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Tag: napoli (Page 6 of 25)

Le quattro frecce napoletane

«Ma ho le quattro frecce accese!»

«Si sposti, qui non può parcheggiare» il vigile urbano, cordiale, mi invita a traslocare l’auto.
Fermo, in sosta vietata, attendo un amico uscire dall’aeroporto di Capodichino.
«Ma ho le quattro frecce accese!» ribatto, scandalizzato dall’assurda richiesta.

Perché accendere le quattro frecce, autorizza l’automobilista napoletano ad ogni tipo di manovra/azione.

Prima di sparare a zero contro il «mostro» di turno, un esame di coscienza è obbligatorio.
Scagli la prima pietra chi non ha mai fermato l’auto in doppia fila, con le quattro frecce accese, per comprare al volo il giornale o le sigarette?
O – peggio – parcheggiato sulle strisce pedonali, sempre con i segnalatori attivi, per indicare «giusto un minuto e torno».

A Napoli, le quattro frecce ti autorizzano a tutto?

Quattro frecce, il nostro alibi

La presenza delle quattro frecce fornisce il giusto alibi morale all’automobilista irrispettoso delle regole.

Il lampeggiare delle luci indica la temporaneità dell’infrazione e dunque, l’impunità.
Come se, sostare in doppia fila per dieci minuti, fosse consentito e tollerato.
Dopotutto, violare la regola per un tempo transitorio, è accettato e considerato «normale».

Ben presto, però, con l’assuefazione, l’intervallo temporaneo si dilata e veder circolare uno scooter sul marciapiede diviene normale come l’ordinaria sosta selvaggia delle auto sulle strisce pedonali o i furgoni davanti le rampe impedendo l’accesso ai marciapiedi a chi necessita.

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Lo sfogo (giusto) del vigile urbano

«Voi e ‘ste quattro frecce! A Napoli basta che le accendete e siete convinti di poter fare quello che volete!!!» inveisce il vigile urbano con uno sfogo legittimo e spontaneo.

L’episodio è accaduto una quindicina di anni fa ma lo ricordo come se fosse oggi. Perché il tutore della Legge aveva pienamente ragione.

Le quattro frecce non autorizzano l’automobilista a violare le regole ed il rispetto della collettività non ammette deroghe.

Nemmeno per qualche minuto.
Nemmeno con le quattro frecce accese.


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Vendo vero smog (sporco e nero) [FOTO]

Vendo dati smog luglio – settembre 2017

Periodo di pedalate: primi di luglio, fine settembre.
Come ogni tre mesi, sostituisco il filtro della maschera antismog.

Perchè recarsi al lavoro in bici è un’ottima idea – per la mente e per il fisico – ma richiede le opportune difese.
In primis, la maschera antismog contro le polveri sottili, il «mostro» invisibile.

D’altronde, il suddetto filtro (lercio) ricopre un ruolo statistico importante: in assenza di dati credibili sull’inquinamento reale a Napoli, lo stato di usura del filtro della maschera antismog è un ottimo indice di misurazione dell’avvelenamento dell’area cittadina.

Il sottoscritto, vista la perenne crisi economica che attanaglia le Istituzioni, è disposto a vendere agli enti interessati, il filtro sporco di smog per eventuali misurazioni.

Il filtro della maschera antismog dopo tre mesi di utilizzo

Al museo nazionale non c’è smog?

Il sito dell’ARPAC CAMPANIA riporta le tabelle riassuntive relative alle “Mappa interattiva Rete di Monitoraggio della Qualità dell’aria” con le zone ed una media giornaliera dell’U.M.
Tabelle comprensibili solo ad un esperto.

Ad esempio, nel momento in cui scrivo, al Museo Nazionale di Napoli, per ottobre 2017, viene indicata una media giornaliera pari a 39. 
Ad Acerra, invece, nello stesso periodo, nei pressi della scuola Caporale, c’è un pericoloso 54 digitato in rosso – credo, per indicare, un valore superiore alla media consentita.

I dati dell'ARPAC CAMPANIA ottobre 2017 non indicano smog al Museo Nazionale?

Dunque, dalla dati ARPAC, si evince che nella zona del museo nazionale di Napoli, congestionata dal traffico H24 e smog alle stelle, l’inquinamento non supera il livello di pericolo?
Interpreto bene i dati pubblicati?

Lo scrivente, ogni giorno, in bici attraversa la suddetta zona.

Continui zig-zag tra le auto bloccate nel solito mega-ingorgo, incrocio paralizzato a tutte le ore del giorno, vigili eroici per il rispetto del semaforo, autobus che sbuffano fumo nero e l’esercito di scooter guidati da mille Valentino Rossi senza regole.
Tutti davanti al museo nazionale di Napoli.
Ogni giorno.
Per tutto l’anno.

La testimonianza dei livelli di smog sono stampati sul filtro della maschera antismog: le macchie scure parlano chiaro – al contrario dei numeri dell’ARPAC.

Il filtro della maschera antismog dopo tre mesi di utilizzo

Proposta: un filtro al posto della centraline

Se ho ben inteso le informazioni divulgate dall’ARPAC CAMPANIA, deduco il malfunzionamento delle centraline installate nei pressi del Museo Nazionale.

Propongo di sostituire questi costosi macchinari – forse, privi della corretta manutenzione? – con i filtri della maschera antismog dei vari ciclisti napoletani.
Per risparmiare i soldi dei contribuenti ed ottenere dei dati reali dell’inquinamento.

Per i mesi precedenti, metto a disposizione i miei vecchi filtri.
Lerci, sporchi, usurati ma veri indicatori dello smog cittadino.


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Il pallonaro, misteri e segreti dei calciatori gay [RECENSIONE]

Calciatori, nessun coming out

In Italia vige l’assioma: nessun calciatori è gay.
Da questo dogma (ipocrita), nasce Il pallonaro di L.R. Carrino.

L’autore pone un quesito irrisolto: perché i calciatori gay – dalla SerieA all’ultima lega dilettanti – non dichiarano la propria omosessualità?

Dalle cronache sportive, non emergono coming out.

Da quanto il calcio si giocava solo la domenica pomeriggio fino al campionato spalmato dal venerdì al lunedì e trasmesso dalle pay-tv in mezzo mondo, gli atleti rispettano un patto segreto, inviolabile: i calciatori non possono essere gay.

Perchè la realtà è occultata?

L.R. Carrino, autore de Il pallonaro

Il pallonaro: a tratti scurrile, perchè?

La narrazione scorre veloce come i dribbling di Diego De Martino, il personaggio intorno al quale ruota l’intera vicenda.

Il libro si sviluppa come il Campionato: dietro ogni capitolo, una partita.
Dettagli che evidenziano la passione calcistica dell’autore, l’amore per lo sport di molti giovani, il talento di chi vuole solo giocare a calcio e viene sfruttato dal sistema inquinato che ruota intorno al pallone.

Però un’osservazione è necessaria: perché, in alcuni tratti, il romanzo scade nello stile e l’autore utilizza termini triviali che, al sottoscritto, infastidiscono?

Se avrò la possibilità di intervistare L. R. Carrino, chiederò lumi.

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Occultare la verità per conservare il Sistema

Il pallonaro descrive l’ottusità di chi manovra i fili (calcistici).

Procuratori, dirigenti ed ultras nascondono la verità.
Perché?
Scoprire l’omosessualità del Capitano della squadra del cuore, sarebbe sconvolgente?

Secondo l’autore, l’omosessualità rischia di inceppare il Sistema-Calcio.
E dunque, bloccare il flusso di denaro indotto.

Costruire un prodotto (televisivo) che non muti nel tempo, uguale a se stesso, con le certezze di sempre, senza shock per lo spettatore-tifoso.
Con censura della realtà.

Omosessualità, a chi interessa?

La lettura de Il pallonaro non scioglie un dubbio amletico: a me, tifoso, perché sconvolge l’omosessualità nel calcio?
A me, appassionato di sport, perché importa conoscere i gusti sessuali del Capitano della Nazionale?
A me, cittadino, perché scombussola scoprire l’omosessualità del vicino di casa?
A me, impiegato d’ufficio, perché sorprende il collega-gay?

E’ davvero così importante individuare se un amico/collega/parente frequenta una persona del suo stesso sesso?

Il libro di L.R. Carrino. non risponde a tale quesito.

Però ha il merito di affrontare l’argomento e scoperchiare una verità mal celata: l’omosessualità nel calcio esiste.
Fatevene una ragione.

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L’augurio del fan imbrattatore [FOTO]

Dichiarare senza imbrattare?

Osservo sbigottito il cuoricino vicino al nome del sottoscritto.

Il “MARIO” scritto a lettere cubitali, di nascosto, dalla mano tremante di un timido fan?

Quel nome – il mio nome! – compare all’improvviso.
L’augurio stampato sul muro bianco, proprio di fronte l’ufficio dove, ogni giorno, passo e ripasso.
Ed il puntino sulla “i” trasformato in un altro piccolo cuoricino, una dolce dichiarazione per l’amato MARIO – lo scrivente!

Ma, la tenera dedica pubblica, al sottoscritto suscita rabbia più che commozione.
Perchè trattasi di un orribile segno di inciviltà.

Auguri Mario! Il fan imbrattatore colpisce ancora!

Imbrattare=degrado

Imbrattare un muro è il primo segno del crescente degrado urbano.

La mancanza di rispetto per la collettività, il menefreghismo totale delle regole basilari del vivere insieme, l’abuso della libertà concessa, la vigliaccata di un ignorante.

L’indifferenza di chi dovrebbe controllare e – casomai – ripulire la parete completa il pietoso quadro (sporco).
Lasciamo alle intemperie il compito di cancellare il gesto vandalico, il tempo correggerà ciò che l’uomo danneggia.

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L’appello all’imbrattatore innamorato

Imbrattatore innamorato, invia un segnale di civiltà al tuo Mario: in una notte d’ottobre, adoperati e fa tornare la parete allo splendore iniziale.

Così attirerai di nuovo l’attenzione del tuo partner ed i complimenti del sottoscritto.
Attendo fiducioso.

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Parco Viviani, chiuso per troppo amore? [FOTO]

Parco Viviani, il verde negato

Il Comune di Napoli ama il verde.
Lo ama alla follia.
Perciò lo protegge.
Da tutti.

Come quei fidanzati, talmente gelosi della propria donna, da isolarla dal resto del mondo.

Questo sentimento ossessivo è il motivo per il quale il parco Viviani, a via Girolamo Santacroce – quartiere Avvocata, è chiuso da un tempo indefinito?

Per proteggere i giardini dai bambini?
Per evitare ai cagnolini di calpestare i prati?
Per impedire a chi, dopo una passeggiata nel relax, si appoggi al tronco di un albero?

Napoli, il Parco Viviani, quando riaprirà?

Avvocata, un quartiere nella morsa dello smog

Per chi dirige la città, sembra valere un’equazione inversa alla normalità: più il quartiere è intasato dallo smog, di meno verde deve godere.

Perché il Sindaco e l’assessore all’Ambiente dovrebbero lottare con ogni forza (e fino all’ultimo centesimo) per garantire l’apertura totale di tutti i parchi pubblici.

«Mancanza di personale», «lavori di manutenzione», «gesti vandalici» sono i motivi più gettonati di fronte all’ennesimo cancello sbarrato.

Il parco Viviani si estende tra il corso Vittorio Emanuele ed il Vomero, due zone di Napoli congestionate dal traffico cittadino.

Quartieri dove, per un bimbo, giocare a calcio in un campetto libero da auto e scooter, resta una lontana utopia.
Zone nelle quali un angolo di verde assume un ruolo simbolico e pratico fondamentale.

E noi, chiudiamo l’unico polmone dell’Avvocata.

Napoli, il Parco Viviani, quando riaprirà?

Chiuso (anche) ai fumatori

Torno al parco Viviani per verificare la chiusura della fontana malata.

All’ingresso campeggia un cartello con l’ordinanza 1804 del 16/11/07: nel parco è vietato fumare.

Già, nel parco.
Appunto, dentro al parco.
Se riuscissimo ad entrarci! – fumatori e non.

Napoli, il Parco Viviani, quando riaprirà?

Parco Viviani, quando la riapertura?

Dunque, è come sospettavo.
L’amore del Comune di Napoli per il verde è totale.
L’ingresso è impedito a tutti.
Non ci resta che attendere la fine dell’infatuazione.

Nel mentre, fotografo il meraviglioso panorama che si apprezza dal parco Viviani.

Anzi, da fuori al parco Viviani.

Napoli, il Parco Viviani, quando riaprirà?


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Top Ciuccio

Il Ciuccio, primo in classifica!

Per chi è abituato a vivere a livello del mare, ritrovarsi in cima alla montagna più alta d’Italia, è un’esperienza da ricordare (nel caso del sottoscritto, un post celebrativo).

Dall’alto della vetta, il Ciuccio azzurro protegge gli occhi con la zampa e guarda lontano.
Giù, lungo il pendio, un gruppetto tenta – con fatica – la scalata.

La zebra, in testa agli inseguitori, è arrabbiata: non abituata a rincorrere, arranca mentre scalcia per tener dietro gli altri.

La lupa passeggia senza convinzione: conscia di non poter mai raggiungere il Ciuccio, partecipa alla competizione perché costretta.

I diavoli cinesi perdono terreno al primo ostacolo mentre i cugini (sempre cinesi) tallonano la zebra (ma, detto tra noi, scalano con uno stile inguardabile).

Più distante, un’aquilotto impaurito prova a decollare senza successo.

Top Ciuccio, il momento magico del Napoli

Il Ciuccio? Il più bello di tutti!

Il Ciuccio respira a pieni polmoni, l’aria frizzantina della vetta rinvigorisce e mette di buon umore.
E, grazie al calendario favorevole, resterà in cima indisturbato per altre due settimane.

Poi, la corsa riprenderà.

Tutti a rincorrere il Ciuccio trasformatosi in lepre.

La caccia è aperta, la stagione è ancora lunga, impossibile prevedere come andrà a finire.
Però una certezza aleggia nel disordinato gruppo degli inseguitori: il Ciuccio è il più forte e bello di tutti, merita la vetta.


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La fontana pubblica perde acqua: a chi tocca intervenire? L’odissea di un cittadino tenace

La fontana pubblica e la folle burocrazia 

Questa storia merita la dovuta attenzione perché è tanto assurda quanto significativa.

Avete mai segnalato a chi di dovere una perdita d’acqua proveniente da una fontana pubblica?
A chi tocca intervenire?

Il sottoscritto ci ha provato scontrandosi contro un muro di gomma, lo scaricabarile tra impiegati svogliati, le mille distorsioni di una burocrazia malata.

A voi la cronaca di una serata assurda – con un possibile happy end.

La fontana pubblica malata: a chi tocca intervenire?

La fontana pubblica nel parco Viviani
(parco chiuso da mesi per manutenzione)

Il rumore di una cascata d’acqua attira l’attenzione del sottoscritto.
Dall’alto di via Girolamo Santacroce (Napoli), scruto l’orizzonte fino ad individuare una fontana pubblica.
Che perde copiosi litri d’acqua.

Il fiume è nel parco Viviani, tra il Vomero ed il corso Vittorio Emanuele, ben visibile dalla strada dalla quale mi trovo.

Breve parentesi sul parco Viviani

Il quartiere Avvocata, sempre congestionato dal traffico, necessita di verde ma il parco Vivaini, a quanto mi riferiscono, è chiuso da svariati mesi «per manutenzione».
Altro mistero che, prima o poi, affronterò.

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I Vigili del Fuoco? Non è compito loro

Appena rientro, telefono ai Vigili del Fuoco per segnalare la macro perdita.
Dopo svariati tentativi per parlare con un operatore ed interminabili minuti di attesa – e se necessitavo di un intervento urgente? – parlo con un gentile Vigile del Fuoco.

L’uomo mi spiega che «non è loro competenza, devo chiamare l’ARIN» (l’azienda del Comune che si occupa dell’acqua pubblica).

L’ARIN?
Ripara solo le perdite d’acqua per strada

Dalla pagina dei contatti dell’ABC (ex ARIN), prendo nota dei numeri di emergenza H24: 800.00.95.85 / 081 5639210

Inizio il secondo giro di tentativi: chiamo, attendo, nulla.
Riprovo, riprovo, ancora, infiniti bip bip muti.

Mentre attendo un operatore con cui parlare, ascolto i consigli dell’ARIN sul corretto utilizzo dell’acqua onde evitare inutili sprechi.
Notevole.

Arrabbiato, invio un tweet al Sindaco ed al Comune:

Dopo mezz’ora di tentativi andati a vuoto, deduco che se avessimo avuto una reale emergenza stradale, il quartiere poteva tranquillamente annegare.

Quando oramai cedo alla delusione, risponde una voce amica!

Spiego il semplice problema: «nel parco Viviani, c’è una grossa perdita d’acqua in atto».

Mi chiede di restare in attesa.

Dal telefono sento un brusio di voci, l’impiegato si confronta con un altro collega dopodiché sentenzia: «il problema non è di nostra competenza. Deve chiamare l’ufficio tecnico del Comune di Napoli».

Ribadisco: «ma non siete voi gli uffici del Comune?».

Incalzato, spiega: «noi interveniamo solo sulle perdite d’acqua per strada, per le fontane presenti nei parchi c’è l’apposito ufficio. Chiami i Vigili Urbani, loro hanno una squadra di pronto intervento».

Perplesso, continuo l’odissea tra call center e (ipotetici) numeri d’emergenza.

La fontana pubblica malata ed il vigile urbano al servizio dei cittadini

Vigili urbani, cortesia e buona volontà

Contatto i Vigili urbani del Vomero.

Dopo due ore dalla prima telefonata al 115, ancora nessun intervento.
Solo burocrazia, scaricabarili e muro di gomma.

Al vigile urbano di turno, spiego la questione.
Ridiamo di gusto quando ripeto le parole dell’addetto ARIN: «chiami i Vigili Urbani, loro hanno una squadra di pronto intervento».

Stavolta, però, al telefono percepisco la buona volontà, la professionalità e il rispetto del ruolo istituzionale del tutore della Legge.

Mi rassicura: «noi siamo al servizio dei cittadini e la ringrazio per averci segnalato il problema. Ovviamente non abbiamo nessuna squadra di pronto intervento però le garantisco che mi occuperò personalmente della questione».

Ringrazio il rappresentante dello Stato, ce ne fossero di impiegati così!

L’happy end (forse)

Dopo mezz’ora dall’ultima telefonata, squilla il cellulare.
E’ il vigile zelante!

«Le volevo informare che ho contattato tutti gli uffici competenti e forse una squadra della Protezione Civile a breve interverrà. Ancora grazie per la segnalazione, noi vigili urbani siamo al servizio dei cittadini perbene come Lei. Ossequi».

Non ho il tempo di ringraziare, l’uomo riattacca.

Resta confermata la teoria: laddove latita l’organizzazione generale, l’azione del singolo colma le lacune istituzionali.

Dopo qualche minuto, stupito, rifletto: per riparare una semplice perdita d’acqua, per una fontana pubblica, deve arrivare addirittura la Protezione Civile?!

Pazzesco.
Surreale.
Eccessivo.

Però, alla fine, ce l’abbiamo fatta.
Qualcuno interverrà.
Forse.

Come dice il vigile zelante: «noi di più non possiamo fare, nè io come Vigile nè lei come cittadino».

Invece qualcosa possiamo ancora fare, caro Vigile.
Controllare l’avvenuta riparazione.
Denunciare pubblicamente l’episodio.

E ringraziare chi – come Lei – lavora per la collettività con il corretto senso dello Stato.


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Un saluto speciale. Dopo 3000 chilometri e 200 ore. In bici.

Napoli, dopo 3000 KM in e-bike …

Al chilometro tremila registro un importante evento: ricevo un segnale contro l’indifferenza.

Fine agosto, rientrato da qualche giorno dalle vacanze, ricomincio a pedalare nel solito tragitto casa-lavoro-casa.

Al semaforo di via Duomo, all’incrocio con la sempre trafficata via Foria, fermo sulla e-bike, attendo il verde.
Come ogni pomeriggio, dal lunedì al venerdì.

L’uomo sembra felice di vedermi.
Quasi mi aspettasse, io, ciclista metropolitano chiuso nella maschera antismog.
Lui, mendicante, la strada la sua casa.

Vive di elemosina, chiede pochi centesimi alle auto in attesa del via, a volte racimola una sigaretta da qualche automobilista generoso, spesso la sua presenza invisibile non merita l’attenzione dei passanti.
Come se fosse normale vedere una persona in perenne povertà, al semaforo, a mendicare per sopravvivere.

L’osservo: dignitoso, umile, mai maleducato o aggressivo.
Da qualche tempo, ogni pomeriggio, quando giungo all’incrocio, sorride e mi saluta.

Al km.3000, un saluto speciale contro l'indifferenza

200 ore in sella ma …

Taglio l’importante traguardo delle 200 ore in sella – 3000 km. di pedalata cittadina – ma da qualche giorno, nessuna traccia dell’uomo.
Giunto al semaforo di via Duomo, mi guardo intorno ma non lo vedo più.

Chiuso nel mio mondo, non ho mai rotto il muro della diffidenza per rivolgergli la parola.
Mi limitavo a rispondere al suo saluto speciale.
Dopotutto, non sono migliore dei tanti automobilisti indifferenti alle richieste di elemosina dell’uomo.

Chissà se domani l’incontrerò.
Mi auguro di no.

Magari il suo saluto indicava un cambio di vita, un addio alla povertà.
Magari avrà giocato una schedina vincente al Superenalotto.
Oppure, qualche automobilista non indifferente – perché esistono! – avrà offerto all’uomo una seconda possibilità?

Duecento ore in e-bike e tremila chilometri di pedalate dopo.
Penso positivo.
E’ possibile cambiare ciò che appare ineluttabile, lo dimostra l’esercito dei ciclisti napoletani in costante crescita.

Magari domani è un giorno migliore.
Anche per l’uomo al semaforo capace di scegliere un destino diverso?

forse la vita non è stata tutta persa 
forse qualcosa s’è salvato 
forse davvero non è stato poi tutto sbagliato 
forse era giusto così 

Un saluto speciale, dopo 200 ore in sella


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San Gennaro si difende come può [FOTO]

San Gennaro, il giorno prima

Scatto la foto martedì 18 settembre, il giorno prima del sospirato miracolo partenopeo.

I dissuasori gialli compaiono anche a via Duomo, nel centro storico di Napoli, lungo la via dei musei, nell’arteria che porta dalla centralissima via Foria al tesoro di San Gennaro.

Parcheggio la e-bike, immortalo la scena, un quadro dei nostri tormentati tempi moderni.

Via Duomo, San Gennaro si difende come può

Via Duomo, un lungo zig-zag

La manifestazione si snoda in un lungo zig-zag, i dissuasori incuriosiscono i passanti più che spaventare.
Via Duomo è presidiata dalle forze dell’ordine, nessuna auto in sosta selvaggia, pochi scooter … oggi percorrerla in bici è un vero piacere.

In attesa del miracolo – e della grande folla di fedeli – la sicurezza è garantita.

Via Duomo, anche San Gennaro si difende come può

I dissuasori-panchine

Se riflettiamo in modo asettico, la presenza dei dissuasori gialli è un sintomo che fa rabbrividire.

Difenderci da un nemico invisibile, con ogni mezzo, proprio sotto casa.
Assurdo.

Meglio sorridere con la riflessione tutta napoletana di uno spettatore nei pressi del Duomo sull’uso delle barriere gialle: «almeno c’assettam!» (almeno ci sediamo).

Via Duomo, anche San Gennaro si difende come può

Via Duomo, San Gennaro si difende come può


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Da Google a Telegram, una collezione di «mostri», regalo di un amico

Il regalo viaggia su Telegram

Il mio amico Pasquale – l’ideatore della sempre attiva e fantasiosa community GooglePlus Napoli Image Naples, mi sorprende via Telegram.

Il buontempone compone una collezione di (miei) post in una unica pagina – chiara, ben leggibile, affettuosa: Sulle tracce in community dell’amico Mario.

Clicco e la sorpresa si materializza sullo schermo dello smartphone: dagli articoli impegnati ad argomenti spensierati passando per la lettera a Il Mattino sulla giungla di viale Kennedy e la successiva ed indimenticabile vittoria dei 715 mila Mi Piace.

Fiumi di inchiostro, milioni di parole, passione infinita condivisa con lo stesso spirito da Pasquale, i moderatori e gli amici di Napoli Image Naples.

Sulle tracce in community dell'amico Mario, il regalo viaggia su Telegram

Dove c’è passione …

Rileggo il post Telegram di Pasquale. con attenzioni – anche più volte.
Rivedo i temi nei quali credo, le denunce convinte, le mille considerazioni condivise o cadute nell’indifferenza generale.

Leggo come se fosse un libro, un insieme di articoli nati dalla passione e dalla convinzione: immaginare una società migliore è il primo passo per cambiarla.
Come?
Con le nostre azioni quotidiane, con l’esempio, agendo in prima persona.

Ringrazio pubblicamente Pasquale.

Per il tempo speso a comporre il regalo Telegram.
Per la dedizione nel raccontare Napoli attraverso le immagini,
Perché spesso chiede l’opinione del sottoscritto ed è un ascoltatore paziente ed attento.

Ma soprattutto, perché è un mio sincero amico.


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Scuola CAPALC/2, l’ex ecomostro: a settembre la prima campanella. Dopo 41 anni.

Scuola CAPALC/2, apertura cantiere: 1976

L’ex ecomostro sembra un lontano ricordo, oggi la scuola CAPALC/2 è pronta ad ospitare gli studenti di Bagnoli, Fuorigrotta e zone limitrofe.

L’annuncio del sindaco De Magistris (settembre 2016), dunque, risulta vero e chiude un capitolo vergognoso più volte denunciato dai media (con la foto del sottoscritto pubblicata nella rubrica RiFatto de Il Fatto Quotidiano)

Siamo ad agosto 2017.
Sono trascorsi 41 anni dall’apertura del cantiere.

Quarantuno anni per completare un’opera pubblica.
Quarantuno anni di sperpero di fondi statali.
Quarantuno anni di scandali senza un colpevole.
Quarantuno anni di oscenità politiche.

Un cittadino qualsiasi, però, oggi – dopo 41 anni! – si pone alcune elementari domande che meritano risposte convincenti.

La scuola CAPALC/2, ex ecomostro oramai terminata (dopo 41 anni!)

La scuola CAPALC/2 rispetta le norme attuali?

Dopo 41 anni dal primo mattone, possiamo affermare che le aule, i laboratori, le palestre, la mensa, la segreteria rispondano alle norme vigenti?

In un Paese normale, l’osservazione risulterebbe offensiva ma nel nostro caso, dopo quasi mezzo secolo dall’inizio dei lavori, non si può dare nulla per scontato.

Anche in termini di sicurezza: la scuola CAPALC/2 rispetta le nuove regole antisismiche?

La scuola CAPALC/2, ex ecomostro oramai terminata (dopo 41 anni!)

Scuola CAPALC/2, la posizione

La scuola CAPALC/2 sorge nel quartiere Fuorigrotta, non distante da Bagnoli ed Agnano, al confine tra Napoli e Pozzuoli.

La strada – via Terracina – è molto trafficata (c’è anche l’ospedale San Paolo dotato di Pronto Soccorso) e gli unici mezzi pubblici che servono la zona sono gli autobus dell’ANM.

Nei dintorni della scuola CAPALC/2, non è presente nessuna fermata della metropolitana o treno locale.

Perché la città, durante questi lunghi 41 anni, ha cambiato volto.
Mentre i lavori dell’opera pubblica si bloccavano, riprendevano, attendevano nuovi finanziamenti, a Napoli la viabilità ha subito cambiamenti profondi.

Chiedo: oggi, nel 2017, avrebbe ancora senso costruire la scuola nell’attuale zona di via Terracina?

La scuola CAPALC/2, ex ecomostro oramai terminata (dopo 41 anni!)

In cerca di risposte

Da cittadino non assuefatto alle varie «mostruosità», invierò i suddetti quesiti agli organi competenti.

In caso di risposte, vi aggiornerò con tempestività.

Nel mentre, godiamoci il suono della prima campanella emesso dalla CAPALC/2.
Dopo 41 anni, il trillo vale oro.


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Napoli ad agosto? In bici (senza museruola)

La museruola antismog

«Guard a chist, ten a museruola!»
L’energumeno sul motorino – senza casco, ovvio – indica all’amico-passeggero il sottoscritto, ciclista metropolitano anche in questo agosto bollente.

Dopo l’ufficio, in bici, percorro via Toledo in cerca del refrigerio che non c’è.
I quaranta gradi colpiscono duro, gocce di sudore colano lungo il viso mentre boccheggio attraverso il filtro elettrostatico della maschera antismog.

I due giovinastri sullo scooter, affiancano l’e-bike e mi osservano curiosi come se avessi tre braccia e due teste,
Il guidatore indica il sottoscritto e spara la battutaccia, il passeggero sorride (per complicità più che divertimento), accelerano e volano via a tutto gas sputando una nuvola nera di puro smog cittadino.

Trovo l’episodio interessante.

L’invettiva del teaneger napoletano – pur nella sua grettezza – appare corretta poiché pone un interrogativo di ordinaria civiltà: la museruola, quando indossarla?

La mia museruola antismog

La museruola non è obbligatoria

Per strada, nei giardini pubblici, in ascensore: incontro gli amici quadrupedi, a spasso con i «padroni», in ogni angolo della città e non ricordo mai un cane con la museruola.
Nemmeno in metropolitana, all’ora di punta con i pendolari zippati, i cagnolini con la lingua penzolante e gli occhi spaventati, viaggiano sprovvisti.

Il sottoscritto, invece, assuefatto all’uso indiscriminato ed attento a combattere lo smog (il «mostro» invisibile) smarriva il piacere di pedalare per Napoli.

La città è mezza piena (mai completamente vuota), il traffico tollerabile, la scossa dell’energumeno mi regala la libertà dimenticata.

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Ad agosto, libero di pedalare per Napoli 

Da due giorni, vado in bici senza la museruola-maschera-antismog.

Libero dalla protezione, all’andata del viaggio – di buon mattino – assaporo l’aria fresca della città che ancora dorme ed al rientro dall’ufficio, ritrovo il senso di relax che solo una sana pedalata regala.

E’ proprio vero: c’è sempre da imparare.
Anche dall’insulto innocente di un giovane scugnizziello maleducato 🙂


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