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Tag: riflessioni (Page 4 of 8)

Le vite degli altri [Il vizio di Paola]

Io, spettatore clandestino

Una finestra.
La finestra della mia stanza.
Ci passo la maggior parte della mia giornata, sporgendomi per guardare la vita che scorre fuori.

Di fronte c’è una scuola.

Spio le mamme che accompagnano i bambini fino al portone principale.
Spesso si attardano per un caffè nel bar al di là della strada.
A volte raccolgo sguardi furtivi tra mamme e padri, e mi abbandono a pensare che ci sia una relazione clandestina tra loro.

L'invidia, foto di Luigi Borrone

Incontri pericolosi

Anche io avevo un bambino da accompagnare a scuola, ed un uomo che amavo clandestinamente.

La mia monotona esistenza aveva subito un gradevole scossone, ed anche mio figlio sembrava trarre un inconsapevole vantaggio dal rapporto che intrattenevo con il padre della sua amichetta.

Facevamo in modo che i bambini si incontrassero frequentemente: una ricerca, un ripasso in vista di una verifica, ogni occasione era buona per incontrarsi anche solo per un un’ora.
Fino a quel giorno.

La mamma della bambina vuole conoscere l’amichetto della figlia, quello di cui le parla tanto, e ci invita a cena.

L’altra

Mi preparo con cura, immaginando di incontrare la donna con la quale, almeno nel mio immaginario, avevo una competizione in corso.
Quello che, però, mi si parò davanti superava la mia più fervida immaginazione.

Un appartamento in una palazzina storica, nello scenografico ed elegante quartiere di Mergellina.

Dal terrazzo si vedeva il mare ed i traghetti in partenza per le isole.
I soffitti erano affrescati e i pavimenti del marmo più lucido che io potessi mai desiderare.
La tavola era apparecchiata con una stupefacente tovaglia di sfilato siciliano su cui troneggiavano posate in argento e piatti di porcellana di Limoges.

Era troppo, per me …

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Il prezzo dell’invidia

Mio figlio ora a scuola ci va da solo.

Non lo vedo dalla notte in cui vennero a prendermi.
Chissà cosa gli avranno raccontato.

Certo non possono avergli detto dello sguardo di lei, di come mi guardava tra il compassionevole ed il disgustato.
Io con il mio vestitino corto e le scarpe un po’ fuorimoda, lei con il suo completo firmato ed i suoi gioielli.
Io madre single, lei con il suo bel marito a fianco.
Io nel mio appartamentino nei quartieri spagnoli, lei nella sua reggia.

Non potevo trattenere la rabbia.
Non avrei mai potuto essere come lei, nè avere mai quello che aveva lei.

Oggi vivo in questa stanza, un monolocale, come sadicamente lo definisco, con un bagnetto ed un angolo cottura.

Stendo il bucato alle sbarre della finestra, e da qui sogno la vita degli altri.

«Il vizio di Paola», note sull’autrice

Paola, lettrice per passione e scrittrice per vizio.
Alla continua ricerca di ispirazione.
Gli specchi è il suo breve racconto vincitore del primo premio della «III edizione di Scintille in cento parole».

Paola, autrice della rubrica «Il vizio di Paola»

 

Luigi Borrone, fotografo per passione

«Amo la fotografia perché unico strumento per fermare il tempo. due foto scattate nello stesso istante non saranno mai uguali »
Luigi Borrone, fotografo per passione, è l’autore della foto presente in questo post.
A Luigi il mio sincero ringraziamento.

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Festa della donna, istruzioni per gli uomini

8 marzo, auguri si/no

«Come sto col nuovo taglio?» ecco l’ingenua domanda che ti porta direttamente nel ben mezzo di un campo minato.
Un passo falso e rischi il botto.
Ogni uomo è conscio: qualsiasi risposta potrebbe essere utilizzata contro se stesso.

«Auguri, buona festa per la donna!»: l’8 marzo è una data speciale?
Oppure fingere normalità perché i diritti della donna vanno rispettati ogni santo giorno?

Donne, foto di Luigi Borrone

Festa della donna, le difficoltà di noi uomini

Care donne, rinunciate alla gonna ed indossate i nostri panni.
Non è facile trovare il giusto equilibrio tra galanteria ed emancipazione.

In entrambi i casi, una fetta rosa criticherà la scelta, l’altra sorriderà.

Come risolvere?

Vuoi vedere che anche oggi, 8 marzo, vale la solita, saggia, regola antica come il mondo?
Il consiglio della mamma al figlio, dell’amica all’amico, dell’innamorata all’innamorato: sii te stesso.

Sarò me stesso.

Care Lettrici, auguri!
Buona festa della donna.

PS: stai bene col nuovo taglio 🙂

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Luigi Borrone, fotografo per passione

«Amo la fotografia perchè unico strumento per fermare il tempo. due foto scattate nello stesso istante non saranno mai uguali».
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Catherine Bybee, il coraggio di una scrittrice rosa

A chi potrebbe interessare?

Sono prudente con le recensioni negative perché rispetto il lavoro di ogni autore.
Immagino il sudore dello scrittore che, rigo dopo rigo, fatica per il suo amato libro.

Non proprio un appuntamento di Catherine Bybee, però, merita una menzione speciale.

Mi chiedo: a chi potrebbe interessare una simile storia?
Al sottoscritto sicuramente no (deduco che questo ebook sia un regalo di Amazon: resta un mistero come sia finito sul mio Kindle Paperwhite)

Giunto all’ultimo rigo, credo di poter affermare:

  • trattasi di un romanzo rosa
  • adatto ad un pubblico giovanile/semi adulto sognatore/adulto romantico
  • lettura di pura evasione
  • trama non originale
  • personaggi stereotipati ma simpatici
  • facile da leggere come bere un bicchiere d’acqua (e come tale, sparisce dopo l’ultimo sorso)

Catherine Bybee, la coraggiosa autrice di "Non proprio un appuntamento"

Il coraggio di Catherine Bybee

Senza nessun sforzo, raggiungo il finale (piatto).
Colpi di scena nulli, emozioni zero, divertimento minimo.

Il merito di Catherine Bybee?
La storia è autoconclusiva.

Il coraggio di Catherine Bybee?
Il romanzo contiene un estratto della puntata successiva, uno spin off incentrato sulla sorella della protagonista di Non proprio un appuntamento.

E’ troppo anche per un Lettore paziente come il sottoscritto.
Cancello l’ebook e proseguo verso nuovi mondi letterari.

Addio Catherine Bybee.

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L’amore non invecchia [Domande PerBeni]

Se ti innamori di tua suocera

“Caro Beni,
amo una donna da due mesi.
Il problema è che questa persona è mia suocera.
Cosa devo fare?”
Genny

Quel mostro di mia suocera

Antonio P. Beni risponde

Caro Genny,
il tuo è un problema che alcuni sprovveduti potrebbero definire “gerontofilia”.

In effetti sembri proprio affetto da questo tabù se non fosse che tua suocera è in un polmone d’acciaio!

Mi sono confrontato con il professore Whisky Allenth, noto psichiatra del comportamento umano nei confronti delle luci stradali e, con lui, ho concluso che tu sei affetto da una forma di “spettro autistico gerontofiliaco”.
È una rara forma di disturbo che spesso porta alla morte per asfissia, parlo di tua suocera, tu rischi solo il carcere.

Questo disturbo può essere guarito in un solo modo: devi avere un rapporto d’amore con tua suocera e poi con il polmone d’acciaio.
Infatti, solo oggettivando potrai allontanare da te l’amore.

Però devo avvisarti: questo processo di oggettivazione potrebbe portarti ad amare ancora di più tua suocera e/o il polmone d’acciaio, cosa che potrebbe crearti, in ordine:

  1. disturbi bi-polari, o a corrente alternata
  2. cambio colore dei capelli, diventerai biondo per colpa del ossigeno
  3. ritiro della patente
    – Inibizione ai pubblici uffici
    – Reversione pensione
    – Percezione errata dello spazio, crederai che le dimensioni saranno solo 2
    – Varie ed eventuali

L’amore è una cosa meravigliosa, ancestrale, antica come l’uomo.
Nel tuo caso, come la tua nonna.

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    Luciano Esposito e la storia dell’uomo innamorato di due donne (contemporaneamente)

    Tra Eco e Fallaci sbuca Luciano Esposito

    Luciano, partiamo dalla fine.
    Quali emozioni ti suscita l’immagine di Abbi fortuna e dormi sugli sugli scaffali delle librerie?
    R: Chi l’avrebbe mai detto. Non posso negare che vedere esposto il mio romanzo in libreria, tra Umberto Eco e la Fallaci, mi ha fatto un certo effetto.
    Per carità, lungi da me qualsiasi tipo di accostamento, è solo questione di iniziali di cognome.

    Luciano Esposito è un amico di famiglia.
    Gioviale, disponibile, ospitale.
    Pochi sospettano che, dietro quel sorriso bonario, si cela l’animo sensibile dello scrittore.

    «Chiunque ha una storia da raccontare, basta porgli le giuste domande» è la scintilla per le interviste del sottoscritto a personaggi perlopiù sconosciuti al grande pubblico.

    Oggi tocca al novello scrittore, il tipo di personaggio sul quale amo accendere il riflettore.

    Per scoprire un possibile talento, per ascoltare e conoscere il mondo di una persona che ha realizzato un’opera immortale: un libro.

    Luciano Esposito, l'autore di «Abbi fortuna e dormi»

    L’intervista

    D: Luciano, perché un bel giorno senti l’esigenza di raccontare una storia che, forse avevi dentro da sempre, e pubblichi Abbi fortuna e dormi, il tuo primo libro?
    R: Mi è sempre piaciuto raccontare storie. Era mia intenzione lasciare sul comò dei miei figli un romanzo scritto dal padre. La pubblicazione è stata conseguenza di un evento fortuito, devo tutto all’incontro con la prof.ssa Ermelinda Federico (persona eccezionale recentemente scomparsa) che ha trovato un editore (Robin Edizioni) disposto a pubblicare il mio manoscritto.

    D: dunque, che significa scrivere? Trovi valida la teoria: «più leggo, più scrivo, più leggo»
    R: Scrivere vuol dire mettersi in gioco per raccontare e, inevitabilmente raccontarsi. E’ un atto creativo che ha il potere di trasformare la realtà, oltre ad essere un modo indiretto per parlare con qualcuno e sentirsi meno soli, anche se spesso quel qualcuno sei tu.
    Scrivere è linfa vitale.
    Trovo che la teoria «più leggo, più scrivo, più leggo» funzioni alla perfezione, anche se, ultimamente «più scrivo».

    D: Puoi anticiparci qualcosa della trama del tuo romanzo?
    R: Premetto che non è un romanzo autobiografico.
    Tutto comincia con un viaggio in treno.
    Stefano è un architetto con un unico grande amore, Barbara, che però l’ha lasciato. Un giorno incontra Cleo, una ragazza tanto bella quanto misteriosa; lei è la donna dei suoi sogni e diventerà l’unica ragione per continuare a esistere.
    Quando un’altra donna inaspettatamente entrerà a far parte del suo cuore, Stefano affronterà l’esperienza travagliata di una doppia relazione.
    Si possono amare due persone contemporaneamente?
    L’esito finale, per nulla scontato, arriverà dopo un lungo tragitto interiore costellato di domande che troveranno sorprendenti risposte.

    Nando Vitali, il maestro e l’amico

    D: La stesura dell’opera, ti ha prosciugato ogni energia oppure volavi sull’onda dell’entusiasmo? Quali i momenti di difficoltà? Mai affrontata la «crisi della pagina bianca»?
    R: Mi ci sono volute parecchie energie per volare sull’onda lunga di un entusiasmo sempre più crescente. Avevo la trama bene in mente fin dall’inizio ma ho dovuto lavorare non poco per chiudere la storia come volevo.
    La difficoltà più grande che ho incontrato è stata dare coerenza e scorrevolezza alla narrazione per oltre trecento pagine. Problematiche tante, tutte superate grazie al sostegno professionale dello scrittore Nando Vitali, mio maestro e amico, senza il suo contributo il mio romanzo non sarebbe così riuscito.
    Non ho mai affrontato la crisi della pagina bianca, quando decido di sedermi davanti al PC lo faccio per scrivere.

    D: Come immagini i tuoi Lettori? Sei curioso di carpire la loro espressione quando, col volto immerso nelle pagine del tuo libro, leggono le parole uscite da dentro la tua anima?
    Sorrideranno? Rifletteranno? Si emozioneranno?
    R: Nel mondo dei miei lettori c’è di tutto: amici, amici di amici, parenti, persone conosciute, persone sconosciute e persone che forse non conoscerò mai.
    Abbi fortuna e dormi è una storia trasversale, rivolta a lettori di ogni età, leggibile anche dai più giovani per la scorrevolezza significativa del testo.
    Spesse volte mi chiedo quale sia l’espressione dei miei lettori mentre leggono i diversi passaggi, sono sicuro che sorrideranno, rifletteranno e si emozioneranno.

    «Abbi fortuna e dormi» di Luciano Esposito, sugli scaffali della Feltrinelli tra Umberto Eco e Oriana Fallaci

    La scuola e la prof.ssa di Italiano

    D: La fan page ufficiale di Abbi fortuna e dormi è ricca di commenti e foto.
    I veri amici sono rari. sei felice di tanto affetto e stima oppure temi di deluderli?
    R: La paura di deludere qualcuno è sempre dietro l’angolo, devo dire, però, che i complimenti e i giudizi positivi ricevuti fino ad ora mi hanno riempito di gioia e mi hanno dato un grande slancio per continuare a scrivere.

    D: Luciano, torniamo sui banchi di scuola: che tipo era il tuo professore di italiano? Ha contribuito a modellare la scrittore di oggi oppure la formazione scolastica pensi sia solo nozionistica e non produce vera cultura?
    R: Cominciamo col ricordare che la mia professoressa di italiano, alle superiori, era una bella donna. Spesso durante l’interrogazione si distraeva guardando fuori dalla finestra con occhi assenti ed io me ne accorgevo, allora, per allungare il brodo, cominciavo a raccontarle di tutto, da Pinocchio a Biancaneve, l’importante era non interrompere l’esposizione.
    Alla fine me ne tornavo al banco con un bel voto. Giuro!
    Anche se la scuola mi ha formato infondendomi le nozioni base, la passione per la scrittura è nata in età matura.
    Scrivere deve essere un atto libero, non un’imposizione.

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    Povertà di spirito: il «mostro» da sconfiggere

    D: Se avessi la possibilità – anche temporale – quale scrittore vorresti incontrare?
    R: Mi piacerebbe incontrare George Orwell, per chiedergli come ha fatto a prevedere eventi futuri.
    Il suo 1984 (scritto nel 1948) è straordinariamente avveniristico.
    Stupefacente.

    D: Chi consideri i tuoi «maestri» di penna?
    R: Tutti gli autori che ho letto, e il mio maestro Nando Vitali, ovviamente.

    D: ultimo libro letto?
    R: Il suonatore di pietre, di Sergio Saggese.

    D: Luciano, domanda d’obbligo: quali sono i peggiori «mostri» affrontati?
    Convieni che una delle armi più potente per sconfiggerli sia la cultura?
    R: Credo che il mostro più grande di tutti sia la povertà.
    Povertà, non solo intesa come condizione di chi si trova ad avere un limitato accesso a beni e servizi d’importanza primaria.
    Sto parlando di un altro genere di povertà, per certi aspetti ancora più grave: la povertà di spirito, che spesso equivale a ignoranza.
    È un po’ come un cane che si morde la coda, l’ignoranza genera povertà che genera ignoranza (la peggiore delle povertà).
    Se vogliamo fare un esempio, l’ignoranza è anche la principale causa di un’infinità di guerre. Non a caso, le zone del mondo teatri di conflitti sanguinosi coincidono con quelle dove è maggiormente diffuso l’analfabetismo.
    In altre parole, l’ignoranza rende succubi nei confronti di chi ne sa di più.
    La crescita culturale è l’unica vera possibilità di riscatto e di liberazione per l’umanità.

    D: Luciano, l’intervista termina con una riflessione libera.
    A te il messaggio da lanciare nell’oceano sconfinato della Rete.
    R: Se avete voglia di sognare e di passare qualche ora spensierata, di sorridere, riflettere ed emozionarvi, leggete Abbi fortuna e dormi.
    E se l’avete già letto, rileggetelo!

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    Faccio brutto [Domande perBeni]

    L’amore rende belli?

    “Ciao Beni, io e mio marito siamo brutti, ma tanto brutti che neppure ci guardiamo allo specchio, cosa che ci fa ancora più brutti.
    Perché l’amore non ci rende belli?”
    Sgorbiolina69

    L'amore rende belli?

    Antonio P. Beni risponde

    Cara Sgorbiolina, 
    L’amore rende belli dentro e anche fuori, come l’acqua minerale.

    Se a voi non succede possono esserci diverse motivazioni.

    Quando ero uno scienziato pazzo nello studio del dottor Frankenstein, ricordo che facemmo alcuni esperimenti su animali da compagnia.
    La domanda a cui non trovammo risposta
    immediata era perché questi animali, pur essendo brutti, erano accettati dai loro padroni.

    La risposta arrivò dodici anni dopo, da un trattato scientifico che trovammo in un fossato mentre si scavava per realizzare la metropolitana.

    Era scritto in una lingua ormai perduta, ma grazie a Google Translate trovammo la traduzione.
    Riporto solo la frase più significativa:

    “Ogn scarafone è bell a mamma soja”
    ovvero
    “Ogni scarafaggio è bello per la sua mamma”

    Questa saggezza del passato permise a professore Frankenstein di far resuscitare i morti aggiungendo latte di mandole nella soluzione iniettata nei cadaveri.

    A me permise di capire il significato nascosto di “uno più uno, fa sempre due”, ma questa è un’altra storia.

    Dalla tua lettera colgo il problema che non siete neppure alti, elemento che avrebbe portato a dire “altezza è mezza bellezza”.

    Il vostro problema non si può risolvere con proverbi o frasi trovate a caso durante gli scavi di una metropolitana che neppure doveva essere costruita in un anno bisestile.

    Il vostro non è semplicemente un problema, ma un dato di fatto in una strofa di Faccio Brutto di Fedez.

    Se, guardandovi negli occhi, anche se quelli di tuo marito sono divergenti e inclini alla secrezione di muco, se tenendovi per mano, anche se la tua destra ha una grave malformazione infettiva e pure degenerativa, se accarezzando i vostri visi scavati dalla differite e butterati dall’acido che vi hanno gettato contro perché pensavano di migliorarvi, il vostro amore persiste, allora sentirete nell’aria il dolce profumo della bellezza di due cuori che battono allo stesso tempo.

    E non importa se gli altri che vi sono intorno sentiranno solo un tanfo, come se una mucca avesse calpestato un maiale appena uscito da una fogna di Manhattan.

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      Autostrada per l’amore [Domande perBeni]

      Amore e bancomat: il dubbio di Fra74

      “Gentile signor Beni, come faccio a far capire alla mia fidanzata che, dopo che l’ho portata a cena in un ristorante dove i camerieri hanno i guanti, sarebbe un bel gesto di riconoscenza da parte sua pagare l’autostrada?”
      Fra74

      Amore al bancomat

      Antonio P. Beni risponde

      Gentile Fra74, dopo che ho letto la tua missiva mi sono chiesto come mai i nostri politici non fanno nulla al riguardo.

      Siamo una generazione in crisi: sentimentale, sociale e soprattutto economica.

      Dodici ore fa ho portato una ragazza fuori a cena, costo 120 euro, solo perché ho evitato di mangiare.
      Poi siamo andati a teatro, costo 80 euro, grazie ad un coupon scaricato sapientemente due anni fa.
      Infine siamo andati a bere qualcosa al lounge bar che affacciava sul Duomo di Milano, costo 55 euro.

      Tornando a casa, per evitare il traffico, abbiamo preso l’autostrada, costo 5 euro.

      In totale ho speso 260 euro.
      Lei, la ragazza, non ha neppure fatto il gesto di tirare fuori un euro dalla sua minuscola e insignificante borsetta nera con glitter luce.

      Essendo la prima nostra uscita ho ricevuto in cambio un bacio e una carezza sul collo.

      Dopo questa esperienza, dopo la tua lettera e dopo un’analisi con il mio consulente bancario, ho capito tre cose:

      1. Autostrada per l’amore è un problema che hanno otto milioni di uomini ogni ora nel mondo
      2. Il redditometro indica che il costo di una Escort è più basso del 27%
      3. Se proprio occorre andare a cena e non sei con una escort, allora fingersi vegano metodista transitorio. E’ una rara malattia che dura tre ore che non permette di spostarsi in auto, di mangiare in locali costosi e di spendere in bar

      Ad ogni modo, due ore fa ho incontrato l’ex moglie di Trump che si offerta di offrirmi la cena in cambio di sesso.
      Forse potrebbe essere questa la soluzione …

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        Amarsi a distanza: è possibile? [Domande perBeni]

        Credi nell’amore a distanza?

        “Gentile Beni, la scorsa estate ho conosciuto una tipa.
        Ci siamo incontrati ad una festa, vomitavamo tutti e due nella stessa tazza.
        Due giorni di passione poi lei è tornata nel suo Paese.
        Io in Italia e lei in Messico. Credi nell’amore a distanza?”
        Pippoepluto3

        Amarsi a distanza, è possibile? Risponde Antonio P. Beni, esperto in aMORE (con la a minuscola)

        Antonio P. Beni risponde

        Caro Pippoepluto3,
        il vostro amore ricorda le epiche storie di passione dell’ottocento.

        Storie in cui tutti erano contro l’amore della coppia e nessuno pensava che la vita media fosse sotto i quarant’anni.
        Premetto che credo dell’amore a distanza sono un fun fin da quando a dieci anni mi innamorai del pianeta Giove.

        Se la distanza tra due punti si calcola così:
        Per due punti con la stessa ordinata, la distanza è definita dal valore assoluto della differenza tra le ascisse e si indica con d(A,B)=|xAxB| …

        La distanza tra voi non è matematica, ma geografia.

        Ogni giorno ti chiederai sei in Messico qualcuno sta inzuppando il pane nella Sopa de limon della tua ragazza.

        Così come ogni giorno, con il fuso orario, la tua chamaca ti vedrà su skype con occhiaie che fanno pensare a complessi lavori manuali.
        Cosa che la costringerà a pensarti troppo impegnato con donne digitali.

        Sono però un fun degli amori a distanza, per questo voglio fornirti qualche consiglio:

        1. Evitate di litigare, soprattutto se uno dei due ha problemi di emorroidi e ogni cibo che tocca è piccante o fritto. O fritto nel piccante
        2. Vietata la gelosia.
          Se sui Social la vedi sempre semi nuda alle feste, ricorda che solo con te ha vomitato nella stessa tazza!
        3. Momenti Speciali.
          Ogni chiamata, video, o messaggio, deve essere un momento speciale. Momenti unici, come quando vinci per la prima volta a tombola con la cartella di tua nonna morta l’anno prima.

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          Dispenser gratuiti contro gli escrementi dei cani [aggiornamento]

          I primi risultati

          Sei distributori di sacchetti gratuiti per raccogliere gli escrementi dei cani lasciati marcire lungo il marciapiede.
          Trascorsi quattro mesi dalle prime installazione dei dispenser fai da te, i risultati sono incoraggianti.

          Dispenser gratuiti contro gli escrementi dei cani [aggiornamento]

          La reazione dei commercianti

          Entusiasmo.
          La saracinesca sembra essere il luogo preferito dove i quadrupedi evacuano ed il padrone incivile ben si guarda dal recuperare il maleodorante ricordino del cane.
          La mattina, all’apertura del negozio, il commerciante è costretto a ripulire saracinesca e strada limitrofa.

          Dopo l’istintivo impeto post spiegazione idea, segue la ragionata diffidenza.
          Il commerciante avanza gli ovvi dubbi: furti, vandalismo, indifferenza.

          Dopo quattro messi, una certezza: per il successo dell’iniziativa, resta imprescindibile il coinvolgimento del negoziante.
          Per controllare il dispenser (almeno di giorno), pubblicizzare l’idea ai clienti, responsabilizzare chi vive l’intera giornata il quartiere.

          Da sottolineare: l’iniziativa è autofinanziata e nessun commerciante sborsa un centesimo.
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          La reazione dei cittadini

          Luci ed ombre.
          I dispenser si svuotano periodicamente però non esiste la conferma del corretto utilizzo dei sacchetti.

          Al sottoscritto, il marciapiede appare più pulito ma forse è una suggestione, una speranza più che una certezza.
          Sono come colui che desidera incontrare una persona e vede il suo volto tra i mille volti della folla?

          Non lo escludo.

          Resta la convinzione: non intervenire è l’azione più semplice da perseguire; agire e provare a cambiare è la vera rivoluzione.

          Scarica il volantino SOS CANE


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          Napoli, i miei primi 1000 KM. In bici

          1000 KM, primo traguardo

          Il millesimo chilometro scatta a Materdei mentre supero di gran carriera il gigante verde dalla bocca spalancata.

          La pedalata scivola veloce, la gamba allenata non teme più la salita che all’esordio spaventava.

          Guardo il numero a tre zeri.
          Inspiro soddisfatto.

          I miei primi 1000KM. In bici. A Napoli

          Nonostante tutto, 1000 KM!

          Una boccata di puro smog invade il sottoscritto, coraggioso ciclista napoletano.
          Davanti, un ingorgo blocca la strada: l’enorme autobus pubblico sbuffa fumo nero maleodorante.
          Non può procedere, un auto parcheggiato in doppia fila impedisce il passaggio.

          Pochi istante e la coda di mezzi bloccati cresce a dismisura.
          Un esercito di automobili, lo sciame impazzito di motorini, qualche bicicletta: ognuno cerca una via di fuga per saltare l’ostacolo.

          L’orchestra di clacson inizia il concerto di protesta.
          Dopo pochi minuti di ordinaria follia metropolitana, la strada miracolosamente torna libera.

          Lascio sfogare i «mostri» urbani.
          Osservo ancora il display: 1000 KM!

          Quanto non ho inquinato

          Il conto è servito:

          • con un litro di diesel/benzina, percorro 15 km. in città
          • per 1000 KM servono (più o meno) 67 litri di carburante

          Sottraggo all’inquinamento cittadino 67 litri di idrocarburi, una piccola e grande quantità di smog non generato.
          Non partecipo al concerto dei rumori assordanti prodotto dal milione di veicoli che strombazzano per Napoli.
          Non occupo spazio prezioso tra i pendolari schiacciati come sardine in metropolitana o negli autobus.
          Fornisco l’esempio: l’alternativa esiste.

          Una piccola goccia nell’oceano?
          Però una goccia pulita.

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          1000 km. di casa-lavoro

          La bici (a pedalata assistita) come mezzo di trasporto.
          Le due ruote per raggiungere il luogo di lavoro.

          Napoli non è ancora una città per ciclisti, le difficoltà sono evidenti ed i pericoli ti minacciano ad ogni pedalata.

          Eppure pedalo.
          In città.
          A Napoli.

          E con un pizzico di volontà, puoi pedalare anche tu.
          Basta iniziare, poi non ti fermi più.

          Ci vediamo tra 1000 km.

          Fotogrammi deii miei primi 1000 KM in bici


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          Evernote, per non stressarsi con le password (dimenticate)

          L’amnesia post ferie

          Dopo il lungo sonno estivo, al primo bip il computer dell’ufficio chiede impassibile la password.

          Nessuna pietà per un lavoratore al rientro.
          Assente da tre settimane, il reset vacanziero di agosto cancella riti da impiegato e memoria d’ordinanza.

          Davanti al monitor, altri rientranti protestano: ancora con la testa in spiaggia, dopo vari tentativi e relativi fallimenti, restano con lo stupore scolpito sul volto e le mani immobili sulla tastiera.
          Account bloccato – la medesima espressione sbigottita di fronte al bancomat che si mangia la carta dopo i tre errori del PIN.

          Per il sottoscritto, nessun dramma.
          Apro il taccuino, leggo la nota.
          Addio amnesie: le password dell’ufficio sono scritte, classificate per argomento, pronte alla consultazione.

          Ovvio?
          Guardandomi in giro, direi proprio di no.

          Evernote, per non restar fregati dalle password dimenticate

          Evernote, taccuini e note

          Un gruppo di taccuini da portare ovunque.
          In ogni taccuino, le mille note ordinate e comode da consultare.

          Dal computer, con lo smartphone e dal tablet, i cento taccuini ed i mille appunti di Evernote sempre a portata di clic.

          Il funzionamento dell’app è intuitiva perché rispecchia la medesima organizzazione della vita reale con l’indubbio vantaggio della dematerializzazione dei taccuini e la facilità di consultazione delle note.

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          Tecnologia semplice, tecnologia amica

          Prendere appunti, scrivere un post-it, memorizzare le password, ritagliare un pezzo di carta da conservare sono gesti comuni.

          Le stesse azioni eseguite con lo smartphone finiscono in Evernote – l’app con la memoria d’elefante – che registra sul cloud taccuini e note.

          Elementare Watson?
          Forse sì o forse no.

          Banale?
          Come diciamo dalle nostre parti:

          dopo la soluzione tutti i ciucci sono maestri

          Registrate il consiglio con un post-it.
          Sarà necessario quando non ricorderete più la password per entrare in Evernote 🙂


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          Quale è la vincita minima per smettere di lavorare?

          Vincere al Superenalotto: sì, ma quanto?

          Basta un milione di euro.
          La cifra copre l’intera esistenza di un adulto italiano con partner e prole.
          Il milione d’euro permetterà all’intero nucleo di non lavorare mai e trascorrere una vita serena con uno stile medio.

          Non navigherete nell’oro ma, almeno, non sopporterete più le angherie del capoufficio (o equivalenti) e potrete dedicare tutte le ventiquattro ore della giornata a ciò che veramente amate.

          E questo non ha prezzo.

          Vincere al Superenalotto? Sì, ma quanto?

          Un euro a settimana

          Il calcolo deve essere analitico.
          Depenno l’emotività, la cifra è da capogiro: cento milioni più briciole è l’attuale montepremi del Superenalotto.

          Investo l’euro settimanale, la lotteria per spegnere il computer dell’ufficio per sempre e dedicare il tempo – finalmente! – ai sogni irrealizzati.

          Dunque: quale è la vincita minima per licenziarsi e vivere felice?

          I reddito medio italiano: 20 mila euro

          Reddito medio italiano: 20 mila euro

          Secondo le statistiche, la vincita milionaria bussa alla porta una volta nella vita: ragiono con le mani bucate e prendo le stime massime.

          Parto dall’ultimo dato Istat disponibile: il reddito medio in Italia è pari a 20.070€ e varia a secondo della zona.
          Per eccesso, consideriamo il reddito massimo del nord ovest: 22.820€.

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          Dopo quanti anni la pensione?

          Il secondo parametro da fissare è il numero di anni lavorativi prima di giungere alla agognata pensione.

          Tutte le riforme si basano su un concetto elementare: un lavoratore, più anni resta in ufficio (o qualsiasi altro posto) più tempo versa (i contributi) e meno riscuote (la pensione).

          Dunque, lo Stato prolunga la vita media del lavoratore finché l’Alzheimer galoppante non prende il sopravvento.

          Fisso a 40 anni la vita media del lavoratore moderno.
          Evito di specificare come giungerà il Fantozzi del ventunesimo secolo alla meta, sono algebrico e scevro di considerazioni personali.

          La formula

          Il calcolo è bell’è fatto, la soluzione elementare:

          • reddito massimo italiano moltiplicato il numero di anni lavorativi
          • 23.000 x 40 = 920.000
          • sommo 80.000 tra inflazione, rivalutazione e le spese dal dentista

          il cerchio si chiude: il milione è servito.

          L’appello

          Discorsi folli di un informatico sognatore?
          Riflessioni estive sotto l’ombrellone?
          Cifre sballate e numeri irraggiungibili?

          Forse.
          O forse no.

          Ora mi rivolgo a te, amico Lettore alla ricerca continua di «mostri» da sconfiggere.

          Fornisci una possibilità alla fortuna, altrimenti il milione lo vedrai sempre e solo dal binocolo.

          D’altronde, sei giunto fino a questo punto, qualcosa significherà.
          Interpreto il tuo impegno come la volontà di cambiare vita.
          Concordo.

          Investi un euro, il montepremi supera i cento milioni.
          Se vinci, un paio tieniteli pure, il resto distribuiscilo.

          Ricorda: basta un milione di euro per smettere di lavorare (per sempre).

          A proposito, non essere ingordo altrimenti il prossimo «mostro» potresti essere proprio tu.
          D’accordo?

          PS: se vinci, ricordati del sottoscritto (mi accontento anche di centomila euro)

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