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Concerto di Natale in chiesa, vince la maleducazione tecnologica

Concerto di Natale o concerto degli U2?

Un muro umano di fotografi invasati.
Armati di smartphone e tablet, riprendono lo spettacolo senza mai staccare la registrazione.
Braccia al cielo, per sorvolare gli altri cameramen, e catturare l’immagine esclusiva.

Flash, luci, la calca della prima fila.
I cento display illuminano la piccola chiesa, affollata di bimbi, genitori, parenti, amici.

Il concerto di Natale organizzato dalla parrocchia è un evento da non perdere.

I piccoli cantanti, ingenui e gioiosi, sussurrano le parole tra emozione e sano divertimento.
Gli adulti, invece, forniscono il peggio del repertorio dei «grandi».
Egoismo, nessun rispetto per la collettività, egocentrismo, maleducazione.

In un luogo sacro.

Concerto di Natale, vince la maleducazione

Furbi? No, maleducati

I «furbi» ignorano la presenza degli altri spettatori.
Gli ossessi della ripresa convulsa, nel loro egocentrismo galoppante, si preoccupano solo di se stessi.

Chi, con educazione e rispetto altrui, resta seduto al suo posto, non ha il diritto di guardare il mini-concerto.

Una ripresa inutile

Quando la foga sarà esaurita, i maleducati scopriranno l’amara verità: la ripresa via smartphone sarà inguardabile.
Mossa, buia, lunga, insignificante, non verrà mai più rivista né dal bimbo né dai genitori e parenti.
Noiosa, verrà eliminata con l’anno nuovo.

Dal fondo della chiesa osservo la scena.

Le piccole star cantano beati, sembrano non accorgersi dello squallido teatrino dei genitori, convinti di essere i più furbi.
Invece, sono solo dei «mostri» maleducati.


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La telefonata elettorale

La faccia tosta si presenta via cellulare

«Ciao Mario, come stai? Sono Enrico».
«Enrico? mmm … scusami, ho la memoria corta … »
«Enrico, il cugino dell’amico del nipote del cognato del tuo vicino di ombrellone».

Nonostante la minuziosa informazione, non associo la voce ad un volto noto.

La scandalosa richiesta: il voto

Tergiverso e resto in attesa della mossa successiva di questo «mostro» invadente.
«Mario, tu mi conosci, non mi permetterei mai di chiederti il voto se non credessi veramente in ciò che faccio» spara tutto d’un fiato l’ignoto candidato.
«Enrico, non so chi tu sia e non voglio nemmeno sapere come ti sei procurato il mio numero» ribatto indignato.

L’aspirante amministratore, impassibile, continua la cantilena come un vecchio disco rotto: «se mi voti, ti prometto … cioè non ti prometto nulla … sarò eletto in una lista civica senza pregiudicati e condannati definitivi. Non siamo ne di destra ne di sinistra ma nemmeno di centro. Abbiamo idee precise ed un programma elettorale globale. Poi, dopo il voto, vienimi a trovare per quattro chiacchiere di persona. Lo sai meglio di me, oggi i telefonini sono pericolosi» spiega in tono latitantesco il futuro politicante.

la telefonata elettorale, una moderna interpretazione della mala politica

La reazione

Chiudo la conversazione schifato ed inserisco il numero nella black list dello smartphone.
Non voglio correre nessun rischio, blocco l’intruso da ogni possibile forma di contatto.

Un futuro esponente politico che racimola voti rubando adesioni telefoniche stile il peggiore venditore di pentole? (senza offesa per i venditori di pentole e affini)

La telefonata elettorale, un pessimo biglietto da visita, un autogol clamoroso, lo spam ingenuo di un neofita in cerca di «voti facili», il nuovo concetto di propaganda oppure una interpretazione decaduta della politica?

PS: questo post, anche se pura fantasia, è ispirato a malsane abitudini nostrane


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