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Tag: solidarietà (Page 1 of 2)

Il saluto speciale dell’uomo dell’Est (a pochi passi da San Gennaro)

Un contatto da due mondi distanti

«Fine delle vacanze? Ben tornato!».
L’uomo al semaforo di via Duomo, a due passi da San Gennaro, mi saluta con entusiasmo.

Ci vediamo ogni giorno, per pochi secondi, da mesi.
Io, ciclista metropolitano, in sella alla bici mentre rientro dall’ufficio.
Lui, uomo dell’Europa dell’est, al semaforo, in lotta con il mondo.

Reato colpito.

Nonostante combatti la sua quotidiana guerra per sopravvivere nella giungla urbana, l’uomo dell’est nota l’assenza d’agosto del sottoscritto.
E, addirittura, mi riserva un bentornato entusiasta.

L'uomo dell'Est, a pochi passi dal murales di San Gennaro

Il destino misterioso dell’uomo dell’est

Il volto provato, il corpo gracile, l’uomo dell’Est vive di elemosina.
Agli automobilisti fermi in attesa del verde, chiede con garbo.
C’è chi gli offre una sigaretta, chi due spiccioli.
Lui, cordiale, ringrazia e sorride.

Chissà quale destino nasconde dietro quegli occhi dignitosi (e attenti).

Un tempo, era un padre premuroso?
Dove sono i suoi cari?
Di cosa si occupava nella sua terra d’origine?
E, soprattutto, come è finito a vivere di elemosina ad un semaforo di via Duomo?

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Come aiutare l’uomo dell’est?

In un mondo di «mostri», la gentilezza di questo uomo disperato, è un sentimento che apprezzo.
E condivido.

Ora tocca a me ricambiare.
Già, ma come?


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Al mare, testimone di un salvataggio eroico

Un soccorso in mare vissuto in diretta

Quale sentimento spinge una persona ad abbandonare la sicurezza della propria vita per lanciarsi in mare e soccorrere uno estraneo in difficoltà?

E’ la domanda che mi pongo oggi mentre assisto – dalla spiaggia di un lido del litorale domizio – al salvataggio di un gruppo di bagnanti che, per le condizioni del mare avverso, non riescono a tornare a riva.

A pochi metri dalla spiaggia libera, le forti onde creano un fosso tra un gruppo di persone e la costa.
Un uomo inizia a sbracciare per segnalare l’emergenza: nuota ma le correnti lo allontanano dalla riva.
Nonostante non affondi del tutto, è in forte difficoltà.
Il mare lo sovrasta, poi riemerge, sbraccia ancora.

Con lui si distinguono altre persone, forse un bambino ed una giovane ragazza.
Tutti in pericolo.

Litorale domizio, volontari e bagnini salvano un gruppo di bagnanti in difficoltà

L’intervento dei bagnini (e dei volontari)

Dai lidi limitrofi, i bagnini scattano immediatamente.
Con le tavolette rosse in pugno, superano il fosso marino ed, in pochi istanti, raggiungono il gruppo di persone in totale panico, a poche decine di metri dalla spiaggia.
Li soccorrono.

Insieme ad altri volontari, li riportano tutti sul bagnasciuga.
Giunge anche un terzo bagnino con l’imbarcazione di salvataggio per aiutare chi è senza energie.

Per fortuna, la missione di si conclude con un lieto fine.

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Il coraggio dei volontari

Da sotto l’ombrellone, noto delle persone correre verso il mare.
Non capisco cosa stia accadendo finchè non raggiungo la folla in riva ed ascolto i commenti preoccupati.

La squadra di volontari che si è lanciata verso i bagnanti in difficoltà è davvero numerosa.

Conto almeno una decina di uomini, qualche ragazzo ed una giovane donna.
Li vedo rientrare affaticati, raccontano di un anziano in preda al panico (credo l’uomo che sbracciava) e di un bambino impaurito.
Li hanno raggiunti – chi dalla spiaggia, chi via mare – ed, insieme ai bagnini, salvati.

Ascolto l’impresa con ammirazione.

Queste persone, non temevano di affogare?
Prima di tuffarsi, hanno riflettuto sul pericolo al quale andavano incontro?

Rischiano la vita per soccorrere degli estranei.

L’azione di questi volontari non finirà mai sui giornali e nessuna Istituzione gli renderà i giusti meriti.
Ma, entrano di diritto nell’esercito di eroi silenziosi che combattono i «mostri» della nostra società.

A loro, il nostro pubblico ringraziamento.


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Maleducazione cieca

Fin dove giunge la maleducazione?

Viaggio in metropolitana (Linea1).
Carrozza piena, ne abbiamo viste di peggio.

Entra un ragazzo non vedente: col bastone lungo e sottile, guadagna spazio tra i passeggeri incuriositi.

Pian piano attraversa la carrozza, con calma raggiunge la porta opposta all’ingresso.
E’ sicuro nei movimenti, evidentemente prende la metro con regolarità.
Mentre il treno riparte, il ragazzo non vedente appoggia la schiena sulla parete, in prossimità dell’uscita.

Tutti osservano, nessuno si alza per cedergli il posto.

Maleducazione cieca

La reazione del sottoscritto

I ragazzi isolati nelle cuffie, signori indifferenti, donne chiuse nel loro mondo.
Mentre il treno attraversa le gallerie (buie) e corre veloce verso la successiva stazione, nell’ecosistema underground – specchio del mondo di sopra – trionfa l’egoismo.

Tutti incollati al sediolino della metro, il ragazzo non vedente in piedi.
Assurdo, davvero assurdo.

Anzi, inaccettabile!

Reagisco.

Mi avvicino ad un giovane: lui, seduto, comodo.
Il coetaneo in piedi, più in là.
Con le mani, indico il non vedente.
Il giovane alza lo sguardo con aria stupita, non comprende le intenzioni.
Con le dita, punto ai miei occhi con un movimento continuo destra-sinistra della mano.
Il giovane osserva ancora il non vedente, poi il sottoscritto.

Infine capisce.

«Vuole accomodarsi?» dalla bocca distratta, finalmente, partono le parole magiche.
«Grazie, fra poco scendo» il non vedente risponde senza esitazione.

Dopo pochi minuti, la metro giunge alla stazione.
Le porte si aprono ed il ragazzo, aiutandosi col sottile bastone, esce e prosegue il suo cammino con fiducia.

Dal treno, lo seguo con lo sguardo.
Ben presto, il non vedente svanisce  tra la folla dei pendolari, un fiume di persone concentrate solo su se stesse incapace di aiutare il prossimo.

La metro riparte.
La maleducazione cieca, resta.


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Francesco, l’uomo che mi salvò la vita. Per due volte.

Quegli eroi silenziosi

La vicenda narrata è vera.
Francesco, invece, è un nome di pura fantasia utilizzato in questo post per tutelare l’anonimato del mio salvatore.

Francesco, come tutti gli eroi invisibili, vive dietro le quinte e non ama le luci della ribalta.
Opera in modo silenzioso, compie il suo dovere senza mai un lamento ed, in alcuni casi, compie gesta straordinarie.
Per dileguarsi, subito dopo, tra le ombre dell’anonimato.

Al sottoscritto, cronista per caso, il dovere di riportare due episodi nei quali Francesco è protagonista.
Grazie al suo intervento, lo scrivente può (ancora) raccontare la vicenda ai posteri.

Francesco e gli eroi invisibili: l'uomo che mi salvò la via per due volte

Il primo salvataggio

Bloccato nel bagno dell’ufficio, guardo sconsolato le pareti della gabbia.
La serratura inceppata, giro e rigiro ma la porta non si apre.

Osservo il rotolo di carta igienica attaccato al muro, con un gesto meccanico abbasso il coperchio della tazza del water.
L’igiene va perseguito, anche nei momenti di emergenza.

Lo spazio ristretto annebbia le idee.
La claustrofobia ben presto scende nel piccolo loculo.
Come posso uscire?
Passato i minuti e nessuna voce amica intercetta i rumorosi tentativi di evasione.

Rassegnato, mi accomodo sul water-sedia.

«C’è qualcuno chiuso nel bagno?»
Quanto tempo sarà passato?
Un minuto ? Mezz’ora?

La voce di Francesco riaccende la speranza.

Con un cacciavite, il mio salvatore forza la serratura del bagno-prigione e dopo pochi minuti sono un uomo libero.

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Il secondo salvataggio

Esco dall’ascensore e la reception – stranamente – è al buio.
Il portiere è andato via, ha staccato la luce, chiuso le porte d’ingresso/uscita del palazzo (scoprirò poi di aver preso l’ultima corsa che riporta l’ascensore al piano terra prima dello stop programmato fino alla mattina successiva).

Le cinque e mezza del pomeriggio, quasi tutti i colleghi sono andati via.
Stavolta il sottoscritto è prigioniero nella sala d’ingresso del palazzo dove risiede l’ufficio.

Mi muovo come un leone in gabbia.
Pigio il bottone per richiamare l’ascensore.
Nessuna risposta.
Il cellulare – ovviamente – non ha campo.
Tutto tace.

Guardo intorno, il luogo familiare attraversato ogni giorno, ora è ostile.
Perplesso, rovisto dietro il bancone del custode.
Non trovo attrezzi utili per la fuga.

Dalla vetrata, osservo lo spazio vuoto davanti l’ingresso.
Nessuna anima viva.
Silenzio assoluto.
La serata cala rapidamente mentre resto prigioniero nella reception bloccata.

«Che ci fai là dentro?»
Quanto tempo sarà passato?
Un minuto ? Mezz’ora?

Qualche telefonata, l’attesa, il recupero delle chiavi e ritrovo l’agognata libertà.

A distanza di quattro anni dal primo salvataggio, è sempre Francesco a tirarmi fuori dai guai per la seconda volta.

Il lavoro oscuro degli eroi invisibili

Chi è Francesco?
Francesco esiste per davvero, lavora nel mio ufficio ma non è un collega.
E’ il tuttofare: ripara ciò che si rompe, coordina la logistica, consegna i pacchi, sposta i computer …
Se desiderate conoscerlo – e se lo trovate libero da impegni – chiedete in giro, lo conoscono tutti.

A distanza di anni, ringrazio Francesco con questo post.
A lui – e tutti gli eroi invisibili che non saranno mai premiati con una medaglia pubblica – la mia riconoscenza.

Francesco, senza il tuo prezioso intervento, per il sottoscritto, il mondo sarebbe una vera prigione 🙂


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Bookcrossing in ufficio, una semplice idea per leggere libri (gratis)

Bookcrossing in ufficio, è già realtà!

«Il Diario di una schiappa? Mio figlio li ha letti tutti, ora è cresciuto, li abbiamo sulla mensola a prendere polvere, se vuoi te li porto».

In ufficio la scintilla nasce per caso, tra una chiacchierata innocente ed una mezza richiesta rivolta a Paola – lettrice seriale e persona disponibile.
Detto fatto: il nostro bookcrossing è realtà!

I primi volumi colorati dell’autore statunitense Jeff Kinney distribuiti a colleghe e colleghi, prima stupefatti e poi sorridenti.
Con una promessa: «a fine lettura, riporta il libro in ufficio».

Pronti per una nuovo prestito.

Bookcrossing in ufficio, una semplice idea per leggere libri gratis

I tre punti del successo

L’ufficio è l’ambiente ideale per il bookcrossing per ovvi motivi:

  • l’ambiente è circoscritto
  • le persone sono fidate

Due elementi fondamentali per essere sicuri di consegnare il libro a chi è veramente interessato.
E – particolare non trascurabile – in ogni caso, con la certezza di recuperare il volume.

Inoltre, la condivisione aiuta a condividere: se il sottoscritto è il primo a mettere a disposizione un proprio libro, fornisce l’esempio diretto a colui che lo riceve.
E, come tutti i casi di successo insegnano, colui che riceve il libro gratis, a sua volta, sarà invogliato a prestare.

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Bookcrossing in ufficio: dove possiamo arrivare?

Più rifletto, più mi convinco della bontà dell’idea!

Volo con la fantasia … addirittura, il successo del bookcrossing in ufficio potrebbe portare ad un’evoluzione inattesa: la creazione di una libreria aziendale!

Si!

Una libreria dove ogni impiegato può depositare un qualsiasi libro – dal manuale tecnico al romanzo –  un regalo da condividere con gli altri colleghi.

Chi desidera leggere quel determinato volume, compila una semplice scheda col nome e la data del prestito, preleva  il libro e, al suo posto, lascia la scheda informativa per comunicare agli altri la presenza di quel titolo e chi e quando lo ha prelevato.

Potrebbe davvero funzionare!
Se ampliamo l’idea, creiamo in tutti gli uffici d’Italia un piccolo spazio dedicato alla lettura gratis.

Ne parlerò con i miei colleghi, scruterò le reazioni ed il loro entusiasmo.

Il Diario di una schiappa ha iniziato il viaggio itinerante (e gratuito).
Ora, tocca convincere gli altri libri impolverati e abbandonati sulle nostre mensole: fermi sono sprecati, il loro posto è tra le mani di un nuovo lettore.

Ci proviamo?


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Donatori di sangue: I want you!

Lucia, l’incontro tre volte l’anno

Lucia non conosce il mio nome.
Ma io conosco lei.
L’incontro tre volte l’anno: gentile, accogliente professionale.

Lucia è un’infermiera del centro trasfusionale dell’ospedale Pascale di Napoli.
Assiste noi donatori di sangue col sorriso, intrattiene, chiacchiera, rassicura.
E ringrazia ogni singola persona che,  dopo dieci minuti – tanto dura l’intera operazione! – lascia il centro con l’orgoglio di chi compie una nobile azione.

Anche io ringrazio perché vado via con una certezza: donare il sangue mi rende un cittadino migliore.

Donatori di sangue: come sentirsi un cittadino migliore

L’appello per i non donatori di sangue

Cercasi adulto (uomo o donna che sia), dotato della giusta dose di umanità, in buona salute, con una vita normale senza comportamenti a rischio, disposto a concedere dieci minuti della propria giornata per compiere un gesto generoso.

Offresi atmosfera serena e cordiale, la consulenza di medici esperti, competenti e professionali, una check-up completo (controllo della pressione, cuore, analisi del sangue …).
Segue una colazione tra amici, un giorno di ferie retribuito dal lavoro.

Guadagno sicuro: la riconoscenza infinita di tutte quelle persone che necessitano di trasfusioni di sangue.


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Aiutiamo Francesca, desidera solo tornare a scuola

Francesca e la scuola

Esiste un limite d’età per frequentare la scuola, la norma è chiara ma può uno Stato civile applicare in modo sordo la Legge?

Nel caso di Francesca, le Istituzioni applichino una regola non scritta nei testi di giurisprudenza: la legge della solidarietà.

Possibile che siamo prigionieri della burocrazia?
Il progetto lanciato da ProduzioneDalBasso ha un semplice obiettivo, talmente semplice da incepparsi nella mastodontica macchina statale: permettere a Francesca di tornare a frequentare l”istituto superiore Bianchini di Terracina.

Francesca desidera tornare a scuola - un progetto finanziato da produzionidalbasso.com

Francesca desidera tornare a scuola – un progetto finanziato da produzionidalbasso.com

Io mi fido

Non conosco Francesca Buonocore, l’autrice del progetto Francesca e la scuola.
Nel momento in cui scrivo, ha raccolto quasi 1.400€ con 38 sostenitori.

Potrebbe trattarsi di una truffa? E’ una storia falsa?
Potrei verificare con una telefonata all’istituto superiore Bianchini di Terracina ma evito.
Alcune vicende meritano fiducia incondizionata, proprio come il desiderio di Francesca.

Il progetto da finanziare

Francesca ha compiuto 20 anni e non è più possibile farle frequentare la scuola in quanto superati i limiti di età per una regolare iscrizione scolastica, ma lei adora andare a scuola e nonostante la sua disabilità è l’ambiente che le è più consono, soprattutto emotivamente.
L’istituto superiore Bianchini di Terracina l’aspetta a braccia aperte ma non può frequentare senza il supporto di un assistente che l’aiuterebbe negli spostamenti che non è in grado di compiere autonomamente, e nella comunicazione non verbale, visto che Francesca non parla ma sa esprimere benissimo la sua gioia nel sentirsi integrata e ben accolta come è sempre stata negli ultimi 17 anni di scuola.
Questo l’obiettivo di questa raccolta fondi.
Remunerare regolarmente un assistente che possa tenere Francesca a scuola per qualche ora al giorno con il prezioso obiettivo di farla sentire parte del mondo che la circonda nonostante la sua grave disabilità, rendendola felice.

Hnin Su, vi presento mia figlia (adottiva)

Hnin Su, mia figlia adottiva

Mia figlia Hnin Su ha cinque anni, vive nel villaggio di Sarlingyi in Myanmar (la Birmania).

Non frequenta la scuola.
Ha un fratello e tre sorelle.

La sua famiglia abita in una piccola casa costruita con foglie di palma e bamboo.
Nei pressi del villaggio c’è una sorgente d’acqua pulita e, da quanto leggo dalla lettera di ActionAid, è un lusso.

«Se qualcuno della mia famiglia si ammala, deve percorrere lunghe distanze per ricevere delle cure mediche» così termina il racconto di Hnin Su.

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Hnin Su, la conoscenza

Che emozione ricevere la prima lettera e conoscere Hnin Su!

Piccola, forse troppo minuta per gli standard occidentali, capelli neri, viso rotondo, posa con una serietà che non si addice ad una bimba di cinque anni, indossa un abitino verde ed un paio di ciabattine a tono, lo sguardo incuriosito e le braccia lungo i fianchi sembra attendere l’ok dal fotografo per scappare via.

Hnin Su potrebbe vivere come una qualsiasi altra bimba di cinque anni, la sua sola sventura è essere nata nella parte povera del Pianeta.

Hnin Su vive in Myanmar ed è la mia figlia adottata grazie ad ActionAid

Hnin Su vive in Myanmar ed è la mia figlia adottata grazie ad ActionAid

Effettuo uno zoom per percepire il suo mondo.
Dietro lo sguardo innocente – uguale allo sguardo di ogni altro fanciullo della sua età – osservo il paesaggio rurale: dei tronchi abbandonati, una capanna malridotta, un’abitazione più robusta.

Io mi fido: con ActionAid cambiare è possibile

«Devo, voglio fare qualcosa!»
La scintilla è improvvisa.

Un pomeriggio qualsiasi passeggio per Napoli: la visione di un giovane mendicante, le mille vetrine illuminate nella via dello shopping, un uomo scava nella spazzatura alla ricerca di avanzi da masticare, la folla indifferente, un gruppo di extracomunitari ballerini, gli artisti di strada … non mi interessa capire la dinamica della psiche umana ma apprezzo la (mia) capacità di scandalizzarsi indice di non assuefazione alle brutture della vita.

Torno a casa, accendo il computer ed adotto un bimbo a distanza.

ActionAid, io mi fido

Non una reazione istintiva legata all’emozione del momento bensì una volontà matura che attendeva solo di concretizzarsi.

Devolvo ogni mese ad ActionAid una piccola cifra insignificante per il bilancio di una famiglia media.

Ricevo ogni tre/quattro mesi una lettera dal villaggio di Hnin Su.

Mi aggiornano sui progetti realizzati e le altre opere in cantiere, sui progressi della bimba: ora ha imparato l’alfabeto birmano composto da simboli per me incomprensibili.
Hnin Su disegna l’intero alfabeto, caratteri colorati, piccoli cerchi che mi riempiono di gioia: immaginare la piccola Hnin Su a scuola invece che in un campo a lavorare, mi rende felice.

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1€ al mese per salvare un bimbo

Rifletto: se trovo 25 persone disposte a spendere 1€ al mese realizziamo un’adozione a distanza «di gruppo» e salviamo un altro bimbo.

ActionAid, con 25euro al mese salviamo un bimbo

Una quota irrisoria per ognuno di noi che, però, cambierebbe la vita di una persona, della sua famiglia, di una intera comunità.

Insieme valuteremo il modo più trasparente per raccogliere le quote e salvare un altro bimbo.

Se sei interessato, contattami
(i canali social o l’e-mail sono presenti sulla colonna destra del sito)

“Sono Yi Yi Win e ho 14 anni.
Vivo nel villaggio di Sin Phyu Chi, nella comunità di Sarlingyi.
Mio padre fa il contadino e mia mamma sta a casa per prendersi cura di noi figli. Quando riesce aiuta papà nei campi.
Io sono la seconda di cinque fratelli e sorelle. Sono stata fortunata perché ho finito la scuola primaria anche se era lontana da casa e la strada era spesso impraticabile per via delle piogge.
Purtroppo però poi ho dovuto lasciare gli studi perché per la mia famiglia costava troppo mandarmi a scuola. Così adesso mi occupo del bestiame e aiuto la mamma in tutte le faccende domestiche, incluso andare a prendere l’acqua al pozzo.
Sono impegnata fin dalle 6 del mattino in attività che non offrono niente al mio futuro”

Questa era la storia di Yi Yi che grazie a te adesso ha un finale diverso.

“Grazie al sostegno di ActionAid ai miei genitori finalmente sono potuta tornare a scuola.
Mi sembra un sogno!
Voglio impegnarmi e dare il massimo nello studio”

Grazie ad ActionAid, Yi Yi Win è tornata a scuola

Grazie ad ActionAid, Yi Yi Win è tornata a scuola


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Arcobaleno napoletano

E all’improvviso l’arcobaleno

Due macchine della polizia a sirene spiegate ci costringono ad accostare.
Altre tre Fiat Punto con quattro uomini a bordo – sguardo determinato, volto provato – sfrecciano con le luci lampeggianti per farsi strada nel traffico cittadino.
Percorro viale Augusto, quartiere Fuorigrotta.

Sono quasi le otto di un fresco mattino d’autunno, il cielo è grigio, il sole non dietreggia.

Fermo in auto, alzo lo sguardo, oltrepasso il vetro, raggiungo le nuvole e resto catturato da un inatteso arcobaleno.

Un arcobaleno su Napoli

Un arcobaleno su Napoli

Lungo, imponente, ben visibile, traccia un perfetto arco colorato tra le nubi.
Immagino che parta dal mare di Bagnoli, sorvoli Agnano, superi la mostra d’Oltremare e lo stadio San Paolo, atterri lontano.

La drammatica notizia

La volanti della Polizia spariscono dietro la curva, si spengono i suoni delle sirene.
«Questi uomini rischiano la vita ogni santo giorno», il ringraziamento è inevitabile.

Immortalo il momento, poi la coda d’auto riparte, l’arcobaleno sopra le teste dei pendolari silenzioso ci accompagna verso le quotidiane mete.

Qualche minuto e le prime gocce d’acqua bagnano il parabrezza dell’auto.
«Arcobaleno, ci annunciavi la pioggia. Scommetto che ai tuoi piedi è già terminata la tempesta vero?» (chiusi nel proprio abitacolo, sono permessi ragionamenti stravaganti).

Giunto in ufficio, leggerò la drammatica notizia:
Napoli, sparatoria choc a Fuorigrotta: grave poliziotto dell’antiracket

La guerra civile ignorata dallo Stato

La guerra civile che si combatte a Napoli tra legalità e camorra colpisce un altro esponente delle forze dell’ordine.
Guerra ipocritamente ignorata dalle istituzioni, eventi criminali minimizzati sintomo della debolezza dello Stato incapace di annientare il «mostro».

Noi cittadini vogliamo essere liberati, nel mentre mostriamo la nostra sincera solidarietà a chi ogni giorno difende i nostri diritti.

Con i primi raggi di sole l’arcobaleno sfuma, resta il messaggio di speranza per il poliziotto eroe.


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HP Pozzuoli, il comunicato stampa dei lavoratori

HP Pozzuoli, dodicesimo giorno di sciopero

I 161 lavoratori di HP Pozzuoli bloccano ogni attività per il dodicesimo giorno consecutivo contro la decisione dell’azienda di chiudere la sede.

Dopo l’incontro al Ministero dello Sviluppo Economico dello scorso 20 luglio dove l’HP ha confermato il trasferimento individuale di 130 dipendenti presso la MATIC MIND ed il trasferimento degli altri 31 presso altra sede, i lavoratori HP continuano lo sciopero ad oltranza finché non giungerà un segnale di apertura da parte della multinazionale americana.

HP Pozzuoli al dodicesimo giorno di sciopero consecutivo

HP Pozzuoli al dodicesimo giorno di sciopero consecutivo

Le Istituzioni al fianco di HP Pozzuoli

La Regione Campania, il Comune di Napoli, il Comune di Pozzuoli sostengono con decisione la posizione dei 161 tecnici informatici campani: la sede di Pozzuoli non deve essere smantellata.

HP Italia, la soluzione alternativa

L’alternativa per scongiurare la chiusura del sito flegreo proposte dalla RSU e dal Sindacato è già state applicata dalla stessa HP in un recente passato: gli esuberi devono essere divisi tra tutte le sedi HP Italia (che conta quasi 1800 dipendenti) e non possono colpire un unico sito per di più nel sud Italia, zona con un tasso di disoccupazione altissimo.

Se l’HP chiude la sede di Pozzuoli abbandona la Campania contribuendo alla desertificazione industriale della nostra regione (nell’intero sud Italia, resterebbe solo il sito di Bari).

Aggiornamento

Il Ministro dello Sviluppo Economico fissa un nuovo tavolo istituzionale per lunedì 27 luglio dedicato alla vertenza HP Pozzuoli.
Noi ci saremo 

 

I segreti di un video virale

Non ho gli strumenti per giudicare la veridicità di questa storia ma, a volte, nella vita bisogna credere.
D’accordo, potrebbe trattarsi di un cast che recita una sceneggiatura scritta ad hoc per il web.
Oppure no.

Qualunque sia la tua opinione, su un punto siamo tutti d’accordo: si tratta di video virale capace di emozionare lo spettatore.
E se lo spettatore si emoziona. condivide e diffonde.
Perché?

I segreti di un video virale

La durata

Il tempo ideale: tre minuti e tre secondi.
Non troppo lungo per annoiare il navigatore abituato a saltare da link in link con la stessa facilità di un rospo in uno stagno e non breve per potersi immedesimare nei protagonisti.

L’inizio

Un giovane (qualunque) chiede ad un senzatetto (disperato) una fetta di pizza.
Lo stupore per la richiesta a sorpresa tiene alta l’attenzione dello spettatore: quale sarà la reazione dell’uomo?

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Il contenuto

Sentimenti globali: dramma, indifferenza, aiuto, sostegno, ricompensa, emozione comprensibili in ogni angolo del Pianeta.
La sfera emotiva è universale e la solidarietà è auspicabile da tutti i cittadini, dalle caotiche metropoli giapponesi fino agli sperduti paesini del sud America.

L’happy end

Una musica rassicurante ci porta verso la scena culminante: il senzatetto (che venti minuti prima accetta una pizza) cede parte del suo pasto al giovane, autore dei precedenti fallimenti.
Il povero uomo riceve l’inattesa ricompensa e scoppia in un pianto di felicità per un finale commovente.

I social network

L’emozione spinge alla condivisione: l’effetto domino è la conseguenza naturale, il video passa di bacheca in bacheca.
Un “Mi piace”ed uno “share” ed i social trasformano il cortometraggio in un filmato virale visto da migliaia di persone.

Offrono una pizza gratis a un barbone… e quello che il barbone fa con la pizza mi ha fatto piangere!


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Social Natale 2014

Regali, frenesia, stress, spese folli, futilità

corse, negozi, shopping, centri commerciali, traffico, caos, finzione, ipocrisia, soldi, denaro, mangiate, cenoni, abbuffate, sperpero, spreco, ingordigia, veglione, discoteca, falsità.

Solidarietà, volontariato, mensa dei poveri, fede

donazioni, altruismo, bontà d’animo, miglioria, convinzione, ideali, carità, Gesù, verità, tradizioni, famiglia, Babbo Natale, sogni, bambini, tombola, festa.

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SMS, Whatsapp, telefonate, facebook

twitter, Google+, Instagram, social network, e-mail, superficialità, finzione, ipocrisia, inutilità, rapporti virtuali, amicizie virtuali, auguri virtuali.

E tu, caro «mostro», con quale di questi tre Natali ti immedesimi?

 

natale social o natale sociale?

 

PS: questo post è il naturale proseguimento del Social Natale 2013


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