esige 2€ l’ora.
Per i più tenaci, è possibile anche sostare la macchina nei pressi degli scavi sulle strisce blu oppure, allontanandosi verso il centro, anche su strisce bianche (gratuite).

La guida ufficiale della Regione Campania (preparata e gentile): 10€ ad adulto.
Da quanto ho capito, la guida organizza gruppi di dieci, quindici persone e parte per il tour che dura dalle due alle tre ore a secondo del numero di persone, del meteo e … della resistenza.

Perché la visita è faticosa quanto affascinante.
E’ necessario organizzarsi con bottiglie d’acqua e cappellino, il sole non perdona (attenzione a non esagerare col bere, durante l’escursione non è possibile la sosta ai bagni).

Scavi di Ercolano, la magnifica macchina del tempo

Scavi di Ercolano, le (mie) foto

Mi rivolgo direttamente a te, amico Lettore.
Gli scatti non rendono giustizia alla magnificenza del luogo: visita gli scavi.

Osservazione di un turista alla vista degli scheletri:

«se l’eruzione fosse oggi, gli scheletri avrebbero tutti la stessa posizione: col cellulare in mano»

Come dargli torto.


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#SaveBikeSharingNapoli: se il MIUR mi ruba la bicicletta

Burocrazia del MIUR: il «mostro»

L’ultima «pedalata condivisa» risale allo scorso ottobre (2015).
Da allora, le bici arrugginiscono in chissà quale deposito mentre sale l’indignazione tra i cittadini: perché il progetto Bike Sharing di Napoli è fermo?

Il post Ridateci le bici! #SaveBikeSharingNapoli svela il mistero.
Il «mostro» ha un volto: la burocrazia, termine astratto per indicare l’inefficienza della farraginosa macchina pubblica capace di complicare (e fermare) un’idea tanto geniale quanto semplice.

In 15.000 per tre giri intorno alla Terra

Muoversi in città con il bike sharing presenta mille, innegabili vantaggi ed i numeri incredibili del progetto partenopeo lo dimostrano (io stesso ho provato il servizio con estrema soddisfazione).

Dal sito ufficiale::

Forse non lo sapevate, ma ci abbiamo creduto in più di 15.000 e insieme abbiamo percorso in bici oltre 120.000 km.
Circa 3 volte il giro della Terra, per intenderci!

Bloccare un’idea vincente a favore dei cittadini è tipico della burocrazia italiana, capace di ingessare un paese per una firma dimenticata su un modulo o la vacanza di un dirigente.
Oppure per negligenza ed incapacità.

#SaveBikeSharingNapoli, l’hastag dell’SOS

Gli organizzatori non si arrendono e lanciano l’SOS social.
L’hashtag #SaveBikeSharingNapoli vola su twitter: al MIUR giunge la rabbia, le proteste, richieste, testimonianze e foto dei tanti napoletani ai quali hanno scippato le bici.

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Invece di ampliare, chiudono

Il sottoscritto, fermo d’avanti la ciclostazione «fuori servizio» di Castel dell’Ovo, pone un quesito elementare: invece di combattere per ripristinare il servizio (gratuito) di condivisione della pedalata, non dovremmo festeggiare l’estensione del progetto e le aperture di nuove ciclostazioni?

In una città (o nazione?) normale la domanda sembrerebbe assurda, da noi invece assume un tono provocatorio che suscita la risposta cinica del Lettore assuefatto: «ma dove credi di vivere? A Stoccolma?».
Domanda rispedita al mittente: anche a Napoli abbiamo il diritto di pedalare!

Ridateci le bici! #SaveBikeSharingNapoli

Ciclostazione di Castel dell’Ovo di Napoli: il bike sharing fermo dall’ottobre 2015. Perché?

Col casco ma senza le bici

Sul lungomare di Napoli, alla visione dell’ennesima ciclostazione in disuso, con i monitor spenti, i display privi di qualsiasi segnale vitale, l’assenza delle bici colorate, abbandonata al suo triste destino per colpe non sue, sorrido amaro alla mia stessa battuta:

 a Napoli usiamo il casco ma ci hanno tolto le bici

Mettiamo la parola fine a questa (ennesima) vergogna.
Ridateci il Bike Sharing.


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