Per amore di Pif (e del Cristianesimo)
Giungo all’ultimo rigo di … che Dio perdona a tutti per la simpatia che nutro verso Pif.
Con un altro autore, mi sarei fermato a metà lettura.
Eppure l’inizio promette bene.
I primi capitoli di … che Dio perdona a tutti strappano sorrisi.
Tra le pagine, sembra emergere il faccione sornione di Pif che, per estirpare l’ennesima spina dal cuore, addenta una cassata siciliana.
Perché il romanzo è una lunga, travagliata, storia d’amore.
Il percorso accidentato di un ragazzo immaturo pronto a schivare decisioni e responsabilità.
Sempre a colpi di cannoli, sciù e leccornie siciliane.
Fin qui, nulla di nuovo.
Ma, a chi segue Pierfrancesco Diliberto, è ben nota la prospettiva originale o quantomeno storta che egli ha del mondo.
L’autore palermitano è maestro nell’affrontare temi importanti con ironia e leggerezza.
… che Dio perdona a tutti non fa eccezione.
Così, tra una partita di calcetto con i colleghi ed un’irrisoria incomprensione con la fidanzata, giungiamo al cuore del problema: fino a che punto siamo disposti ad applicare, nella quotidianità, l’insegnamenti di Cristo?
Le conseguenze della coerenza?
Giunto (con fatica) all’ultimo rigo, mi pongo un interrogativo: quale messaggio desidera inviare l’autore?
Essere un cristiano fervente comporta delle conseguenze spiacevoli?
La coerenza fa a cazzotti con l’ipocrisia?
Siamo disposti a perdonare le nostre contraddizioni ma non quelle del prossimo?
Oserei affermare: ovvio.
Stavolta ingurgito io un pezzo di cioccolato (fondente) per superare la delusione.
Ma Pif merita credito.
Fiducioso, attendo la sua prossima opera.
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