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Tag: tecnologia (Page 2 of 3)

SMAU Napoli, faCCebook non è facebook!

SMAU Napoli, confermata la mia presenza

Anche se raffreddato, tranquillizzo gli organizzatori dello SMAU Napoli: ci sarò.
L’attesa per la mia partecipazione, mai come quest’anno, è spasmodica.
Lo testimoniano i tre inviti ricevuti.

Due inviti VIP ed un ingresso omaggio

Il primo, un invito VIP dalla Regione Campania via posta ordinaria.
Segue un ingresso omaggio giunto via e-mail direttamente dal fornitore host di faCCebook.eu, main sponsor dell’evento tecnologico campano.
Infine, la stessa organizzazione dello SMAU, per assicurarsi la presenza del sottoscritto, spedisce un terzo invito VIP per presenziare alla nuova «rivoluzione industriale» che parte da Napoli.

SMAU Napoli, ci sarò (perché faCCebook non è facebook!)

SMAU Napoli, ci sarò (perché faCCebook non è facebook!)

SMAU Napoi, la telefonata degli organizzatori

«Signor Mario, volevamo accertarci: ha ricevuto l’invito per lo SMAU Napoli?».
Al telefono, una gentile voce (milanese) chiede se ho completato la registrazione sul sito ufficiale e parteciperò ai workshop.
Stupito, confermo la presenza per il pomeriggio di venerdì 11 dicembre, il giorno di chiusura dell’evento.

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L’equivoco: faCCebook non è facebook!

D’accordo, la mia reputazione digitale è cresciuta dopo il lancio dell’app ufficiale di faCCebook.

Ma tre inviti ed una telefonata non me l’aspettavo proprio.

Un dubbio sorge spontaneo: gli organizzatori dello SMAU pensano che il sottoscritto sia il braccio destro di Mark Zuckerberg?

Visto l’assonanza dei nomi tra faCCebook.eu – il mio piccolo «blog dei mostri» ed il mastodontico social network più famoso al mondo – i responsabili degli inviti sono vittima di un clamoroso equivoco?

A breve lo scoprirò.
Nel mentre ringrazio gli organizzatori per l’attenzione e, casomai il comitato d’accoglienza insieme al Sindaco di Napoli con fascia tricolore, mi ricevesse con tutti gli onori del caso, preparo un discorso sui «mostri».

Mai essere impreparati alle opportunità offerte dalla vita.


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Io, VIP allo SMAU Napoli

VIP si nasce?

Secondo la Regione Campania sono un VIP.

Ignoravo di possedere tale titolo, l’ho appreso ieri: apro la cassetta postale per verificare la presenza di qualche fastidiosa bolletta (una delle poche certezza della vita) ed invece trovo il certificato istituzionale.

Un ingresso VIP allo SMAU di Napoli intestato al sottoscritto!

L'invito VIP della Regione Campania allo SMAU di Napoli

L’invito VIP della Regione Campania allo SMAU di Napoli

Il motivo della promozione

Resto stupito.
Perché la Regione Campania promuove un umile internauta ad ospite d’onore per lo SMAU?

Per la reputazione digitale dello scrivente è un importante attestato di fiducia ma non non mi lascerò abbindolare da un pezzo di carta.

Accetto l’invito e chiarisco: se i vertici politici nazionali intendono comprare il mio silenzio con un pizzico di celebrità, ben presto si pentiranno.

Immagino che giunto allo SMAU dovrò tenere un discorso.
Non ho dubbi sull’argomento da trattare.

Alla platea affascinata parlerò di corruzione, assuefazione alle brutture della vita, indifferenza al prossimo, censura ed autocensura, apatia al bene comune.
Voi fidati Lettori avete già capito: in sintesi, dibatterò di «mostri» ed affini.

La standing ovation è assicurata.

Lo SMAU di Napoli, le date

Accedo al sito ufficiale, inserisco il codice invito e la registrazione risulta completa.
A noi VIP basta un clic per presentarci.

Il prossimo 10 ed 11 dicembre parteciperò all’evento tecnologico dell’anno presso la Mostra d’Oltremare di Napoli con la fanfara dei bersaglieri al seguito.

Io, ospite dei workshop

Non resta che prenotare i workshop, il programma è fitto.
Rumor assicurano la (mia) presenza all’evento «Brand reputation e community building: team di lavoro coesi per community felici» e «Smart City, Marketing Territoriale, Fare Impresa, quel web 2.0 che può fare la differenza» per venerdi pomeriggio.

L’organizzazione spinge per una visita del sottoscritto anche per giovedì.
Vedremo cosa ne pensano i paparazzi.
Al momento non confermo la presenza.

Come tutti i veri VIP, mi faccio desiderare.

CADZINE svela quanti capelli bianchi avremo nel 2035

Il quesito impossibile

Nel 2035 quanti capelli bianchi avrò?
Come ogni buon Matematico insegna, prima di trovare una soluzione occorre chiedersi se esiste la soluzione.
Dunque: nel 2035, se avrò ancora dei capelli, quanti di questi saranno bianchi?

La soluzione? Pag. 41 di CADZINE

La risposta giunge da CADZONE+, il sito della community G+ “AutoCAD, Rhino e SketchUp designer”, l’universo colorato creato da un gruppo di scienziati folli uniti dalla passione per la tecnologia, l’umorismo e le curiosità.

Con i potenti mezzi celati nelle segrete stanze del web-magazine, l’astuto caporedattore Salvio Giglio simula l’evoluzione della capigliatura del sottoscritto dal 1990 al 2035.

cadzine e la statistica dei capelli bianchi
Matematica e dintorni

L’immagine è allegata al secondo articolo di “Matematica e dintorni“, il mio piccolo spazio euclideo presente nella celebre rivista on-line.

La simulazione mostra il naturale passaggio dei capelli da uno stile Maradoniano tipico dei primi anni novanta fino ad un invecchiamento precoce datato 2035.
Di mezzo c’è la caduta del muro di Berlino, le straordinarie foto giunte da Marte, il primo Presidente americano di colore e – giusto per restare in tema – la comparsa della forfora.

Per prevedere la percentuale di capelli bianchi presenti sulle vostre zucche, vi rimando a pag.41 del numero di maggio di CADZINE mentre lascio ai parrucchieri l’ultima parola (ed ai vanesi la prenotazione delle opportune tinture).

Link utili

– La statistica dei capelli bianchi, il post originale
– CADZINE, numero 5 maggio 2015: lettura online su Calamèo
– CADZINE, numero 5 maggio 2015: download/lettura PDF (Full version)
– CADZINE, numero 5 maggio 2015: Download/lettura (Light version)
– sintesi completa e lettura dal sito ufficiale CADZINE

Alla ricerca dello scatto perfetto da condividere …

La pineta magica

Non resisto, mi fermo ed osservo i colori incantati del sottobosco.
La macchia rosa di ciclamini colpisce, devo fotografare questo pezzo di natura fatato, voglio immortalare il quadro in uno scatto eterno, desidero condividere la prodigiosa pineta di Varcaturo col mondo intero.

La magica pineta di Varcaturo: lo scatto perfetto da condividere

Mentre il social ingrassa …

Il social ridacchia ingordo: con la bava alla bocca, il «mostro» attende un click, il suo grasso quotidiano con il quale alimenta la ciccia con foto, commenti e post dei reporter sparsi per il mondo.
La realtà locale trasmessa in diretta planetaria, potenza della tecnologia.

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… io cerco lo scatto perfetto …

Armato di smartphone, inquadro il sottobosco rosa e scatto.
Accedo alla galleria fotografica del cellulare, l’immagine è mossa.
Cancello.
Riprovo.
Stavolta la messa a fuoco è andata ma i colori sono sbiaditi e non rendono giustizia al luogo: elimino.
Aumento la risoluzione della fotocamera, modifico le impostazioni della luce.
Provo, riprovo, guardo, smanetto, spengo il cellulare, riavvio, fotografo, elimino, riprovo.

Finalmente lo scatto perfetto!

… da condividere

Bene, ora non mi resta che condividere la foto sui miei profili social ufficiali: la fan page facebook, il cinguettiio twitter, su Google+ e l’account Instagram.

Nascosto nel bosco, al confine con Lago Patria alle porte di Napoli, il segnale 3G è utopia. Un modesto “E” segnala la debole connessione dati.

Propongo il capolavoro su Instagram con l’esito: “Caricamento non completato”.
Lancio un cinguettio ma il tweet resta sospeso nell’etere.
Google+ non ne vuol sapere.
Facebook risulta aggiornato all’altro ieri e non carica le news.

Sconsolato, depongo le armi, saluto i ciclamini rosa e batto in ritirata.
Ho perso più tempo nel provare a condividere la foto che a godermi l’evento.


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facebook, la maledetta bolla blu

Un mondo perfetto (e chiuso)

Immaginiamo di vivere in una grande bolla blu.
Al suo interno, il nostro mondo appare perfetto.
Assuefatti e privi di confronto, non distinguiamo più ciò che è vero da una palese bufala.

Conoscere tutti aiuta e ci fa sentire più sicuri, incontrare sempre gli stessi amici facilita le relazioni ed evita spiacevoli sorprese.

La routine (sociale) è comoda, la fiducia è massima e non dubitiamo, non discutiamo, accettiamo privi di coscienza critica.
In alcuni momenti ci annoiamo, è vero … ma la monotonia passa in fretta in cambio della sicurezza del luogo.

facebook, la maledetta bolla blu

Il mondo fuori dalla bolla blu

Eppure, fuori quella maledetta bolla blu, esistono milioni di luoghi da visitare, conoscere, confrontarsi.
Pianeti diversi che stimolano incontri casuali nati da click sbagliati – perché la casualità favorisce la scoperta.

Il web è una ragnatela composta da miliardi di pagine colorate, eppure tu – internauto pigro – sei prigioniero di facebook.
Liberati e segui nuovi sentieri, c’è un universo da scoprire (virtuale e non).

PS: puoi citare tre siti web diversi da facebook che visiti abitualmente? Se non riesci, chiediti il perché


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Arte moderna o lo scarabocchio di un bimbo dell’asilo?

La piccola parete bianca è interamente occupata da un quadro, suppongo di arte moderna.

Sono in una sala d’attesa (per la comprensione di questo post, risultano superflui ulteriori dettagli) ed aspetto il mio turno con calma olimpica.
Oltre a me, una mamma chatta con lo sguardo perso nello smartphone ed il figlioletto (sei, sette anni) fisicamente presente ma con la mente trasferito nella dimensione spazio-temporale del videogames baby-sitter.

In pratica, sono solo e qualsiasi tentativo di comunicazione con i due alieni risulta vano.

Mi resta una sola distrazione: osservare il quadro che ho difronte, proprio sopra la testa dei due esseri viventi con protesi tecnologica innestata.

arte moderna o disegno astratto di un bimbo dell'asilo?

Scruto con attenzione, intravedo strumenti musicali volanti, un tamburo magico, atmosfere da tribù africana e stregonerie varie …
Stringo le meningi, aggrotto la fronte ma proprio non riesco a sciogliere il mistero.

Questo dipinto è arte?

La mia ignoranza suggerisce altro, forse un concetto troppo osceno per essere reso pubblico ma sono in ballo e continuo a ballare.
A me, l’accrocchio di colori, le forme irregolari e le posizioni irrazionali delle figure ricordano uno scarabocchio partorito dall’irriducibile fantasia di un bimbo dell’asilo.

Ce l’ho fatta, ho sputato il rospo!

«Mamma devo fare pipì» brontola il pargoletto spezzando le congetture filosofiche trasmesse dalla visione dell’opera.
La donna ed figlio si allontanano, lei continua a chattare mentre il bimbo cammina con la testa china sulla console.

Approfitto della solitudine e fotografo il «mostro».
A voi la sentenza.

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Al cinema: io, Doraemon ed il «mostro»

Delusione.
Al cinema, Doraemon non mi ha entusiasmato.

E’ il giorno della prima visione italiana, la sala è gremita, bimbi eccitati attendono i chiusky del gatto spaziale ma ben presto il largo sorriso stampato sulle bocche del giovane pubblico adorante verrà sostituito da un’attesa tradita.

La trama è contorta: occorre aiutare il piccolo ed impacciato Nobita (ma non si chiamava Guglia?) a modificare il suo futuro per evitare che diventi un adulto pigro e perdente. Arriva in soccorso Doraemon ma la storia non convince, forse troppo «giapponese» fallisce nel trasmettere quei sentimenti globali tipici dei cartoni animati hollywoodiani.

Circondato da un gruppo di bulli, l’insicuro ragazzino giapponese piagnucola per l’intero film e concentra tutte le sue energie per conquistare le attenzioni ed il cuore della candida Shizuka.

Doraeom al cinema, più amore che chiusky

I bimbi, in attesa dei trucchi spettacolari del gatto blu, si ritrovano un’avventura sdolcinata e priva di magia, il puro divertimento tipico dell’eta spensierata che non prevede pene d’amore. E così, quando le luci si accendono e scattano i titoli di coda (potevano utilizzare almeno la sigla della serie TV!), il piccolo pubblico abbandona la sala con un grosso punto interrogativo sulla testa: ma Doraemon dov’era?

Alla mia sinistra una mamma-accompagnatrice continua a smanettare con il cellulare.

Durante l’intera proiezione, il buio evidenzia la dipendenza dei tempi moderni: schiava della tecnologia, la donna non segue le avventure che scorrono sul grande schermo ma si perde nei meandri del monitor luminoso del suo indemoniato smartphone.

La delusione per il Doraemon cinematografico passerà, il gatto spaziale gode di una fiducia sterminata ed i fans sparsi per il mondo continueranno a seguirlo – nonostante il film.
La donna-robot, invece, se non inventano un apposito chiuskyrischia di restare «mostro» per sempre.

Al cinema io, Doraemon ed il mostro

Spegni il display, accendi la Vita!

Camminiamo col viso nel telefonino

Da quanto tempo non controlli se è giunta una notifica sul tuo smartphone?
Un minuto? Oppure due?

Camminiamo per strada col viso sprofondato nello schermo del telefonino, condividiamo esperienze via social invece di viverle appieno, utilizziamo i tablet come moderni baby-sitter per i nostri bimbi iper-tecnologici.

Abbiamo centinaia di «amici virtuali» ma, se vogliamo sfogarci, non sappiamo nemmeno se qualcuno ci stia ascoltando.

Persi tra i menù ed immersi nella lista dei contatti, assomigliamo ad automi senza cervello.

spegni il vdeo, accendi la vita

Un mondo di asociali

Isolati dal mondo che ci circonda, trascuriamo chi ci sta vicino.
Siamo un popolo asociale, non ci basta più parlare con gli altri, guardare negli occhi qualcuno … siamo una generazione di robot prigionieri nella Rete digitale.

Non buttiamo via il tempo, spegniamo il display, alziamo gli occhi.

Basta guardare questo video, viviamo la Vita vera.

Vado.


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Da Newton al selfie 2.0

La mela ispiratrice di Isaac Newton

«Un minuto e torno, devo comprare solo il pane».
In macchina, fermo nel parcheggio attendo paziente il ritorno di mia moglie.
Dopo un quarto d’ora, della mia dolce metà ancora nessuna traccia.
Il supermercato è un buco nero che inghiotte ogni donna: gli intenti sono sempre minimalisti ma – dopo un tempo indefinito – il carrello stracolmo smentisce le promesse coniugali.

Dunque, per ingannare le attese, seduto sul comodo seggiolino della mia vecchia Skoda blu, col braccio sinistro appoggiato fuori dal finestrino, socchiudo gli occhi ed ascolto la musica.

La leggenda racconta che, nel lontano 1666, Isaac Newton seduto sotto un melo nella sua tenuta a Woolsthorpe, fu colpito da una mela che gli cadde sulla testa. L’incidente scatenò l’acuta riflessione: perché la Luna non cade sulla Terra come la mela?

Ebbene, senza falsa modestia, anche al sottoscritto un semplice episodio ha suscitato una profonda riflessione, forse l’inizio di una nuova rivoluzione mediatica.

Da Newton al selfie 2.0 il passo è breve

Il selfie 2.0

Apro un occhio e guardo la mia immagine attraverso lo specchietto dell’auto.
Osservo il volto, gli occhiali, la maglietta, la carnagione abbronzata, i capelli ancora neri con qualche filo d’argento.

Sono io.

Spinto dall’intuizione, senza riflettere prendo lo smartphone e mi immortalo.

Scruto ingordo la foto: è un autoscatto oppure un selfie?
Nulla di così banale.

Lo scatto – conservato gelosamente nella galleria del mio dispositivo – è qualcosa di indefinibile mai visto prima, forse il capostipite di una nuova forma d’arte moderna.

Ho creato il selfie 2.0

E’ il selfie2.0, per i superficiali un autoscatto allo specchio, per chi vede oltre, invece, rappresenta l’egocentrismo dell’individuo del ventunesimo secolo limitato dalla coscienza personale, l’eterna lotta tra la voglia di mostrarsi e la decenza del privato, il conflitto interiore che lacera l’animo dell’uomo ipertecnologico, la dipendenza delle nuove generazioni come segnale mediatico contro l’uso indiscriminato delle droghe nel mondo.

Forse questa fotografia chiarirà alle folle confuse il giusto percorso da seguire.

Ma non tocca a me affermarlo, a Voi la decisione se fermare lo sguardo al dito che indica la Luna oppure esplorare la Luna.


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E all’improvviso il web si riempì di «nuvole»

Le nuvole sempre con te

Se chiedete in giro cosa sia il «cloud» il 99% degli intervistati sgranerà gli occhi e resterà a bocca aperta senza proferire una parola. Armati di buona volontà, spiegherete loro: «il cloud, la nuvola che ti segue ovunque tu vada!» e allora, quasi certamente, vi ritroverete la solita battutaccia «ah, certo la nuvola di Fantozzi?»

Quale sia la definizione del «cloud» lo potete leggere voi stessi cercando via internet, la letteratura è ampia visto l’estrema attualità dell’argomento. Non vergognatevi, potete anche partire dalla pagina di Wikipedia.

E all'improvviso il web si riempì di «nuvole»

Cos’è il cloud

Il «cloud» è un hard disk sempre al mio fianco.
La sua capacità è variabile (dipende a chi mi rivolgo e quanto voglio spendere), l’accesso è rapido ed immediato: posso gestirlo via smartphone, dal computer o qualsiasi altro dispositivo collegato alla Rete.

Il vantaggio, rispetto al passato, è lampante: la «nuvola» è in “cielo” e come tale non occupa spazio (fisico), è indistruttibile ed è un’entità mobile che mi segue ovunque, non mi devo preoccupare del backup dei dati e della sicurezza, ogni volta che carico un file sulla «nuvola» questo è automaticamente visibile da tutti i sistemi collegati (ricordate la pubblicità della Apple? Scatti una foto con l’Iphone e te la ritrovi, senza dover far nulla, sull’Ipad e sul Mac).

GDrive, il cloud di Google

Tra i tanti «cloud computing» disponibili, io mi affido al servizio di BigG, Google Drive.

Se si possiede già un account, il link compare direttamente nella barra di Gmail altrimenti occorre registrarsi.

Come tutti i prodotti della società di Mountain View, è facile da usare: sul computer GDrive si presenta come una nuova cartella di Windows, sul web con una semplice interfaccia grafica (che ricorda GoogleDoc), sullo smartphone con un app che richiama l’applicazione internet.

Qualsiasi file copiato sulla «nuvola» compare immediatamente sulla cartella del computer, sul sito web e sul cellulare perfettamente sincronizzati!
Notevole (il servizio è gratuito con 5GB disponibili).

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I vantaggi di Amazon

Un altro interessante uso del «cloud» l’ammiro ogni volta che acquisto un e-book tramite il mio Kindle: lo compro ed il download avviene sull’e-reader, sullo smartphone tramite l’app di Amazon e sul computer mediante l’apposito software.

In archivio (cioè sulla «nuvola») ho sempre a disposizione tutti i libri acquistati, sui dispositivi quelli che desidero leggere.
Da notare che quando consulto un e-book questo si apre precisamente all’ultima pagina letta (indipendentemente da dove io abbia consultato il libro).

Il futuro? Sulle nuvole

Con un uso di massa dei vari servizi di «cloud computing» non è difficile prevedere – in un futuro non molto lontano – la fine di tutti i supporti fisici utilizzati per immagazzinare i dati (ad esempio, pen-drive oppure agli stessi CD e DVD).

Meno supporti meno rifiuti elettronici, già ciò dovrebbe invogliarci a provare questa nuova tecnologia.

Forza ragazzi, la vostra fedele «nuvola» è già pronta all’uso, aspetta solo un vostro fischio per attivarsi e seguirvi 


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Lo schiavo (tecnologico)

Vivere il web con passività

Con lo sguardo fisso nel monitor luminoso, osservi le pagine internet scorrere velocemente senza fissare l’attenzione su nessun dettaglio.

Il web cattura la totale concentrazione e tu – senza opporre resistenza – ti perdi nel computer, divieni schiavo di uno strumento che in realtà dovresti dominare.

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Due ore dopo, annoiato e con un pugno di mosche tra le mani, non ricordi nemmeno il motivo per il quale ti sei connesso e, rassegnato, capisci di aver perso tempo senza aver concluso nulla.
Sfatto e con una sensazione di delusione che pervade il cervello, cedi alle lusinghe di Morfeo.

L’apatia della navigazione senza meta ha sentenziato l’inevitabile bilancio: sei caduto nella ragnatela della tecnologia passiva.

La dipendenza tecnologica ti rende schiavo!

La dipendenza tecnologica

Sempre più persone sono vittime innocenti degli elettrodomestici casalinghi: i bimbi ipnotizzati dai videogames, gli adulti imprigionati dai social network, televisione e smartphone.
L’uso distorto dello strumento genera dipendenza, inattività e – soprattutto – frustrazione: da utilizzatore intelligente ad utente dominato il passo è breve.

Come utilizzare il web con intelligenza

Durante il surfing web è necessario stabilire un obiettivo ed un intervallo di tempo massimo da dedicare alla navigazione.

Vivere il web in modo critico, intelligente ed attivo sancisce due notevoli risultati: si evita la creazione di contenuti inutili (e l’intera Umanità ve ne sarà grata) e si ottimizza il proprio tempo libero (ed il corpo e la mente ne trarranno i meritati benefici).

Provare per credere.


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L’Informatico, chi è costui?

L’informatico, questo sconosciuto

«Di che ti occupi?».
«Sono un informatico».
«Cioè?».

Questo è il solito, monotono botta-e-risposta che si genera automaticamente quando qualcuno mi chiede informazioni sul mio lavoro.
Perché il paradosso è grande quanto l’Empire State Building: in un mondo strapieno di computer, tablet e smartphone in molti ignorano l’importante e meticolosa attività di noi, moderni artisti volgarmente noti come programmatori informatici.

L'Informatico, eroe moderno (foto di repertorio)

L’Informatico, eroe moderno (foto di repertorio)

L’informatico, eroe moderno

Ti rechi in Banca, dopo mezz’ora di fila giungi allo sportello e chiedi lumi sulle misere briciole presenti sul tuo conto corrente.
Iscrivi il tuo pargoletto in prima elementare via internet.
L’iter della Pubblica Amministrazione appare meno «mostruoso» e non ti perdi nei meandri della burocrazia grazie al progredire della digitalizzazione …

Tutto merito nostro, piccoli e grandi «eroi» hi-tech a cui nessuno assegnerà mai una medaglia al valore oppure il (meritato) minuto di gloria.

Eppure trascorriamo intere giornate davanti ad un monitor, chiusi in uffici o raggruppati in open space – con la pioggia e con il sole – progettiamo iperboliche soluzioni durante interminabili meeting, filosofeggiamo in infinite discussioni su come disegnare pirotecniche architetture web, scoviamo errori che – precisi come bombe ad orologeria – esplodono improvvisi nella jungla di programmi sparsi nello sconfinato universo di byte.

L’informatico, l’artista della Rete

Fantastichiamo algoritmi strampalati ed istruzione dopo istruzione diamo vita a pagine internet, affascinanti opere colorate, nodi della Rete globale, strumenti immateriali che migliorano la vita quotidiana dell’umanità, potenti e leggeri segnali che viaggiano veloci tra le intercapedine dei server disseminati per il Pianeta e raggiungono i computer di mezzo mondo.

L’informatico è invisibile?

Il nostro lavoro è impalpabile e non è facile da misurare: non costruiamo nulla che si possa toccare con mano né tantomeno spostiamo le montagne.

Perseguiamo un compito oscuro, operiamo da dietro le quinte, manipoliamo informazioni delicate, siamo le fedeli sentinelle dei dati conservati in sicuri archivi-cassaforte, operai delle infrastrutture su cui fonda la società moderna.

Siamo invisibili ma non «virtuali».

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