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Tag: salute (Page 4 of 5)

Quella piccola, lunga fila di eroi

Come sentirsi un cittadino migliore

Alle 8.15 di questa calda mattina d’agosto sono numero sette.
All’arrivo, la sala d’attesa già brulica ed il personale – professionale come sempre – invita a compilare il modulo ed attendere sereni il proprio turno.

Sono stupito, proprio non me l’aspettavo.
D’accordo, la crisi economica morde i polpacci delle malconce famiglie italiane e le sudate vacanze sono ridotte ad un mordi-e-fuggi ma immaginare sei persone prima di me va oltre la più ottimistica utopia estiva.

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Ospedale Pascale, felice della coda!

Per ingannare l’attesa, un tizio legge distrattamente una vecchia rivista presa a caso da un mucchio di giornali posti sul tavolino nel corridoio d’avanti l’ufficio, un giovane affonda il viso nel display del suo smartphone di ultima generazione e mentre rifletto che, per la prima volta in vita mia, sono felice di essere in coda, un uomo racconta a questo casuale gruppetto di eroi di essere pensionato da tre mesi! («nonostante la riforma Fornero» aggiunge astioso).

«Espositoooo …» chiamano dalla stanza.
Il pensionato si alza, saluta e con un sorriso orgoglioso raggiunge la dottoressa.
Sono al centro trasfusionale dell’ospedale Pascale di Napoli per compiere il mio dovere, essere d’aiuto per chi necessita, sentirmi un cittadino migliore, controllare lo stato della mia salute e sono il numero sette.

Prima di me, c’è una fila di sei eroi sconosciuti, sei donatori di sangue.

Ospedale Pascale, la donazione di sangue, eroi sconosciuti


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L’Uomo Colla

Lo stress della fila al bancomat

Ore 7,30, al bancomat attendo il mio turno.
Un tizio, abbracciato allo sportello automatico della banca, continua le sue infinite operazioni: pigia i bottoni, stampa lunghissime liste movimenti, confronta i dati sullo schermo con i numeri presenti sul tabulato cartaceo, ritira dei soldi, poi estrae finalmente la carta magnetica ma – per la disperazione della fila – la reinserisce nuovamente per ripetere le stesse, minuziose operazioni.

Il mio fegato è messo a dura prova, la pancia si contorce ed ho i nervi tesi come le corde del violino di Uto Ughi.
Resisto grazie alle tecniche di respirazione orientale ed agli esercizi Zen.

Come riconoscere l’uomo colla

Cronometro il tempo trascorso: dodici, lentissimi, lunghissimi minuti di attesa.
Un secolo per uno sportello automatico ove le operazioni, mediamente, dovrebbero durare pochi, velocissimi istanti.

Finalmente l’invasato è appagato.
Soddisfatto della sua maniacale pedanteria, scompare mentre farfuglia e continua a consultare saldi e liste.

E’ l’Uomo-Colla, ossessionato dalla precisione e schiavo della propria pesantezza.

Insicuro per definizione, necessita di verificare ogni azione più volte finché la Matematica non lo rassicura.

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La posta, l’habitat naturale

Ma le migliori performance, l’Uomo-Colla le sfoggia alla Posta oppure quando interagisce con un impiegato di un qualsiasi ufficio pubblico.

Come riconoscere l'Uomo Colla

La sua presenza la si riconosce subito: dietro l’Uomo-Colla si genera la fila più lunga, gente esaurita in attesa che sbuffa ed accumula odio verso quel tizio fissato causa del blocco dello sportello (mentre le altre code avanzano velocemente).

L’Uomo-Colla è capace di tirar fuori il peggio da ognuno di noi e se il povero impiegato potesse, lo caccerebbe a calci tra l’applauso liberatorio dei presenti.

Non c’è possibilità di fuga, l’Uomo-Colla è più azzeccoso della resina del pino, del miele delle api della Malesia e del mastice per marmi.

Possiamo solo sperare di non incontrarlo ma è più probabile una vincita milionaria al Superenalotto: dentro il nostro animo sensibile, sappiamo che – prima o poi – saremo vittima di questo «mostro» appiccicoso.


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Esercizi neurobici, palestra per il cervello

Che cos’è la Neurobica

Mio suocero, con una simpatica e-mail, mi ha ricordato l’esistenza della neurobica.
Se cercate in Rete troverete molteplici definizioni, la più indicata credo sia «neurobica, la palestra per il cervello».

E’ importante curare la forma fisica ma è altresì fondamentale allenare il nostro cervello.
Non bisogna mai impigrirsi o lasciarsi andare, combattere ogni forma di apatia deve essere il nostro must.

Esaminate con attenzione le immagini che seguono.
Dopodiché ditemi se avete superato o meno i test, sarà divertente e soprattutto verificherete se il vostro cervello funziona ancora 🙂

Esercizi neurobici

Vedi più sotto alcuni esercizi neurobici.
L’importante non è indovinare ma stimolare i nostri neuroni e allontanarci da quella sgradita malattia che è l’Alzheimer!

Riesci a vedere 10 facce nell’albero?

Riesci a vedere 10 facce nell’albero?

C’è un viso in questa foto, riesci a vederlo?

C’è un viso in questa foto, riesci a vederlo?

Riesci a vedere il neonato?

Riesci a vedere il neonato?

Riesci a vedere la coppia che si bacia?

Riesci a vedere la coppia che si bacia?

Riesci a vedere tre donne? (esercizi di neurobica)

Riesci a vedere tre donne? (esercizi di neurobica)

Riesci a vedere la differenza tra un cavallo e un rospo? (esercizi di neurobica)

Riesci a vedere la differenza tra un cavallo e un rospo?

 

Guarda bene…..
Molto divertente!
Sei riuscito a vedere tutto?
Sei in ottima forma …

ASL, la lista d’attesa che guarisce l’otite

ASL, i tempi d’attesa

15 maggio 2014
«Deve consultare uno specialista» sentenza il medico di base oramai più passacarte che dottore.
«Ma mentre prenoto la visita all’ASL passerà un’eternità» obietto sconsolato.

Otite, la visita dopo 12 giorni

Da qualche giorno una fastidiosa otite assilla il mio orecchio sinistro e la morsa del dolore non accenna a diminuire.
Dalla farmacia (adibita alla prenotazione) confermano le mie perplessità: la prima data utile è fra dodici (12) giorni.

Dodici giorni possono essere un nonnulla oppure un tempo infinito, dipende dal problema.
Per un mal di denti e per un’infiammazione dell’orecchio dodici giorni di attesa sono insostenibili.

«E secondo Lei, come resisto fino al 27 maggio?» chiedo all’addetto.
«Aerosol e tachipirina 1000» risponde asettico il mostro.

Inizio la cura: rinowash mattina/sera ed, in caso di difficoltà, il miracoloso paracetamolo per placare le sofferenze.
Armato della pazienza di Giobbe, vedo avvicinarsi la data della visita.

L'otite e la lista d'attesa all'ASL

La Sanità pubblica ti spinge verso il privato?

Sempre più dubbioso, mi chiedo a cosa serva una Sanità con servizi inutilizzabili. Difatti, le liste d’attese spingono il cittadino verso gli specialisti privati ed i costi sono quasi equivalenti alla tariffa di un luminare (tra superticket e prima visita, il controllo all’ASL costa 38€).

Un imprevisto: ASL, 22 giorni d’attesa

Purtroppo l’inefficienza della burocrazia abbatte anche il più forte dei tenaci e dopo qualche giorno ricevo la stupefacente telefonata di uno zelante impiegato dell’ASL.

Dopo le dovute presentazioni, chiede la conferma: «buongiorno, Lei ha prenotato la visita otorinolaringoiatria per il 27?».
«Sì, esatto» rispondo mentre un vortice di domande mi balena nella mente.
«L’informo che il dottore non è disponibile per quella data, dobbiamo spostare l’appuntamento al 6 giugno» afferma gelido.

Impiego qualche istante per comprendere, poi – ingoiato il polpettone indigesto – esplodo: «e secondo Lei io dovrei aspettare ancora altri dieci giorni? Alla fine, per il mal d’orecchio, devo attendere tre settimane??? Ma è normale???» urlo spazientito.
«Il mio compito è informarla, certo ha ragione» si giustifica l’anonima voce.
«E non c’è un altro dottore per una sostituzione?» reclamo senza speranza.
«Ovviamente no» sentenzia l’ignavo impiegato.
«Voglio protestare! A chi devo rivolgermi? Comunque, nel frattempo, sono pure guarito quindi mi cancelli da questa ridicola lista d’attesa» concludo forte della mia rabbia.
«Si rivolga al direttore del distretto» e proclama il The End all’ennesimo film dell’horror.

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The End: 25 giorni d’attesa

Se la Matematica non è opinabile, con l’otite in corso, avrei dovuto attendere venticinque (25) giorni per una visita otorinolaringoiatria all’ASL.

I più resistenti guariscono da soli, i mollaccioni pagano e si rivolgono ai privati: deve trattarsi di un innovativo piano del Ministero per ridurre i mostruosi tempi d’attesa della Sanità Pubblica.


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Napoli e lo sporco mistero dei bidoncini della raccolta differenziata

Raccolta differenziata, uno sporco mistero

Il mistero è fitto e come ogni mistero napoletano occorre la giusta pazienza per sbrogliare l’intricata matassa.

Tre giorni alla settimana – puntuale come la TARES – il piccolo camioncino dell’ASIA giunge nel parco ove abito e due zelanti operatori ecologici svuotano il cassonetto della raccolta differenziata dell’umido, il bidone marrone del porta-a-porta partenopeo.

Raccolta differenziata porta-a-porta?

Chi lava il bidoncino marrone dell’umido?

Dal tanto atteso giorno nel quale fu «installato», il leggendario (e per molti quartieri ancora latitante) bidoncino marrone non è stato mai lavato.

Senza perdersi d’animo, durante le giornate di pioggia, un condomino attento all’igiene ha l’accortezza di alzare il coperchio del cassonetto.
L’acqua piovuta dal cielo provvede alle mancanze terrene (d’altronde, le Istituzioni attendono lo stesso aiuto divino anche per il lavaggio di molte strade cittadine).

La domanda senza risposta

Qualche giorno addietro esco dal portone di casa ed il destino mi fornisce l’occasione per svelare questo sporco enigma: mi ritrovo faccia-a-faccia con i custodi del mistero.

«Mi scusi, vorrei un’informazione: a chi tocca lavare il cassonetto?» chiedo con calma olimpica.
«Toccherebbe a noi dell’ASIA» risponde l’esperto operatore attento a non sbilanciarsi troppo (immagino quante volte abbia contrastato il medesimo attacco).
«Bene, e quando lo laverete visto che fino ad oggi nessun vostro collega l’ha mai pulito!» incalzo sicuro.
«Quando qualcuno metterà nel turno il lavaggio del bidoncino, noi raccogliamo ma non puliamo» risponde monòtono l’operatore.
«E quando avverrà questo turno?» chiedo privo di speranza.
«Non si sa, bisogna aspettare» sentenzia asettico il muro di gomma umano.

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I due dipendenti salgono sul piccolo camion comunale e con calma si dileguano.
«Non finisce quì» farfuglio a denti stretti mentre un fetore sinistro giunge dal bidoncino marrone appena svuotato.

Col tempo questo mistero napoletano puzzerà sempre di più, ne sono certo.


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Io mangio con don Raffaé

Benitez, il buongustaio

Avrei potuto scrivere questo post dopo le due trionfali bastonate del Ciuccio alla Zebra ma sarebbe stato come segnare a porta vuota, troppo banale.
Invece l’elogio al godereccio Rafa Benitez lo pubblico dopo il digiuno di Parma e l’inevitabile pioggia di polpette sul nostro pacioccone Mister.

Sarà per quella faccia a forma di torta ripiena, il fisico sedentario indice dell’amore per la buona cucina, il sorriso beffardo di chi è a dieta perenne ma ha appena rubato un cucchiaio di Nutella, quell’aria furba da buongustaio impertinente … a me lo spagnolo piace.

Benitez ed il Napoli: salsiccia e friarielli

Perché una vera squadra assomiglia al suo allenatore ed il Napoli e don Raffaé sono come la salsiccia con i friarielli, una ricetta perfetta.

Un gioco pepato e mai insipido, a tratti dolce ma sempre spettacolare con l’inevitabile peccato di ingordigia che spinge gli azzurri a commettere errori grossolani.
Ma Hamsik e compagni garantiscono l’abbuffata: i gol (fatti e subiti) si sfornano come pizze calde, lo show segue un menù delicato ed appagante e sotto l’attenta direzione dello chef di sala che prende appunti, registra gli ingredienti ed incita i suoi ragazzi, gli avversari vengono cotti a puntino.

Al novantesimo don Raffaé, inzuppato di sudore come un babà al rum, si presenta sazio davanti le telecamere.

Con le guance rosso fragola risponde alle perfide domande dei giornalisti avari di scoop e con l’intelligenza tipica di colui che viaggia ed apprezza la cultura dei popoli, respinge le provinciali osservazioni nostrane e ci ricorda che il calcio è un gioco: a volte si vince, spesso si perde ma l’importante non è il risultato bensì conservare la propria identità.

Sempre.
Indipendentemente da chi hai dall’altra parte del campo.

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Uno spaghetto per Benitez

E allora mi spingo oltre ed invito ufficialmente Benitez a casa mia per un pranzo napoletano.
Non rimarrà deluso perché io la penso come lui: la bellezza del calcio è nella sua semplicità, come un piatto di spaghetti al pomodoro.

Con Rafa Benitez insieme a pranzo?


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Baci Perugina vs Ferrero Rocher

Baci perugina, invenzione geniale

La mia cultura matematica impone una dimostrazione per ogni affermazione onde evitare il qualunquismo galoppante.

Se dichiarassi «i giovani di oggi sono tutti maleducati» farei la figuraccia dell’ignorante presuntuoso: anche io (in modo relativo) sono giovane ed il teorema colpirebbe la massa in modo indiscriminato senza nessuna eccezione.

Non ho prove concrete per sostenere questa teoria (spavalda) anzi basterebbe il comportamento civile e garbato di un adolescente per demolire l’ipotesi generalista.

Eppure, c’è chi ha trasformato frasi propagandistiche (non dimostrate) in un business milionario.
Non pensate male adesso, non mi riferisco ai nostri politici bensì agli astuti inventori dei Baci Perugina.

Tralascio sulla qualità del prodotto, il piacere è soggettivo e focalizzo l’attenzione sui messaggini incorporati nel cioccolatino.

Baci Perugina vs Ferrero Rocher

Le famose frasi d’amore

Dal sito ufficiale, consulto la sezione I Bigliettini di Baci e leggo la frase d’amore degli anni 2000

«essere amati profondamente da qualcuno ci rende forti, amare profondamente ci rende coraggiosi» (Leo-Tzu, VI secolo a.C.).

Ebbene, è noto perché il vecchio saggio abbia esposto questo concetto?
Ha riferito il profondo pensiero ai suoi adepti dopo una delusione affettiva?
Ha conosciuto egli stesso persone che hanno «amato profondamente»?
Ed in numero tale da poter studiare un campione rappresentativo dell’intera Umanità?

Dubito.

I Baci Perugina contengono concetti non dimostrabili, quindi generalisti che alimentano l’entropia dell’Universo.

Per questo io preferisco – senza nessuna esitazione –  il gustoso silenzio dei Ferrero Rocher.

E tu, caro Lettore goloso, quale dolce filosofia ami?

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Routine, la grande bellezza

Routine, il solito (bel) film

Ore 7,15 di un qualsiasi giorno lavorativo.
Chiuso nel mio giubbotto nautico (il look preferito del momento), zaino in spalla, occhio vispo, cervello fulgido e con il serbatoio pieno di energia, pronto per affrontare una nuova avventura balzo via di buonora.

Mi piace uscire quando per gli altri suona la sveglia, la città non è ancora invasa dal traffico caotico e l’aria (anzi lo smog) è ancora frizzante.

Il film della routine

Incontri ripetuti ogni mattina

«Buongiorno!», il primo saluto della giornata lo regalo al pensionato del terzo piano mentre mi mangio le scale e  volo verso l’uscita.

L’incrocio puntualmente ogni mattina, porta i due anziani cani a sgranchirsi le ossa giù al parco e – palette alla mano – a soddisfare i bisogni psicofisici degli amici quadrupedi.
Risponde sempre in modo educato e scambiamo quattro cordiali chiacchiere di buon vicinato.

Nel parcheggio, mentre deposito lo zaino nel portabagagli del mio bolide, passa «il signore con la cravatta».
Lo chiamo così perché veste in modo elegante, impeccabile nella sua giacca scura non intercetta mai il mio sguardo.
Non ci conosciamo, eppure la scena si ripete sempre uguale: io a maneggiare nei pressi della mia auto, lui che cammina nel viale per raggiungere la sua.
Occhi bassi, non concede il fianco a nessuna possibile apertura verso il mondo esterno.

Perplesso, salto alla guida e parto per l’ufficio.
Appena varco la soglia, scorgo il salumiere alzare la saracinesca del suo negozio: mi sorride e ci salutiamo con un gesto automatico della mano.
Di fronte, la signora bionda attende l’autobus e – come ogni mattina – per ingannare l’attesa si abbandona nelle cuffiette bianche del suo cellulare.

La routine, l’orologio della vita

La routine regola la nostra vita, scandisce i momenti e decide gli incontri come in una sequenza di fotogrammi che si replicano ogni giorno, sempre allo stesso orario e con gli stessi attori.

Sembra un film «mostruoso» ma – quando la pellicola si spezza – comprendi la vera importanza della normalità.


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Si chiama SESSA, è la nuova tassa sulla Tosse

Dopo un lungo iter burocratico, la nuova tassa sulla tosse è legge.

Voluta fortemente dal Ministro del Lavoro («così i fannulloni ci penseranno due volte prima di assentarsi per malattia»), benedetta dal Dicastero della Salute («i cittadini finalmente rifletteranno sulla prevenzione») l’imposta entrerà in vigore da oggi e – probabilmente – scadrà la prossima primavera (ma fonti non ufficiali parlano di una proroga per l’inverno).

Le casse dello Stato sono in deficit ed è giusto che a contribuire sia soprattutto chi – vuoi per superficialità, vuoi per una debolezza naturale – si ammali per diventare egli stesso fonte di contagio. I dati sono sconfortanti: l’ISTAT stima in una perdita per l’INPS di quasi novecento euro al giorno per ogni abitante onesto influenzato (la cifra schizza a millecento se si tratta di un lavoratore in nero).

Prima di tossire, pensaci

Il Governo, difronte a questo sperpero, è corso ai doverosi ripari.

Con la SESSA (Salute E Soldi Senza Allergia) si prevede un introito immediato di circa cinque milioni di euro (il picco dell’influenza è tra dicembre e marzo) ed i ricavi saranno destinati per alleviare le difficili condizioni dei mafiosi condannati al carcere duro (il famigerato 41bis).

La tassa non sarà uguale in tutta Italia.

Difatti è passato un emendamento della Lega («da noi fa più freddo ed il virus è più aggressivo») per cui si pagherà di più al Sud e la cifra diminuirà verso il Nord.
I grillini, invece, hanno subito lanciato un referendum on-line per capire quanti degli iscritti al M5S usino il vaccino. Il PD si è spaccato: l’ala comunista difatti ha chiesto l’esenzione per gli allergici ma i filo governativi hanno respinto la mozione e dopo la minaccia di dimissioni del segretario si è giunto al compromesso che scontenta tutti: «esenti gli allergici da almeno trent’anni».
Forza Italia ed il Nuovo Centro Destra in una nota congiunta dichiarano soddisfatti: «la tassa non toccherà chi guadagna più di 40mila euro».

Sono pronti gli spot televisivi da trasmettere in prima serata a reti unificate (Mediaset e Sky comprese): «prima di tossire, pensaci».

Il virus di fine anno

I sintomi sono sempre gli stessi: appesantimento, sensazione di rallentamento crescente, l’impressione di un generale stordimento e di riduzione dell’efficienza.
Il periodo, d’altronde, è ideale: tra Natale e capodanno  un lungo ponte festivo, l’assenza dal lavoro stimola lo shopping, le luci colorate, la musica attraente, la sensuale signorina in primo piano che ci sorride ammiccante, il prezzo sbalorditivo e le nostre già deboli difese si sciolgono come neve al sole.

Un attimo di distrazione e l’infido virus si innesta in un istante senza lasciare apparenti tracce.

Poi, quando meno te l’aspetti, gli effetti indesiderati scoppiano come i fuochi d’artificio nella magica notte del 31 dicembre!

virus

Allora non ti resta che provare i soliti rimedi ma se il germe è sofisticato rischi conseguenze pesanti.
Consulti internet ed il tuo umore già pessimo tracolla definitivamente: l’autodiagnosi è grave e se non si interviene nelle prossime ore si avrà una progressiva perdita della memoria fino ad una cancellazione totale di tutti i ricordi.
Disperato, chiedi l’intervento di un amico esperto ma è fuori Italia (o almeno così afferma), ti guardi intorno e capisci che sei solo.
A questo punto, puoi solo sperare nel miracolo: domani ti svegli ed il virus – spontaneamente –  si è messo in quarantena.

Prevale il senso di impotenza, bevi una camomilla e vai a dormire sconfitto.

La mattina successiva ti svegli, non vai nemmeno al bagno per svuotare la vescica ed agitato accendi il computer.
Come previsto, il virus si è impossessato del pc e si diverte ad inviare le foto della scorsa estate ai tuoi amici e pubblicare sul web pezzi dei tuoi documenti riservati.

Tranquillo, in fin dei conti la (tua) salute è la cosa più inportante.

 

Pronto Soccorso, il film dell’horror inizia al crepuscolo

Location: sala d’attesa del Pronto Soccorso dell’ospedale Cardarelli di Napoli

Trama: disperazione dei bisognosi e richiesta di assistenza di chi necessita di cure mediche immediate.
Cast: uomini invisibili, nessuna prima donna, dottori ed infermieri coraggiosi, malati di gravità diverse (dalla mamma infortunatasi in casa fino all’incidentato grave)
Spettatori: parenti ed amici degli ammalati.

Pronto Soccorso, scene di ordinaria follia (sociale)

Con il calare del sole emerge il mondo sommerso

Persone bisognose, uomini indigenti, essere umani soli ed abbandonati, individui sprovvisti di tutto alla ricerca disperata di un riparo per la notte.

Il Pronto Soccorso è il luogo nel quale converge l’esercito di nullatenenti che vivono ai margini delle nostre città, una moltitudine di povera gente dimenticata dalla cosiddetta «società civile», sfortunati a cui è negata ogni forma di assistenza (sanitaria e non) costretti a rifugiarsi nella sala d’attesa dell’ospedale.

Un film che si ripete ogni giorno

Amare considerazioni, verità palesi e scene di ordinaria sofferenza tratte da un drammatico film (vietato ai minori) a cui ho assistito questa notte e che, temo, vada in onda al crepuscolo di ogni santo giorno.

Alle Istituzioni il compito di cambiare questo inquietante palinsesto, a noi testimoni sporadici la rabbia per l’indifferenza della politica ed i dilaganti tagli alla spesa pubblica.
Perplesso mi interrogo:

possibile che anche i servizi minimi necessari alla collettività debbano sottostare alle regole dell’economia?


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Il postino non suona più (nemmeno una volta)

Il postino è fuggito a Cuba?

La cassetta postale – a differenza della mailbox dove ricevo le e-mail – è malinconicamente vuota.

Da luglio ad oggi (inizi di settembre) ho contato: una bolletta dell’ENEL, tre volantini pubblicitari ed il verbale dell’ultima riunione condominiale.

Poi silenzio assoluto.

Le domande del quartiere

Del caro, vecchio fidato postino non si ricevono notizie da mesi: il quartiere lo attende con ansia, non per recuperare la posta arretrata (mettiamoci una pietra sopra) ma per verificare lo stato di salute dell’uomo.

E’ ancora in Italia?
E’ scappato con le nostre lettere a Cuba?
Ha vinto il superenalotto?
Ha cambiato sesso?
La sua razionalità è stata travolta da una inarrestabile passione nel perfetto stile Jack Nicholson – Jessica Lange?

Oppure – evento tragico – l’ascia dei tagli al personale l’ha colpito?
E’ anche lui un esodato?

Il postino non suona più (nemmeno una volta)

Quante lettere abbandonate nei depositi della Posta?

Spero nulla di tutto ciò: l’ipotesi più plausibile è il prolungamento della vacanza.

Scommettiamo?
Sono certo: il nostro amico postino è ancora in viaggio a godersi la vita su una spiaggia di Maiorca.
L’immagino che ridacchia mentre sorseggia un drink sotto una palma pensando alle tonnellate di lettere che giacciono in un deposito abbandonato delle Poste Italiane e che nessuno recupererà più.

Presto lo vedremo recapitare nuovamente la posta, abbronzato e di buon umore tornerà carico di energia ed il suo rumoroso scooter annuncerà il ritorno.
La salute (del postino) prima di tutto.


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