Matic Mind, la selva oscura
«Nel mezzo del cammin della mia vita, mi ritrovai in Matic Mind, ché la diritta via dell’HP era smarrita».
Questo nobile verso dantesco (ispirato al primo canto dell’Inferno), potrebbe essere l’incipit della prossima storia scritta per noi, i 160 informatici di Pozzuoli trasferiti dalla multinazionale americana verso la selva oscura.
Oltre la siepe c’è l’Infinito
Eppure, nonostante le mille difficoltà leopardiane, affermiamo con orgoglio «sempre caro mi fu quest’ermo ufficio».
L’ostacolo appare insormontabile, i silenzi altrui ci scaraventano oltre la siepe costretti ad immaginare un futuro al di là di HP ove «tra questa immensità s’annega il pensier mio: e il licenziamento m’è dolce in questo mare».
Ed è subito precariato
«Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di Sole:
ed è subito sera».
I tre ermetici versi di Salvatore Quasimodo bene rappresentano il mio attuale stato d’animo: solitudine, gioia e dolore, precarietà della vita.
Col permesso dell’autore, non mi resta che aggiornare la poesia (risalente agli anni trenta dello scorso secolo) ai nostrani temi di stretta attualità:
«Ognuno sta solo in HP
trafitto da una mail:
ed è subito Matic Mind»