Le regole (spietate) del circo mediatico
Lo spettacolo deve continuare, sempre.
Anche se c’è di mezzo una giovane vita spezzata, il circo mediatico non concede sconti.
I motori rombano, gli sponsor pagano, la pay-tv investe e lo spettatore esigente ha «fame» di immagini, meglio se drammatiche.
Difronte alla tragica morte di Andrea Antonelli, ancora una volta, nessuno ha il coraggio di fermarsi: è successo a Mosca, lo stesso sarebbe accaduto a Monza, Indianapolis oppure alla Parigi-Dakar.
I piloti sono solo attori, gladiatori moderni nell’arena globale, dipendenti del network televisivo, uomini di sport ridotti a testimonial di merendine (solo i volti più popolari però).
Sono consci di essere marionetta in moto, talentuosi impiegati obbligati a rispettare il contratto firmato col sangue, alcuni si considerano fortunati altri diventano famosi, tutti – in ogni gara – (consapevoli) rischiano la vita
Sempre dopo
Il giorno dopo la sciagura, si torna a parlare di sicurezza delle piste.
Per rispetto della famiglia del pilota e di tutti i suoi cari, sarebbe delicato evitare la solita litania: «in quelle condizioni, non si doveva correre» (Marco Melandri), «viene a tutti la voglia di tornare a casa» (Valentino Rossi) … perché dopo l’onda emotiva del momento e le (finte) polemiche, ognuno rientrerà nel suo box, dai suoi meccanici, dal proprio ingegnere di pista per chiedere rassicurazioni sul domani.
Le parole non sono necessarie, le regole sono note a tutti: uno sguardo di intesa ed il circo mediatico continuerà la sua inarrestabile, folle, mostruosa corsa.