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Tag: nazismo

Mussolini ha fatto anche cose buone? [RECENSIONE]

Il regime fascista «buonista»: una fake news

«Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte, e diventerà una verità», pare dicesse il ministro della propaganda Joseph Goebbels quando illustrava, come uno chef orgoglioso della propria ricetta, la lista degli ingredienti per una efficace informazione totalitaria.

Mussolini ha fatto anche cose buone di Francesco Filippi smonta alcune (delle tante) bufale che circolano sul fascismo buonista.

Notizie false utilizzate per bilanciare le scelte imposte dal regime: «Mussolini amava gli italiani», «allora non esisteva la corruzione», «Mussolini sconfisse la mafia» oppure annunci meno eclatanti ma di sicuro effetto: «durante il fascismo si fecero le bonifiche» o l’immancabile «i treni arrivavano sempre puntuali».

Un insieme di falsi storici che, nel tempo, trovano nuova linfa attraverso la Rete.
Con un solo pericoloso obiettivo: riabilitare un periodo – nonostante tutto – considerato migliore del presente.

Mussolini ha fatto anche cose buone, di Francesco Filippi - la mia recensione

Mussolini, il dittatore italiano

La questione di fondo – rimarcata dall’autore – è essenziale: la libertà non è merce da baratto.
Come può un regime totalitario presentare degli aspetti positivi che ne bilancino la violenza? (fisica, etica, politica, morale).

il fascismo, in quanto movimento totalitario e distruttivo delle libertà individuali, è per definizione ingiusto.

Francesco Filippi, con dovizia di particolari documentati e censiti nella ricca bibliografia, dimostra le falsità tese a giustificare un periodo nero della nostra storia.
Perché a differenza del rifiuto totale del nazismo e pentimento tedesco, secondo l’autore, in Italia un vero processo di condanna del fascismo non è mai realmente avvenuto.

Mussolini ha fatto anche cose buone dunque, è un saggio da leggere senza pregiudizi, sia per gli elettori di destra che di sinistra (o altro).
Perché il volume non affronta le banali posizioni dei partiti politici o le volgari beghe di palazzo.

Il volume ha un più alto e nobile scopo: raccontare la verità dei fatti.

Grazie, perché avete scelto di fare qualcosa di meravigliosamente utile anche se terribilmente fuori moda: fermarvi e prendervi il tempo per riflettere.

Francesco Filippi

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«La casa in riva al lago», l’importanza del passato secondo Ella Carey [RECENSIONE]

La casa in riva al lago, romanzo di evasione

La casa in riva al lago, di Ella Carey, rientra nella categoria dei libri “non vedo l’ora di vedere come va a finire”.

Tra passato e presente, l’autrice ricostruisce una storia d’amore iniziata nella Germania nazista e mai finita.
Vicende in bianco e nero che, con l’escamotage dell’alternanza dei capitoli, saltano dal 1930 ai giorni nostri, conquistando da subito l’attenzione del Lettore.

Sembra di leggere due storie parallele che, prima o poi, si intersecano.
Nel mentre, l’attesa è ben ripagata da una trama stimolante, con continui flashback ed una narrazione intrigante.

Ella Carey, autrice di "la casa in riva al lago"

Perché leggere «La casa in riva al lago»

Lettura di pura evasione con accenni a concetti profondi: perchè il popolo tedesco fu ammaliato da Adolf Hitler?

Una possibile risposta è legata al destino di Max – il personaggio intorno al quale ruota il libro – giovane rampollo di una famiglia benestante nella Germania scossa dai primi fermenti nazisti.

Toccherà ad Anna, la giovane nipote di Max, scoprire il misterioso segreto legato al passato del nonno.

E, pagina dopo pagina, come in una lunga passeggiata rilassante tra i boschi della Berlino di un tempo, tra le euforie dei balli parigini del novecento e la caotica San Francisco di oggi, giungiamo all’atteso finale.

Chiudiamo il libro col sorriso sulle labbra.
La casa in riva al lago, di Ella Carey, compie in pieno il suo dovere: rilassare il Lettore con una storia leggera, ben scritta, piacevole, soddisfacente.

Come richiesto ad un buon romanzo d’evasione.

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Quei 18mila ebrei partiti da Napoli per Shanghai

Da Leopardi ai 18mila ebrei di Shanghai

«Cerco i manoscritti di Giacomo Leopardi» chiedo alla cordiale impiegata.
«Non sono esposti però, se vuole, c’è la mostra di Shanghai» risponde la donna col sorriso (l’arte rende più gentili?)

E così, per caso, scopro che durante gli anni del nazismo, 18 mila ebrei provenienti da Polonia, Austria e Germania, per fuggire dalla follia hitleriana, partono da Napoli e raggiungono la Cina.
Destinazione Shanghai.

Desideravo visionare i manoscritti di Leopardi e scopro una notizia a dir poco stupefacente.
«Rubo idee al mio amico Lorenzo Izzo, storico per passione» sorrido mentre, col naso all’insù, ammiro gli affreschi.

La magnifica Biblioteca Nazionale di Napoli continua a stupire.

La mia visita alla Biblioteca Nazionale di Napoli (ai tempi di Google)

Una visita alla Biblioteca Nazionale di Napoli

La sala lettura è piena.
Resto stupefatto: la bellezza dell’aula, quel muro colorato di libri, i tanti studiosi, l’atmosfera densa di storia.
Sensazioni impagabili come l’odore invisibile della carta.

Da quanto non visitavo una biblioteca?

Dai tempi dell’Università.
Allora, il dipartimento di Matematica “Renato Caccioppoli” era la mia seconda casa.

La mostra di Shanghai conferma un concetto nel quale credo: la Biblioteca Nazionale è un avamposto contro i «mostri».

La vista dalla Biblioteca Nazionale di Napoli

La biblioteca ai tempi di Google

Non demordo.
Dal sito ufficiale, pesco il manoscritto de l’Infinito.
L’osservo con ammirazione, non dal vivo ma dal web, la finestra sul mondo.

Ecco la coppia perfetta: toccare con mano la bellezza dell’arte, apprezzare i vantaggi della digitalizzazione dei testi.
Due facce della stessa medaglia.

Vado via con una promessa, come ad un vecchio amico: «non lasciamo trascorrere troppo tempo, vediamoci presto».

Perché la biblioteca ai tempi di Google, continua ad essere un luogo imprescindibile.

La mia visita alla Biblioteca Nazionale di Napoli (ai tempi di Google)


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Un paio di scarpette rosse (il giorno della memoria)

Un giovane, con la voce rotta dall’emozione, recita la poesia Joyce Lussu.
In chiesa cala il silenzio.

Un paio di scarpette rosse

C’è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica
“Schulze Monaco”.
C’è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio di scarpette infantili
a Buckenwald
erano di un bambino di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto lo possiamo immaginare
si sa come piangono i bambini
anche i suoi piedini li possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l’ eternità
perché i piedini dei bambini morti non crescono.
C’è un paio di scarpette rosse
a Buckenwald
quasi nuove
perché i piedini dei bambini morti
non consumano le suole.

Joyce Lussu

Osservo i bambini, il loro sguardo ingenuo in un mondo folle.
Ignorano chi sia Hitler, la pazzia del nazismo,  l’orrore che si cela dietro i campi di concentramento.

Il giovane termina.
Dal piccolo coro della chiesa partono le note di La vita è bella per spezzare l’emozione di quelle parole così toccanti ed assurde.

Ricordiamo il giorno della memoria per annientare i «mostri» di domani.
Commossi, andiamo via.

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