faCCebook.eu

Sbatti il mostro in homepage!

Tag: televisione (Page 2 of 3)

Come calcolare l’indice di Teledipendenza domestica

Il numero di televisioni è significativo

Mi piace osservare le case degli altri.
L’arredamento moderno o antico, i colori scelti per le pareti (uniformi oppure a tinta diverse), il tipo di pavimento, la dicotomica scelta tra vasca e doccia, il gusto per i dettagli e l’ottimizzazione degli spazi.

E infine, l’attenzione ricade sull’ultima significativa informazione statistica: quante televisioni sono presenti?

Come calcolare la teledipendenza domestica

Secondo una mia personalissima indagine, il numero di apparecchi televisivi misura l’atmosfera familiare.
Per capire la teledipendenza domestica eseguo un semplice algoritmo: calcolo il rapporto tra il numero di televisori ed il numero di inquilini presenti in casa.

L'indice della teledipendenza

Alta teledipendenza? Famiglia disunita

Per semplificare il ragionamento, è utile fornire alcuni esempi limite.
Pensiamo ad un nucleo composto da quattro persone con un solo televisore: l’indice della teledipendenza è basso (1/4 = 0,25).
Invece, una coppia che vive in un appartamento con cucina, piccolo salotto, studio e camera da letto con un apparecchio televisivo in ogni stanza ha un rapporto pari a 2 (4/2 = 2).

Maggiore è  il valore della teledipendenza e più alto sarà il grado di distrazione generale provocato dalle immagini e dai suoni che scorrono sul piccolo schermo in ogni angolo dell’alloggio, minore sarà il dialogo tra gli inquilini ed il tempo da dedicare ad altre attività (lettura, ascolto della radio, modellismo, gioco …) e – con molta probabilità – il nucleo si dividerà per guardare un programma diverso con conseguente isolamento.

Con un solo televisore in casa, invece, se l’apparecchio è acceso il gruppo sarà coeso (quasi sempre, insieme sul divano del salotto) favorendo il confronto, la condivisione di opinioni, l’unità.

La TV in camera da letto: da evitare!

La statistica prevede un ulteriore coefficiente peggiorativo per coloro che hanno posizionato il televisore anche in camera da letto.

A costoro auguro la rottura irrimediabile del telecomando: solo un incidente così violento potrà ridurre il loro «mostruoso» indice di teledipendenza.


Ti è piaciuto questo post? Ricevi la newsletter

Fiorello contro i «mostri 2.0»

Fiorello e l’incidente stradale

Un incidente stradale tra un VIP ed un anonimo (e sfortunato) pedone scatena la polemica incontrollata e l’anima razzista del Belpaese riaffiora in tutta la sua miseria.

A Roma, Il Fiorello nazionale con lo scooter investe un passante, il sinistro viaggia in tempo reale via social e tra “Mi piace”, “Condividi”, “+1” e “Retweet” da sotto al tappeto riemerge l’atavica polvere classista: l’Italia si divide tra chi difende il ricco artista e chi il povero cittadino.

#fiorelloincidente

La solita italietta

Lo scontro tra i moderni guelfi e ghibellini riempe le pagine del web2.0 mentre sociologi e filosofi discutono in perversi approfondimenti nei TG.

La vittima (73 anni secondo le cronache) percepisce la pensione minima?
Il privilegiato showman ha soccorso l’uomo?

E’ bastata la più comune delle scintille (un incidente stradale come gli altri centinaia di migliaia che si registrano ogni anno in Italia) per aizzare la rivolta virtuale.

E’ la rivincita dell’anonimo contro il personaggio amato da tutti, la vendetta di chi soffre verso l’uomo dello spettacolo ricco e famoso, la riscossa del deluso, il godimento dell’invidioso, l’attimo di celebrità del «mostro» in cerca di notorietà.

Il circo mediatico

Lo stesso «mostro» che partecipa sul web alla discussione social del momento e commenta con la medesima superficialità l’incidente di Fiorello, la foto in bikini della nuova velina di Striscia ed il dramma senza fine della fame nel Terzo Mondo.

Ma la storia insegna: spenti i riflettori mediatici e dimenticato l’incidente, gli accusatori di oggi saranno i più entusiasti spettatori del prossimo spettacolo dello showman siciliano.


Ti è piaciuto questo post? Ricevi la newsletter

Lo schiavo (tecnologico)

Vivere il web con passività

Con lo sguardo fisso nel monitor luminoso, osservi le pagine internet scorrere velocemente senza fissare l’attenzione su nessun dettaglio.

Il web cattura la totale concentrazione e tu – senza opporre resistenza – ti perdi nel computer, divieni schiavo di uno strumento che in realtà dovresti dominare.

faCCebook è anche su Telegram: unisciti al canale!

Due ore dopo, annoiato e con un pugno di mosche tra le mani, non ricordi nemmeno il motivo per il quale ti sei connesso e, rassegnato, capisci di aver perso tempo senza aver concluso nulla.
Sfatto e con una sensazione di delusione che pervade il cervello, cedi alle lusinghe di Morfeo.

L’apatia della navigazione senza meta ha sentenziato l’inevitabile bilancio: sei caduto nella ragnatela della tecnologia passiva.

La dipendenza tecnologica ti rende schiavo!

La dipendenza tecnologica

Sempre più persone sono vittime innocenti degli elettrodomestici casalinghi: i bimbi ipnotizzati dai videogames, gli adulti imprigionati dai social network, televisione e smartphone.
L’uso distorto dello strumento genera dipendenza, inattività e – soprattutto – frustrazione: da utilizzatore intelligente ad utente dominato il passo è breve.

Come utilizzare il web con intelligenza

Durante il surfing web è necessario stabilire un obiettivo ed un intervallo di tempo massimo da dedicare alla navigazione.

Vivere il web in modo critico, intelligente ed attivo sancisce due notevoli risultati: si evita la creazione di contenuti inutili (e l’intera Umanità ve ne sarà grata) e si ottimizza il proprio tempo libero (ed il corpo e la mente ne trarranno i meritati benefici).

Provare per credere.


Ti è piaciuto questo post? Ricevi la newsletter

Governo Renzi, è pronta la lista dei (super)ministri

La squadra

Il nuovo Premier ha scelto, la lista dei Ministri è stilata ed i nuovi supereroi sono pronti a giurare fedeltà alla Repubblica.

Renzi si è esposto scegliendo in prima persona la sua squadra di Governo, non ha ascoltato i soliti consigli dei vecchi saggi e respinto le pressioni dei «poteri forti» che avrebbero voluto, nei ministeri chiave, uomini vicini ai loro (sporchi) interessi.
Stavolta si cambia radicalmente, niente «amici» ed «inciuci», i ruoli occupati in base alle competenze ed etica morale, figure inattaccabili e dal consenso unanime.

Le sorprese non mancano e sicuramente susciteranno polemiche e discussioni vista l’assenza dei politici di mestiere ma oramai è ufficiale.
A voi i nomi.

La squadra del Governo Renzi

Il nuovo Governo Renzi

– Ministro degli Esteri: Licia Colò («conosce il mondo come le sue tasche, almeno così dicono a Rai3»)
– Coesione Territoriale: Giuseppe Garibaldi («non è più tra noi? Lo so ma comunque è un ministero senza portafoglio»)
– Ministero dell’Interno: Bud Spencer e Terence Hill («uomini onesti ed integri, esempi per tutte la famiglie italiane»)
– Giustizia: Fabrizio Frizzi («volto noto e rassicurante, esperto in giurie televisive»)
– Difesa: A-Team («a volte le manieri forti sono necessarie»)
– Economia e Finanze: zio Paperone («il papero giusto per risparmiare e risanare finalmente il debito dello Stato»)
– Ambiente, Tutela del Territorio e del Mare: i Barpapà (con delega alla Terra dei Fuochi per Carmine Schiavone «fantasia e chiarezza»)
– Trasporti ed Infrastrutture: Gerry Scotti («innegabile la sua esperienza nel campo delle energie»)
– Lavoro: Gastone («il cugino fortunato di Paperino, un esempio di ottimismo per i giovani disoccupati italiani»)
– Salute: nonna Papera («la vecchia bipede ha più di settant’anni ed è più arzilla di Paperina, il suo stile di vita sia la  nostra guida»)
– Istruzione: Richard “Richie” Cunningham («parla inglese, ama lo studio ed è un bravo ragazzo»)
– Turismo: Violetta («la star del momento per attirare i capitali stranieri»)


Ti è piaciuto questo post? Ricevi la newsletter

Sanremo2014, il festival delle larghe intese

Sanremo2014, l’Italia di oggi

Il festival di Sanremo da sempre rispecchia il momento storico della nazione (almeno nelle ottimistiche  intenzioni degli autori).

Anche quest’anno, dunque, dal palco del teatro Ariston andrà in scena il meglio dell’attualità, possibilmente senza scontentare nessuno e con un budget ridotto all’osso.

La crisi morde i polpacci e la RAI corre ai ripari: gli artisti rinunciano all’orchestra (non rinnovati i contratti a progetto dei musicisti) e cantano in playback.
Gli spettatori presenti in sala si impegnano a ripulire la poltrona visti i tagli al personale adibito al servizio.
Le vallette indossano abiti di Valentino omaggio dell’Outlet, il televoto è autorizzato solo per gli italiani all’estero mentre i presentatori devolveranno l’intero cachet ai colleghi che andranno in pensione in anticipo (circola con insistenza il nome di Pippo Baudo e Mara Venier n.d.r.).

Sanremo2014, il festival delle larghe intese

Le polemiche politiche

In questo marasma, è passata la mozione degli ecologisti liguri: i fiori per gli ospiti saranno di plastica e riutilizzati per tutte le serate.

Quest’ultima delibera ha provocato il prevedibile terremoto politico ed ora il Governo rischia la crisi: il PD si è spaccato («ci accuseranno di essere i soliti tirchi genovesi», «decisione di grosso spessore ambientalista»), Forza Italia minaccia il ricorso al TAR pur di evitare il crollo di un settore già in crisi, i grillini lanciano un referendum on-line mentre il centro invita tutti «ad abbassare i toni e rispettare le Istituzioni».

faCCebook è anche su Telegram: unisciti al canale!

Un’ultima ora appena giunta in redazione conferma l’intenzione di delocalizzare il festival in Romania.
Il Premier rassicura il Paese: «non permetteremo la svendita del made in Italy al miglior offerente» dichiara convinto in diretta TV al dopo-festival di mezzanotte.
E’d annuncia il decreto salva-festival che prevede un piccolo sacrificio economico per gli italiani (un ritocco sul prezzo delle sigarette e un aumento delle accise sui carburanti), legge votata all’unanimità dalla destra e dalla sinistra indistintamente.

«Il festival delle larghe intese» è salvo, il playback può continuare.


Ti è piaciuto questo post? Ricevi la newsletter

Il napolecane

A leggere le cronache, il napoletano è un demone capace delle peggiori nefandezze.

La domenica, quando riposa e si dedica allo sport, distrugge treni, stadi, autogrill e qualsiasi struttura pubblica incontri sul suo percorso.

Durante la settimana, invece, se non è impegnato ad intombare rifiuti tossici (perlopiù scorie radioattive nei pressi di un asilo) è un ottimo giardiniere (coltiva marijuana), un cuoco eccellente (i napoletani sono tutti obesi) e nel tempo libero (l’intera giornata poiché non lavora e vive come una sanguisuga sulle spalle dei contribuenti onesti) pensa a come truffare le assicurazioni (nel capoluogo campano, la tariffa RC auto è tra le più costose d’Italia) oppure il malcapitato di turno.

Sul DNA di questa belva si interroga l’intera nazione: perché il napolecane è diverso?

Il napolecane

La storia condanna il napoletano?

Gli storici scomodano le invasioni barbariche che hanno travolto il sud, per gli scienziati la diversità del napoletano è giustificata da una serie di variabili ambientali non ancora identificate mentre i politici legiferano leggi speciali per risolvere l’emergenza.

Ad essere sinceri, i media evidenziano anche la parte buona del napoletano: la televisione fa cantare in prima serata i piccoli diavoli non ancora infetti e – a volte – il più fortunato dei miei concittadini racconta una barzelletta prima della pubblicità.

Speravo che questi luoghi comuni fossero svaniti, invece – nel moderno ed ipertecnologico ventunesimo secolo –  il pregiudizio è ancora ben radicato nella società (la foto di questo post l’ho scaricata da un becero gruppo facebook).

Ancora una volta, perplesso, sono costretto a chiedere: quando capiremo che l’identità di un popolo si evince dalla storia delle singole persone e non certo dalla geografia?


Ti è piaciuto questo post? Ricevi la newsletter

Quanto costa l’asterisco della nuova Giuletta?

Il malefico asterisco

La misura della falsità di uno spot pubblicitario è indicato dal numero di asterischi presenti nell’annuncio.

Chi si fida di un contratto zeppo di microscopici dettagli nascosti a fondo pagina? Di fatto, il cavillo è ingannevole: scritto con caratteri minuscoli, è celato all’attenzione di chi guarda (o legge) perché portatore di svantaggi (al contrario dei benefici scolpiti a caratteri cubitali in ogni spot che si rispetti).

L’essere piccolo nasconde certamente una fregatura, qualcosa da «togliere» al consumatore rispetto all’offerta iniziale, un inganno legale (sfugge ma è presente nell’accordo), una trappola di cui l’ingenua preda si accorgerà dopo l’acquisto.

Lo spot della nuova Giulietta

Prendiamo ad esempio lo spot 2014 della nuova Alfa Romeo Giuletta.
Per carità, auto bellissima, elegante, scattante, veloce, confortevole: io la comprerei subito (se avessi 16.950€ da spendere).
Ma sono proprio 16.950€?

Lo spot della nuova Giuletta? Troppi asterischi pericolosi

Zoom sul fotogramma sospetto

Il mistero è svelato: ho congelato l’ultimo fotogramma dello spot ed ingrandito con uno zoom il contenuto del malefico asterisco custode delle clausola.

Lo spot della nuova Giuletta? Troppi asterischi pericolosi

Da aggiungere al totale …

Come si può notare (cliccate sulle immagini), la cifra non comprende IPT (Imposta provinciale di trascrizione) e PFU (contributo ambientale sui Pneumatici Fuori Uso) ed il costo di queste due tasse dipende da svariati motivi impossibile da stabilire oggi (da scoprire in concessionaria al momento della firma).

Seguono 300€ di spesa per la pratica, 16€ di bolli, 3€ ogni anno per invio estratto conto. Come stipulato, si versa un anticipo di 8475.25€ e, dopo ventiquattro mesi, l’importo dovuto è pari a 8537€.

Quindi, dopo due anni, l’auto dei miei sogni mi costa:
8475.25 + 8537 + 300 + 16 + 6 = 17334,25 + IPT + PFU.

Rispetto ai 16.950€ annunciati, l’asterisco della Giuletta mi frega solo 384,25€ (più le incognite IPT e PFU)
Niente male per un piccolo e simpatico *


Ti è piaciuto questo post? Ricevi la newsletter

Matteo, il figlio (politico) di Silvio

Renzi e Berlusconi, differenti (ma non troppo)

Le differenze tra il giovane Renzi e lo stagionato Berlusconi sono meno profonde di quanto si possa immaginare.

Il primo rappresenta la sinistra ma di sinistra in lui non sono presenti tracce significative, il secondo invece è l’icona della destra ma la destra stessa lo ha disconosciuto.
Eppure sono i leader dei rispettivi schieramenti.

Complimenti reciproci

Si rispettano e l’uno dice dell’altro: «é un grande comunicatore».
Sia il Cavaliere che il Sindaco padroneggiano i concetti sui quali si fonda la società dell’immagine (i contenuti non interessano quasi a nessuno) e sono consci dell’importanza di come si proclami senza preoccuparsi di cosa si affermi.

Di fatto, sono circondati dai maghi del marketing moderno ed usano i media secondo le migliori peculiarità: il navigato Silvio preferisce la sicurezza della televisione mentre l’esagitato Matteo irrompe tramite Internet spopolando nei social network più famosi (vedi Twitter, Google+ e Facebook).

Matteo, il figlio (politico) di Silvio: perché Berlusconi e Renzi sono più simili che diversi

Berlusconi e Renzi, uomini-partito

Il fiorentino ed il milanese, inoltre, rappresentano la personalizzazione della politica: sono i boss dei due raggruppamenti ed il successo dipende – in toto – dalle loro facce.

Cosa sarebbe oggi il PD senza il rottamatore?
Un partito di dinosauri.

Che visibilità avrebbe Forza Italia senza Berlusconi?
Meno che zero.

Lo stesso discorso vale per i partitelli satellite che ruotano intorno ai due colossi della politica italiana.

Renzi e Berlusconi, distanti per l’anagrafe ma vicini per personalità mi ispirano un pensiero nefasto: da giovane Silvio era egocentrico come Matteo e Matteo, in terza età, sarà petulante come Silvio.
La storia, spesso,ha un beffardo senso dell’umorismo.


Restiamo in contatto: ricevi la newsletter

Indifferenza gialla (ipocrisia nera)

Cinesi e Rom, le due bombe sociali

Nelle nostre moderne metropoli convivono due bombe sociali ad orologeria che, difatti, periodicamente esplodono per poi essere subito disinnescate dalle Istituzioni.

La comunità cinese, perlopiù invisibile, vive nascosta negli scantinati di fatiscenti palazzi della periferia.
Uomini, donne, anziani e bambini astratti, anelli vitali del ciclo produttivo occidentale ma non riconosciuti ufficialmente, lavoratori privi dei diritti basilari. Operai incorporei che producono beni materiali.

I rom vivono in campi degradati ai bordi della città, quasi sempre abusivi, in condizioni igienico sanitarie da terzo mondo, senza un lavoro fisso sopravvivono con le elemosina e spesso sono sfruttati dalla criminalità organizzata. Gente disperata ignorata dallo Stato.

Contesti paradossali, teoricamente inaccettabili per un «paese civile» ma, in pratica, una triste e quotidiana realtà: i cinesi segregati in bui seminterrati illuminati solo dai neon bianchi, i rom oramai stanziali in fatiscenti baraccopoli dimenticate da Dio, alla luce del sole.

Indifferenza gialla (ipocrisia nera)

L’indifferenza dello Stato

E lo Stato?
Impotente, non interviene.

La politica dell’indifferenza prevede la non-azione, l’abbandono di queste persone senza tutela al loro tragico destino per poi scandalizzarsi quando – puntualmente – avviene la tragedia annunciata (una stufa brucia una baracca rom sterminando un’intera famiglia oppure un incendio incenerisce gli operai cinesi di Prato).

Il copione prevede la squallida passerella dei politici e le dovute dichiarazioni di circostanza davanti le telecamere affamate, il circo mediatico accende i riflettori e – per un paio di giorni – noi onesti cittadini, turbati, ci offendiamo per quelle immagini scomode (ma note a tutti).

Poi, spente le luci, l’indifferenza copre i lutti e torna il colpevole e conveniente silenzio.
Fino ai prossimi inevitabili morti.


Ti è piaciuto questo post? Ricevi la newsletter

L’Amore è … un trancio di pizza ed un gianduiotto?

L’Amore con la “A” maiuscola

Non tocca certo a me descrivere l’Amore, quello con la “A” maiuscola intendo.
Per comprendere questo sentimento inspiegabile, si possono consultare i versi dei sommi Poeti oppure – per chi ama i peccati di gola  – gli aforismi dei Baci Perugina.

D’altronde, è noto pure ai sassi: in questo blog mi occupo di «mostri» e nessuno pretende che in un post (breve per rispetto del Lettore) sbrogli una matassa complicata in cerca di una soluzione da duemila anni e passa!

Posso, però, aggiungere all’enciclopedia esistente sull’argomento una nuova, insignificante osservazione: il vero Amore si evince (anche) in cucina.

L'ingordigia amorosa è pur sempre amore

L’amore in cucina

Il teorema è presto spiegato con due semplici esempi.

Mangio la pizza con la tecnica del Sistema eliocentrico: il centro della Pizza è l’ultimo, prelibato boccone da gustare ed intorno al quale gira la degustazione di tutte le altre fette.

Ebbene, giunti al fatidico morso finale – quel piccolo, morbido e succulento trancio rettangolare ricco di mozzarella e pomodoro –  guardo negli occhi la mia dolce metà ed amorevolmente le  chiedo (preoccupato, l’ammetto): «mica lo vuoi?».

E lei garbatamente rifiuta conscia del sacrificio affettuoso a cui mi sono (volontariamente) esposto.

Il sano egoismo

Un piccolo dolce dopocena è obbligatorio: rafforza lo spirito, gratifica l’animo e rende i «mostri» quotidiani meno orribili.

Dallo scatolo estraggo l’ultimo, gustoso gianduiotto.
Osservo con ingordigia il piccolo dessert a forma di barca rovesciata avvolto in una leggera carta dorata per la delizia delle mie papille gustative e poi la vista si sposta sul mio pargoletto: padrone del divano, col telecomando ben stretto tra le mani, ride mentre guarda in TV le avventure di Tom e Jerry.

Offro l’ultimo cioccolatino al marmocchio: senza distogliere lo sguardo dallo schermo, inghiottisce il pasticcino con un sol boccone.
«Me ne dai un altro papà?» chiede l’ignaro.
«Sono finiti, era l’ultimo» rispondo e divertito penso all’ingenuo e sano egoismo dei bambini.

Non è forse vero che l’Amore si manifesta anche attraverso la rinuncia volontaria, consapevole e gioiosa all’ingordigia culinaria (e non)?


Ti è piaciuto questo post? Ricevi la newsletter

Letta e Alfano, i Tom e Jerry della politica italiana

Tom e Jerry ed il finto odio

Seduto sul divano del salotto, guardo la TV insieme al mio piccolo pargoletto.
Ride come solo un bimbo di sei anni può ridere difronte alle peripezie di Tom che dal 1940 (data di nascita del cartone animato ideato da Hanna e Barbera) sogna di catturare l’inafferrabile Jerry.

La natura imporrebbe alle due simpatiche canaglie l’odio ancestrale della razza ma la coppia è oramai umanizzata e – sotto sotto – la lotta per l’evoluzione della specie ha fatto posto ad un più conveniente equilibrio domestico. 

Il gatto minaccia ma tutto sommato è buono, il topo è vendicativo però disposto a perdonare: l’uno ha bisogno dell’altro, vivono una finta guerra per il predominio territoriale ma in realtà si godono il vantaggioso dualismo.

Tom e Jerry e la finta guerra politica

Letta ed Alfano: sogno o realtà?

«Forza, a dormire domani ti aspetta la scuola, devi alzarti presto …».
Dopo le solite proteste, costringo il marmocchio ad andare a letto con la mamma; finalmente il potere torna tra le mie mie mani, mi impossesso del telecomando ed inizio il meritato zapping serale.

Pochi minuti e cado in uno stato di torpore, l’anticamera al dolce sonno preserale davanti la TV accesa.

All’improvviso sobbalzo, guardo lo schermo ed intravedo Enrico Letta congratularsi con Angelino Alfano: una vigorosa, sportiva stretta di mano, un sorriso soddisfatto di entrambi ed il patto è suggellato, le grandi intese sono salve, la fiducia ritrovata salverà il Paese.

Con gli occhi semichiusi, la realtà per un attimo si ingarbuglia con la fantasia confondendo i personaggi: intravedo nei due politici gli stessi volti compiaciuti di Tom e Jerry che dopo le infinite (ma finte) guerre si ritrovano amici nella stessa casa e con il medesimo obiettivo.

La finta lotta

Costretti per natura ad una subdola diversità, si combattono senza mai annientarsi per poi essere più vicini di prima.

Mi stropiccio gli occhi e balbetto perplesso: «che minestrone   … ».
La stanchezza gioca brutti scherzi, forse è solo uno di quei pensieri assurdi che balenano di sera e svaniscono la mattina successiva.
Forse …


Restiamo in contatto: ricevi la newsletter

Sentenza Mediaset, i servizi sociali minacciano: «dateci il Presidente spazzino»

La pena del Cavaliere

Il senatore Silvio Berlusconi, rinchiuso nella fortezza di Arcore, medita sull’inquietante interrogativo che ogni italiano per bene oggi si pone: come espiare la condanna per la sentenza Mediaset?
(i delinquenti si darebbero alla fuga ma non è il caso del Cavaliere, è ovvio).

La reclusione è da escludere: la prigionia dell’ex Premier accenderebbe il riflettore mediatico sul dramma-carceri, una seccatura che meglio fingere non esistere.
D’altronde, lo staff marketing di Forza Italia sconsiglia gli arresti domiciliari: l’isolamento non gioverebbe all’immagine del leader.

Il silenzio, l’assenza di polemiche, l’impossibilità di sparare dichiarazioni senza senso e la privazioni della diretta tv, rischierebbero di far cadere nel dimenticatoio lo showman politico.

Non c’è altra possibilità: Sivlio Berlusconi sceglierà di essere affidato ai servizi sociali.
Ma quale ingrato compito utile per la collettività può svolgere un uomo sulla soglia degli ottant’anni?

La proposta del sottoscritto

Io un’idea ce l’ho e lo spunto emerse durante quella sporca estate napoletana del 2008.
L’allora Primo Ministro – sempre lui – per affrontare l’ennesima nauseabonda emergenza rifiuti, si trasformò nel Presidente spazzino.

Ve lo ricordate?
Scopa in mano, un sorridente ed ottimista Berlusconi raccoglie qualche cartaccia buttata sull’improvvisato set televisivo di piazza del Plebiscito invitando gli spettatori ad una corretta raccolta differenziata.

Sentenza Mediaset, i servizi sociali minacciano: «dateci il Presidente spazzino»

Dov’è il vero spazzino?

Nel mio quartiere lo spazzino è una figura mitologica, quando si materializza viene puntualmente assalito da cittadini indignati con le solite, inutili domande senza risposta.

La scena è sempre la stessa: un gruppo di persone accerchia il netturbino indifeso, una voce incavolata urla il primo quesito complesso quanto il mistero sull’esistenza di forme di vita extraterrestri: «paghiamo fior di quattrini per avere delle strade così sporche?».

Segue la domanda del secolo «perché non viene a spazzare i marciapiedi ogni santo giorno?»

Il povero uomo – un anziano operatore ecologico dal volto affranto – si scusa: «sono solo, gli altri colleghi sono in malattia e non c’è personale disponibile».

La pietà per l’onesto lavoratore placa gli animi, un grido di speranza si alza dal gruppo: «quando tornerà?». 
L’ingenuo netturbino ammette sconsolato: «non lo so, quando mi mandano …», si fa largo tra la folla e continua il suo onesto compito.

Se da metà settembre i servizi sociali di Napoli potranno contare su un nuovo addetto, affidate il Presidente-spazzino al nostro povero netturbino.
Un aiuto se lo merita.


Ti è piaciuto questo post? Ricevi la newsletter

Page 2 of 3

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén

Translate »