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Tag: napoli (Page 7 of 25)

A Napoli la pista ciclabile più sbiadita d’Italia [FOTO]

La pista ciclabile? Compare e scompare

Felice, osservo il disegno della bici mentre pedalo baldanzoso lungo la pista ciclabile di via Duomo, nel cuore di Napoli.

In alcuni punti, lo schizzo è ben evidente, in altri si dilegua lentamente fino a sparire.

A dirla tutta, non si tratta di una pista ciclabile classica – un lato della strada riservata alle bici – ma, per usare un eufemismo, di una buona intenzione.

Napoli, a via Duomo la pista ciclabile sbiadita

La pista ciclabile disegnata sulla strada

Disegnare una bici lungo la strada per delimitare uno spazio fisico, equivale ad immaginare una pista ciclabile senza costruirla.

Un progetto rimasto sulla carta realizzato col minimo sforzo.

Perché la manutenzione della pista ciclabile immaginaria è pressoché nulla: anche nella centralissima via Toledo il tratteggio della bici indica un possibile percorso dedicato che, puntualmente, sta svanendo nell’indifferenza generale.

Napoli, a via Duomo la pista ciclabile sbiadita

Come il giovane Indiana Jones

Continuo a pedalare lungo via Duomo.
Incuriosito, aguzzo la vista.
Mi sento come il giovane archeologo Indiana Jones che, col pennellino, sposta la polvere dai reperti per scovare l’opera d’arte nascosta.

Qualche traccia è più evidente, altre sono sparite del tutto.

Auto, moto e passanti ignorano completamente l’esistenza della pista ciclabile immaginaria.

Addirittura, una macchina parcheggia sul disegno di una bici e costringe i ciclisti ad una deviazione lungo l’illusorio percorso riservato!

Napoli, a via Duomo la pista ciclabile sbiadita

Quando una vera pista ciclabile?

Mi chiedo: quale il senso?
Dovrei parlare con San Gennaro che, poco distante, ogni anno ripete il miracolo.

Una vera pista ciclabile, un miracolo, appunto.
Che un giorno, sono sicuro, si realizzerà.

Nel mentre, qualcuno armato di pennello, vernice (meglio se indelebile) e buona volontà, potrebbe ridisegnare le bici lungo la strada?
Fate presto però: la pista ciclabile di via Duomo sta scomparendo!


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Casi di successo, due esempi da studiare

Lorenzo Marone, da avvocato a scrittore

Lo stesso Lorenzo Marone – nell’intervista esclusiva rilasciata al sottoscritto – conferma il salto: in un momento di pura follia, abbandona la strada sicura dell’avvocatura per seguire la passione (incerta) della scrittura.

Diventerà un caso di successo nazionale.

La scelta di Lorenzo Marone è sostenuta da un evidente talento ed una giusta dose di rischio.

>Perchè studiare i casi di successo?

IoCiSto, la libreria di tutti

Nel cuore del Vomero, la zona collinare di Napoli, da qualche anno spopola la libreria IoCiSto.
Nata dal coraggio di un gruppo di cittadini che, nel momento di massima crisi dell’editoria, invece di dietreggiare, attacca e fonda la libreria di tutti.

La storia di IoCiSto è un caso di successo basato sulla determinazione, convinzione e passione.

Laddove in molti falliscono, gli amici del Vomero realizzano un sogno che, a distanza di anni, cresce e rappresenta un ottimo esempio da seguire.

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Talento, passione e rischio: gli ingredienti dei casi di successo

Il talento per la scrittura, il rischio nell’abbandonare la certezza per l’incognita, sono gli ingredienti evidenti nel primo caso di successo, l’affermato Lorenzo Marone.

La passione per i libri, la forza di convinzione per percorrere controcorrente il fiume degli eventi, sono gli elementi del secondo caso di successo, la libreria di azionato popolare di Napoli.

In entrambe le storie, in un istante speciale, giunge la scintilla che cambia il flusso degli eventi.
Quel momento magico nel quale mettere in discussione i risultati raggiunti, porre la fatidica domanda «è veramente ciò che voglio?», credere in se stessi e cambiare strada.

Studiare i casi di successo serve a carpire il momento nel quale scoppia tale scintilla, la fiamma che sta dietro ogni sogno realizzato.


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Luigi Borrone, il fotografo che ferma il tempo [INTERVISTA]

Luigi Borrone, fotografo per passione

«Amo la fotografia perché unico strumento per fermare il tempo.
Due foto scattate nello stesso istante, non saranno mai uguali»

Così si presenta Luigi Borrone, fotografo per passione.

Sempre sorridente, il mio amico è un tipo sensibile e con la battuta pronta.
Il buon umore di Luigi, però, non oscura il lato artistico e profondo di un ragazzo che ama la sua terra, la magnifica zona flegrea, protagonista di mille colorati scatti pubblicati (anche) sul canale Instagram.

Luigi Borrone, fotografo per passione

Luigi Borrone: come fermo il tempo

D: Luigi, ci spieghi perché «due foto scattate nello stesso istante, non saranno mai uguali?»
R: La macchina fotografica e l’unico strumento per fermare il tempo.
Ci sarà sempre quel nano secondo che rende due foto scattate in sequenza diverse l’una dall’altra.

Luigi Borrone, il fotografo che ama fermare il tempo

I trucchi di una buona foto

D: Luigi, la magnifica zona flegrea è spesso il soggetto delle tue foto.
Quanto conta il panorama per rendere uno scatto speciale?
R: Non sono mai stato un grande amante della foto di paesaggio.
La trovavo noiosa.
La luce del sole, nulla che si potesse costruire, dover sottostare ai tempi e ai modi della natura … orribile non poter “fare la luce” ma doverla solamente “subire”.
Ma essere nato nella zona flegrea, ha cambiato il mio rapporto con la fotografia di paesaggio.
Come fai a non immortalare la bellezze di questa terra?

D: Luigi, le tue pubblicazioni, oltre per lo scatto unico, si caratterizzano anche per le storie narrate: viene prima l’immagine oppure la parola?
R: Viene prima la parola.
Prima di scattare, bisogna avere le idee chiare ed è la chiarezza ad influire sul risultato finale facendo la “differenza”.
Oggi con il digitale si scattano milioni di foto; io, da piccolo, con la cara vecchia reflex, ricordo bene le 24 pose e il costo dei rullini.

D: I tre consigli per una bella foto?
R: Non saprei, io – come ti dicevo – sono un fotografo per passione.
Guardo molte foto scattate dagli altri, non sono in grado di fornire consigli.
Posso solo dire di mettere passione in ogni scatto.

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L’emigrante che odiava il mare

D: E’ tempo di rivincite: quale è lo scatto nel quale credevi ed invece è passato perlopiù inosservato?
R:  E’ uno scatto attuale, sul tema degli emigranti.
Queste persone provengono dal deserto e non hanno mai visto il mare.
Tante volte sono costretti, oltre al viaggio che affrontano, a vendere oggetti sulle nostre spiagge.
Una volta, dopo che scattai una foto ad un emigrante, mi fermai per mostrargliela e gli chiesi se sapesse nuotare.
Mi disse di no.
Veniva dal deserto libico, lui odiava il mare.

Luigi Borrone e l'emigrante che veniva dal deserto (e non sapeva nuotare)

Il bianco e nero

D: In una foto, quando il bianco e nero?
R: Usare il bianco e nero è puramente una scelta artistica, nessuno ci obbliga ad impiegarlo.
Del colore, si dice che sia una grossa distrazione.

D: Luigi, credi sia giusto ritoccare le foto? Non rischiamo di snaturare l’originale?
R: Qualche ritocco ci può stare, ma non tanti altrimenti la fotografia rischia di diventare un’immagine che la macchina fotografica non potrà mai riprodurre, quindi bella solo visivamente ma senza significato.
Di seguito, un esempio di foto modificata.

Luigi Borrone, il ritocco solo se necessario
luigi_borrone ed il foto ritocco

La foto denuncia

D: Luigi, sei su faCCebook.eu, il blog ufficiale dei «mostri»: a tal proposito, ne hai mai immortalato uno?
R: Si, ho fatto una segnalazione alla polizia locale per dei pali della segnaletica caduti a terra.

D: Credi nella foto denuncia oppure utilizzi il tuo canale solo per informare ed intrattenere?
R: Le mie foto riportano tutti gli avvenimenti che ci circondano.
Dalla denuncia all’evento, al ricordo.

Luigi Borrone, fotografo per passione

Travolto da twitter, instagram e facebook

D: Il tuo rapporto con i social?
R: Sono stato travolto dall’era dei social media.
Mi trovate su Instagram, twitter oppure la fanpage facebook.

D: Luigi, il messaggio finale da lanciare nell’oceano della Rete.
A te la parola!
R: Sono onorato dell’intervista, spero che mie foto trasmettano qualcosa.
Posso solo dire che la passione non assaggia, divora.
E ogni volta che scatto una foto seguo la mia filosofia: se nel mirino vedi una persona, lascia perdere.
E’ il suo pensiero che devi ritrarre.
Sperando di riuscirci.


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Dispenser gratuiti contro gli escrementi dei cani: i motivi del fallimento

Zero sostenitori: effetto domino KO

Installare dei dispenser fai da te gratuiti lungo le strade del mio quartiere per invitare i padroni dei cani a raccogliere gli escrementi dei loro amici a quattro zampe, è risultato inutile.

L’iniziativa (del sottoscritto) fallisce miseramente, i marciapiedi infestati dalle deiezioni canine sono la sporca testimonianza.

Il motivo principale?
Non è scattato l’effetto domino sognato.

Dispenser gratuiti contro gli escrementi dei cani [aggiornamento]

L’assuefazione dei commercianti

I gesti vandalici erano previsti, l’indifferenza dei cittadini pure.

Auspicavo il coinvolgimento dei commercianti, le prime sentinelle dei marciapiedi infestati e delle saracinesche bagnate.

Invece, nulla.

La maggior parte ha assistito senza agire, pochi gli entusiasti dell’idea, quasi tutti rassegnati al «solito finale»: furti, distruzione, menefreghismo.

Ovvio.
Napoli non è Stoccolma ed in Italia il bene comune è un concetto astratto.
Ma speravo in un passo in avanti.
Sognavo una reazione contro la rassegnazione dilagante ed un tentativo di cambiare un destino già scritto.

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Perché non imitare un piccolo gesto positivo?

Per tre mesi controllo ogni singola installazione: la mattina, prima di recarmi al lavoro ed il pomeriggio al rientro dall’ufficio, in bici – come una ronda – giro il quartiere per verificare lo stato di tutti i dispenser.

Con lo zaino del pronto intervento, sostituisco quelli vandalizzati, ricarico i distributori vuoti, rimetto in sesto l’installazione danneggiata, parlo con i negozianti, chiedo di controllare durante la giornata il buon andamento dell’iniziativa, li coinvolgo – a parole – nella piccola, grande rivoluzione cittadina.

Senza mai chiedere un centesimo, convinto che l’esempio in prima persona possa scuotere l’assuefazione altrui.

Cosa sarebbe successo se …

Sogno l’effetto domino: il primo distributore del sottoscritto mette in moto il secondo acquistato dal salumiere che incoraggia il macellaio che invita il fioraio …

L’effetto domino parte, si innesca, poi si alimenta dei risultati raggiunti, infine diventa normalità: ogni commerciante gestisce il dispenser fuori al proprio negozio, una piccola spesa mensile per migliorare il decoro urbano della strada.

Lo schema, applicato agli altri quartieri, stravolge le abitudini dei cittadini e dell’intera città!

Dispenser gratuiti contro gli escrementi dei cani [aggiornamento]

Con 5€, 140 sacchetti più dispenser

Il progetto dispenser è giunto al capolinea.
Lungo la strada, sono spariti i piccoli distributori di sacchetti gratuiti per raccogliere le deiezioni dei cani in soccorso al padrone distratto.

Perché il costo del progetto, seppur irrisorio, cade totalmente sul sottoscritto.
Perché, nonostante l’impegno e l’esempio, non è scattata la scintilla.

Non è il «solito finale» prospettato dai qualunquisti del «te l’avevo detto».
Piuttosto, una pausa per studiare nuove iniziative.

E per verificare se, qualche commerciante zelante o cittadino sensibile, si accorgerà dell’assenza di quei piccoli, colorati, educati e rivoluzionari dispenser gratuiti.


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Stranezze napoletane

Una famiglia … in scooter

Il bimbo avrà avuto nove anni: in piedi, davanti, con le mani impugna il manubrio.
Col vento tra i capelli, si gode il viaggio in prima fila.

Segue il padre – il pilota dello scooter – sicuro, deciso, abituato alla sua anormalità.
Inchiodato alla sella della moto, con i piedi bloccati sull’asfalto bollente, mantiene in equilibrio veicolo e famiglia.
L’adulto è il secondo passeggero.

La bimba, immagino la piccola sorellina, minuta, biondina, delicata.
Seduta dietro l’enorme papà, aggrappata al suo idolo, viaggia come una valigia incastrata.
E’ la terza passeggera.

La mamma chiude la fila,
Poggiata sullo spigolo della sella, in bilico dietro la figlia, funge da tappo onde evitare cadute inattese.
Come in tutte le famiglie che si rispettino, la donna è il perno che unisce – anzi, mantiene – i rapporti tra padre e figli.
E’ la quarta passeggera.

Un ultimo dettaglio: i quattro passeggeri sullo scooter, viaggiano tutti senza casco.

Io, ciclista napoletano contro le stranezze napoletane

Strano a chi?

«Papàààà» il bimbo indica il sottoscritto con lo stupore negli occhi mentre, con la manina, strattona la camicia del genitore.

Fermi al semaforo, vicini ma lontani, ci scrutiamo sospettosi.

Io, ciclista metropolitano, in sella alla e-bike, chiuso nella maschera antismog e protetto dal casco.
L’intera famigliola, libera e strafottente, in viaggio sullo scooter.

Siamo esseri appartenenti a razze diverse?

L’incontro tra alieni dura meno di due minuti, in attesa del verde liberatorio.

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Illegalità quanto diffusa?

Evidenzio un aspetto contro i (pericolosi) luoghi comuni: la famiglia sulle quattro ruote è l’eccezione.

Intorno a noi, tanti altri motociclisti fermi al semaforo, dotati di casco, rispettosi delle regole.

Comunque sia, anche se un caso isolato, la famiglia in sella allo scooter rappresenta un pezzo del contraddittorio mosaico napoletano.

Chi fermerà l’allegra famigliola?

Scatta il verde.
«C’amma fa»» sembra sbuffare il capofamiglia al figlio.

L’espressione per spiegare al bimbo: «porta pazienza, di gente strana nella vita ne incontrerai tanta».

Polizia, carabinieri e vigili: qualcuno avrà il buon senso di fermare l’allegra combriccola?

L’uomo accelera, una nuvola di fumo nero misura lo sforzo dello scooter per partire e la famigliola scompare nel traffico cittadino.
Quanta strada percorreranno prima di essere bloccati dai tutori della Legge?

«Piccolo, un giorno capirai» farfuglio fiero di aver mostrato al bambino una possibile alternativa al suo mondo anormale.

Il tempo sarà galantuomo, ne sono certo.


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Voglio lavorare all’Arpac Campania! [FOTO]

Arpac Campania, cosa offro

Chiedo l’assunzione «per meriti conquistati sul campo» all’ARPAC Campania.

Il sottoscritto offre i dati reali dell’inquinamento metropolitano, informazioni impossibili da trovare ma – soprattutto – da decifrare.

Chi è in grado di comprendere la pericolosità delle polveri sottili?
Forse, solo agli addetti ai lavori sono chiari i grafici e le tabelle relative allo smog mostrate dagli organi competenti.

I non esperti, invece, apprezzeranno le disastrose condizioni del filtro della maschera antismog del sottoscritto, ciclista metropolitano convinto.

Il filtro della maschera antismog dopo tre mesi: regalo per l'Arpac Campania

Il filtro antismog dopo tre mesi di pedalate

La maschera antismog con filtro elettrostatico a carbone attivo, dopo tre mesi di utilizzo giornaliero, presenta i segni della battaglia.

L’ampia macchia scura testimonia l’aggressione quotidiana alla quale siamo sottoposti.

Se non avessi avuto la protezione, avrei digerito un bel po’ di veleno.

La domanda è sempre la medesima: le Istituzioni, come combattono l’inquinamento metropolitano?
Purtroppo anche la risposta è sempre la medesima: improvvisando soluzioni tampone perlopiù inutili (vedi targhe alterne).

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Arpac Campania, la candidatura

Se qualcuno fosse interessato al curriculum del sottoscritto, consulti il profilo Linkedin.

Saltate le ovvietà – la meritocrazia non è una questione italiana – evidenzio quali azioni intraprenderò all’ARPAC Campania appena sarò assunto:

  • pedalo per Napoli per otto ore al giorno, dal centro alla periferia (sono bici munito)
  • catturo l’inquinamento tramite l’avanzata maschera antismog
  • fotografo e pubblico il costante degrado del filtro elettrostatico a carbone attivo devastato dalle polveri sottili
  • ogni tre mesi, invio al Sindaco e all’assessore all’ambiente un post dettagliato sull’inquinamento cittadino
  • durante il giro in città, controllo i bidoni della raccolta differenziata (opzionale)

A proposito, chiedo una sola, imprescindibile clausola: piste ciclabili per tutti i ciclisti metropolitani e l’assunzione a tempo indeterminato per il sottoscritto.


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La nuova Piazza Garibaldi di Napoli: dov’è la pista ciclabile? [FOTO]

Piazza Garibaldi: bici, queste sconosciute

La nuova piazza Garibaldi di Napoli, dopo anni di lavoro, è quasi terminata.
Però, manca la pista ciclabile.

Il cantiere è ancora incompleto ma, della strada dedicata alle biciclette, nessuna traccia.

Nonostante i mille dibattiti sulle smart city, le buone intenzioni dei politicanti di turno, i propositi delle associazioni di settore, gli inviti a non utilizzare l’auto privata, restano due dati desolanti:

  • a Napoli, il bike sharing è fermo
  • alla nuova stazione centrale, nessun segnale della pista ciclabile.

Tutto il resto, sono chiacchiere inutili.

La nuova Piazza Garibaldi, dov'è la pista ciclabile?

Piazza Garibaldi, lo spazio c’è

In bici, ogni giorno (lavorativo), attraverso piazza Garibaldi.
Ed ogni giorno osservo i possibili spazi da utilizzare per costruire la pista ciclabile.

La strada davanti la stazione è larga, l’area dedicata allo sosta degli autobus abbastanza estesa da prevedere un percorso dedicato alle bici.

Dalla stazione, bastano poche pedalate per raggiungere il vicino corso Umberto, altra via congestionata, da liberare dalla morsa dello smog.

L’arteria che porta diritti nel cuore della città.

La nuova Piazza Garibaldi, dov'è la pista ciclabile?

Da piazza Garibaldi al corso Umberto (in bici)

In bici, impiego una manciata di minuti: dall’area di sosta degli autobus, svolto a destra (e lascio alle spalle la stazione centrale), pedalo lungo una breve strada a due corsie – sempre attento alle auto e scooter che sfrecciano a tutta velocità – strada abbastanza ampia per ospitare la sospirata pista ciclabile.

A destra, il cantiere ancora aperto (futuri giardinetti?), sulla sinistra l’ingresso alla galleria di negozi.

Un piccolo bivio, poi il semaforo: giro intorno alla grande area che ospita la statua di Garibaldi e sono sul corso Umberto.

La nuova Piazza Garibaldi, dov'è la pista ciclabile?

Le domande di un cittadino normale

Il progetto di piazza Garibaldi, non prevede la pista ciclabile?
Nel 2017, ammoderniamo quartieri senza contemplare il passaggio delle bici?

Come risolvere – in concreto! – il grave problema dell’inquinamento se non aiutiamo i coraggiosi ciclisti metropolitani?

Domande di ordinaria anormalità che attendono, da sempre, risposte convincenti dalla politica.

La nuova Piazza Garibaldi, dov'è la pista ciclabile?

Pista ciclabile, utopia?

Immagino lo sconforto di chi, come il sottoscritto, crede in una viabilità alternativa.

Perché, se nemmeno nella nuova piazza Garibaldi, si progettano le piste ciclabili, allora dove immaginiamo di costruirle?

E le Istituzioni, tanto attente ad invitare i cittadini a non utilizzare l’auto privata e proporre le targhe alterne come soluzione unica alla quotidiana battaglia contro le polveri sottili, come giustificano tali scelte?

A Napoli, le piste ciclabili, restano un’utopia?

Non cederò alla sciatteria dei soliti «mostri», il sottoscritto continua a pedalare.

Ogni volta che vedo un adulto in bicicletta, penso che per la razza umana ci sia ancora speranza.
(Herbert George Wells)

La nuova Piazza Garibaldi, dov'è la pista ciclabile?


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Perché Be Time, l’Università del (nostro) tempo libero

Be Time, cosa offre

Una visita in un luogo speciale, un angolo nascosto di città, un monumento famoso ed un castello sconosciuto, il museo ricco di storia, una gita fuori porta, un viaggio in una capitale europea.

Ma anche un corso di cucina, una lezione di un professore universitario, un workshop, la lettura di un libro, la convenzione con il cinema ed i biglietti scontati del teatro.

Mille idee.
Mille iniziative.

Per spendere e valorizzare il proprio tempo libero.

Amodio D'amodio, Presidente Be Time, l'Università del tempo libero

Be Time, il valore del tempo libero

Be Time, l’Università del tempo libero, è un’associazione di persone che credono nella cultura e nell’intrattenimento.
Perché, a ben pensare, il tempo libero è una risorsa dal valore inestimabile.

Dal lunedì al venerdì il tempo – sempre lui! – vola via.
Come piccoli granelli di sabbia, sfugge tra le dita e si perde tra il vento dei mille impegni professionali e svariati doveri.

Doveri, doveri ed ancora doveri.

Be Time si pone un obiettivo semplice ed importante: spendere al meglio il prezioso tempo libero.

Il logo di Be Time, l'università del tempo libero

Amodio D’Amodio, il Presidente

Amodio D’Amodio è il (primo) Presidente di Be Time.

Un vulcano di idee, capace di coinvolgere intorno ad un tavolo – negli orari più assurdi – un gruppo di colleghi (tra i quali, lo scrivente) per definire lo statuto dell’associazione, nominare il consiglio direttivo, studiare il programma delle prossime iniziative.

Il cimitero delle Fontanelle, il rione Sanità e la casa di Totà prima e la certosa di San Martino poi (ho saltato la visita al monastero di Santa Chiara, mi autodenuncio) i due appuntamenti che hanno aperto la stagione di Be Time.

Il successo (per partecipazione e – soprattutto! – per l’interesse suscitato) dei primi vagiti dell’associazione, sono l’indice dell’entusiasmo : cultura ed intrattenimento, un binomio perfetto per spendere il proprio tempo libero.

Be Time, lA visita al monastero di Santa Chiara

Io, socio (convinto) di Be Time

Il sottoscritto, per amore della cultura e la voglia di costruire un progetto nel quale credere, accetta con convinzione l’invito di Amodio: sono un socio felice di Be Time!

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Be Time, come aderire

Tutte le info ed i futuri eventi, sono pubblicati sull’aggiornata fanpage ufficiale.

Aderire ad un evento è semplice: basta una e-mail, una telefonata o un messaggio.
I costi sono sempre contenuti e l’impegno e la disponibilità massima, come ci si aspetta tra buoni amici.

Mi piace pensare a Be Time come all’Università dalle infinite sorprese.
Per il tuo, il mio, per il nostro tempo libero 🙂


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Bud Spencer a Montesanto, in ricordo di Petru Birladeanu [FOTO]

Petru Birladeanu, vittima innocente di camorra

La foto di zio Bud è a Montesanto, all’uscita dell’affollata stazione della cumana, nella piazzetta dove perse la vita il giovane musicista rumeno Petru Birladeanu – vittima innocente di camorra.

L’arte per strappare un metro di terra al degrado, i colori e la simpatia di Bud Spencer per (ri)guadagnare un angolo di piazza lacerata dal dolore.

Bud Spencer a Montesanto, l'ulivo della pace dove morì Petru Birladeanu, il musicista rumeno vittima innocente della camorra

Bud Spencer a Montesanto

Napoli
L’ho difesa e portata nel mondo con i miei film
Bud Spencer

Osservo e sorrido.

Lo sguardo burbero, i piccoli occhi socchiusi, il barbone incolto.
L’espressione di zio Bud, la solita espressione vista e rivista mille volte nei suoi indimenticabili film.

Bud Spencer è in compagnia di altri personaggi famosi che hanno reso celebre Napoli nel mondo.

Ad ognuno il suo ulivo, simbolo della pace in un luogo speciale.

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Montesanto, gli ulivi della pace

Osservo gli altri ulivi: saranno una dozzina, curati, ben piantati, dal futuro promettente.
Sotto ogni giovane arbusto, un volto famoso ed una citazione ad effetto.

Gli ulivi trasmettono forza e positività, un’idea giusta e convincente.

Guardo ancora zio Bud.
Sorrido quando la fisarmonica di un giovane rumeno mi accompagna mentre fotografo l’ulivo della pace.


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Quei 18mila ebrei partiti da Napoli per Shanghai

Da Leopardi ai 18mila ebrei di Shanghai

«Cerco i manoscritti di Giacomo Leopardi» chiedo alla cordiale impiegata.
«Non sono esposti però, se vuole, c’è la mostra di Shanghai» risponde la donna col sorriso (l’arte rende più gentili?)

E così, per caso, scopro che durante gli anni del nazismo, 18 mila ebrei provenienti da Polonia, Austria e Germania, per fuggire dalla follia hitleriana, partono da Napoli e raggiungono la Cina.
Destinazione Shanghai.

Desideravo visionare i manoscritti di Leopardi e scopro una notizia a dir poco stupefacente.
«Rubo idee al mio amico Lorenzo Izzo, storico per passione» sorrido mentre, col naso all’insù, ammiro gli affreschi.

La magnifica Biblioteca Nazionale di Napoli continua a stupire.

La mia visita alla Biblioteca Nazionale di Napoli (ai tempi di Google)

Una visita alla Biblioteca Nazionale di Napoli

La sala lettura è piena.
Resto stupefatto: la bellezza dell’aula, quel muro colorato di libri, i tanti studiosi, l’atmosfera densa di storia.
Sensazioni impagabili come l’odore invisibile della carta.

Da quanto non visitavo una biblioteca?

Dai tempi dell’Università.
Allora, il dipartimento di Matematica “Renato Caccioppoli” era la mia seconda casa.

La mostra di Shanghai conferma un concetto nel quale credo: la Biblioteca Nazionale è un avamposto contro i «mostri».

La vista dalla Biblioteca Nazionale di Napoli

La biblioteca ai tempi di Google

Non demordo.
Dal sito ufficiale, pesco il manoscritto de l’Infinito.
L’osservo con ammirazione, non dal vivo ma dal web, la finestra sul mondo.

Ecco la coppia perfetta: toccare con mano la bellezza dell’arte, apprezzare i vantaggi della digitalizzazione dei testi.
Due facce della stessa medaglia.

Vado via con una promessa, come ad un vecchio amico: «non lasciamo trascorrere troppo tempo, vediamoci presto».

Perché la biblioteca ai tempi di Google, continua ad essere un luogo imprescindibile.

La mia visita alla Biblioteca Nazionale di Napoli (ai tempi di Google)


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Napoli in chiaroscuro [FOTO]

Effetto chiaroscuro

Metà città al sole, l’altra metà in ombra.
Il crepuscolo di maggio regala un panorama unico.

Il golfo illuminato da un faro naturale, il Centro Direzionale ed il tappeto di cemento che segue, nella semioscurità.

A completare l’opera d’arte, dei nuvoloni densi e pesanti coprono la testa del Vesuvio, stavolta spettatore impotente.

Osservo il quadro – perché il panorama che si presenta dinanzi agli occhi del sottoscritto, è un quadro.
Posso solo immortalare il momento.
Le parole risultano superflue.

A voi, amici Lettori, il chiaroscuro napoletano.

Il chiaroscuro napolatno


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Mimmo Jodice e l’enigmatico murales al rione Sanità

Mimmo Jodice e quel murales misterioso

E’ a pochi metri dal cimitero delle Fontanelle, nel rione Sanità a Napoli.
Il volto dell’uomo triste ricopre l’intera superficie della chiesa.
Un personaggio pensieroso, l’espressione incute un po’ di timore.

Rubo una mezza frase ad una guida intenta a spiegare al gruppo di turisti «… il murales di Mimmo Jodice …».

Osservo il disegno misterioso.
Fotografo.
Lo guardo ancora.
Memorizzo “Mimmo Jodice”.
Proseguo.

Il murales alla Sanità di Mimmo Jodice

Chi è Mimmo Jodice?

Dal sito ufficiale dell’artista, scopro chi è costui.

è uno dei grandi fotografi della storia della fotografia italiana

Espone le sue opere in tutto il mondo, anche nella sua città.
Non certo nel salotto buono di Napoli ma in un quartiere difficile.

Beata ignoranza 🙂

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I murales contro i «mostri»

La domanda è la medesima posta di fronte al gigante verde di Materdei: i murales sono una forma d’arte?

Il sottoscritto non ha gli strumenti per argomentare una teoria convincente a favore o contro.
Però un’osservazione (elementare) la sottopongo all’attenzione del Lettore: se Mimmo Jodice non avesse disegnato il murales, l’edificio della Sanità non sarebbe ricordato e risulterebbe “più anonimo”.

Questa affermazione è oggettiva e – suppongo- veritiera.

Dunque, la presenza dell’opera, analogamente al murale di Materdei, rende riconoscibile la zona e migliora il luogo.

A conferma che l’arte può fermare il degrado (morale ed urbano).
Sono convinto: la bellezza resta il nemico numero uno dei «mostri».


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