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Tag: università (Page 1 of 2)

Italia90 e Francia98: la mia doppia esperienza ai Mondiali di calcio

Italia90, a Napoli contro l’Argentina di Maradona

Tifammo per gli azzurri fino all’ultimo rigore.
Tra i sessantamila del San Paolo, in quella maledetta notte che non fu magica, c’era anche il sottoscritto.

Da giovane universitario – oltre alle immancabili ripetizioni private – lavoro come steward allo stadio.
Più che un lavoro, si tratta di vero sfruttamento giovanile.

Entri se un amico è già nel giro e ti segnala.
Ragazzi sottopagati lasciati indifesi contro le belve che, da ogni angolo del San Paolo, sbucano per intrufolarsi senza biglietto.

Dopo la battaglia per regolare gli ingressi tra curva e distinti,  posso assistere ad un tempo della partita.
E, in quel periodo, a Napoli gioca un certo Diego Maradona.

Così, grazie ad un amico steward in servizio, quel martedì 3 luglio del 1990, entro gratis per assistere ad una partita storica.

La montatura mediatica è ridicola: «Napoli tifa Argentina» titolano molti giornali.

Non fischiammo l’inno argentino, non insultammo gli avversari, applaudimmo alle azioni e alle giocate di Maradona, è vero.
Ma, rispettare l’avversario e tributargli i giusti meriti, non dovrebbe essere la normalità sportiva?

Oggi, quel falso storico, appare come l’ennesima fake news montata ad arte per nascondere l’allora fallimento calcistico.

Ed io, ne fui testimone.

Ai Mondiali di calcio, Francia del 1998, io c'ero!

A Francia98 come vincitore di un concorso

Nel 1998 lavoro in EDS, una multinazionale americana dell’IT, sponsor del mondiale francese.

Un concorso interno mette a disposizione – per ogni sede dell’azienda – quattro biglietti per la partita Italia Austria, a Parigi.

Partecipo per curiosità, siamo in tanti e non aspiro alla vittoria.
Ma, a volte, la fortuna bussa alla porta dell’ultimo arrivato (ero un neoassunto).
Vinco due biglietti per la partita più un soggiorno tutto pagato in giro per la capitale francese!

Per lo stupore dei colleghi, senior, manager e amministratori delegati.

Ecco, la seconda avventura del sottoscritto ad un mondiale di calcio, è legata alla buona sorte.

Una volta nella vita ma è successo 🙂

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A Russia 2018, stavolta non ci sono

Per il Mondiale di Russia, giungono da ogni parte del mondo, cinque milioni di turisti.

Tra loro, manca il sottoscritto.

Stavolta non conosco amici steward e non vinco concorsi.
Attendo la prossima occasione.

La vita, quando meno te l’aspetti, bussa alla tua porta.
E quando accade, devi avere la valigia pronta.


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La mia laurea, ventuno anni dopo (ed un consiglio per i giovani)

19 marzo 1997, io dottore in Matematica

La macchina del tempo corre dietro di ventun’anni: 19 marzo 1997, al giorno della mia laurea.

A scanso di equivoci, confermo la scelta altre mille volte (anzi, altre enne volte con n numero naturale).
Perché alla facoltà di Matematica di Napoli, da matricola sono divenuto dottore, ho trovato gli amici di sempre, sono partito per catapultarmi nel mondo del lavoro.

A distanza di ventun’anni, con l’occhio adulto, oggi guardo indietro col sorriso sulle labbra per affermare che quell’intervallo, nonostante le difficoltà che allora apparivano insormontabili, fu un periodo felice e privo dei reali problemi (che la vita mi riserverà qualche anno dopo).

Perché per laurearti, devi possedere la passione per lo studio, una famiglia che ti permetta di dedicare tutte le energie all’obiettivo, un gruppo di compagni pronto ad aiutarsi.

E io, tutte queste opportunità, le ebbi.

La mia laurea ventuno anni dopo, 19 marzo 1997

Perché scelsi la facoltà di Matematica?

Non feci troppi calcoli, la Matematica mi appassionava.
Spinto dalla professoressa dell’Istituto Tecnico che frequentavo, scelsi.

Guidato dal mio istinto, la voglia di studiare e la passione per i numeri, fecero il resto.
Non riflettei mai sui futuri sbocchi occupazionali, forse nemmeno immaginavo le difficoltà del mondo del lavoro.

Meglio così.
La scelta fu priva di calcoli, nonostante mi iscrivessi alla facoltà di Matematica 🙂

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Università si, Università no

Consiglierei ad un giovane di iscriversi all’Università?
Si.

Per lavorare c’è sempre tempo, conviene dedicare le migliori energie della giovinezza per assorbire cultura, formare la propria personalità, confrontarsi con persone diverse, vivere esperienze umane che ti aiuteranno a diventare l’uomo di domani.

Con la consapevolezza che raggiungerai la meta solo se la materia ti appassiona.

Dunque, bando alle statistiche sul titolo con maggiori opportunità lavorative, ascoltiamo i consigli del professori della maturità e sotto con lo studio.

Se poi hai la fortuna di trovare (o creare) un ambiente ideale come fu il mio dipartimento “Renato Caccioppoli”, allora conserverai un ricordo meraviglioso dell’Università

Anche dopo (solo) ventuno anni.


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Perché Be Time, l’Università del (nostro) tempo libero

Be Time, cosa offre

Una visita in un luogo speciale, un angolo nascosto di città, un monumento famoso ed un castello sconosciuto, il museo ricco di storia, una gita fuori porta, un viaggio in una capitale europea.

Ma anche un corso di cucina, una lezione di un professore universitario, un workshop, la lettura di un libro, la convenzione con il cinema ed i biglietti scontati del teatro.

Mille idee.
Mille iniziative.

Per spendere e valorizzare il proprio tempo libero.

Amodio D'amodio, Presidente Be Time, l'Università del tempo libero

Be Time, il valore del tempo libero

Be Time, l’Università del tempo libero, è un’associazione di persone che credono nella cultura e nell’intrattenimento.
Perché, a ben pensare, il tempo libero è una risorsa dal valore inestimabile.

Dal lunedì al venerdì il tempo – sempre lui! – vola via.
Come piccoli granelli di sabbia, sfugge tra le dita e si perde tra il vento dei mille impegni professionali e svariati doveri.

Doveri, doveri ed ancora doveri.

Be Time si pone un obiettivo semplice ed importante: spendere al meglio il prezioso tempo libero.

Il logo di Be Time, l'università del tempo libero

Amodio D’Amodio, il Presidente

Amodio D’Amodio è il (primo) Presidente di Be Time.

Un vulcano di idee, capace di coinvolgere intorno ad un tavolo – negli orari più assurdi – un gruppo di colleghi (tra i quali, lo scrivente) per definire lo statuto dell’associazione, nominare il consiglio direttivo, studiare il programma delle prossime iniziative.

Il cimitero delle Fontanelle, il rione Sanità e la casa di Totà prima e la certosa di San Martino poi (ho saltato la visita al monastero di Santa Chiara, mi autodenuncio) i due appuntamenti che hanno aperto la stagione di Be Time.

Il successo (per partecipazione e – soprattutto! – per l’interesse suscitato) dei primi vagiti dell’associazione, sono l’indice dell’entusiasmo : cultura ed intrattenimento, un binomio perfetto per spendere il proprio tempo libero.

Be Time, lA visita al monastero di Santa Chiara

Io, socio (convinto) di Be Time

Il sottoscritto, per amore della cultura e la voglia di costruire un progetto nel quale credere, accetta con convinzione l’invito di Amodio: sono un socio felice di Be Time!

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Be Time, come aderire

Tutte le info ed i futuri eventi, sono pubblicati sull’aggiornata fanpage ufficiale.

Aderire ad un evento è semplice: basta una e-mail, una telefonata o un messaggio.
I costi sono sempre contenuti e l’impegno e la disponibilità massima, come ci si aspetta tra buoni amici.

Mi piace pensare a Be Time come all’Università dalle infinite sorprese.
Per il tuo, il mio, per il nostro tempo libero 🙂


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Quei 18mila ebrei partiti da Napoli per Shanghai

Da Leopardi ai 18mila ebrei di Shanghai

«Cerco i manoscritti di Giacomo Leopardi» chiedo alla cordiale impiegata.
«Non sono esposti però, se vuole, c’è la mostra di Shanghai» risponde la donna col sorriso (l’arte rende più gentili?)

E così, per caso, scopro che durante gli anni del nazismo, 18 mila ebrei provenienti da Polonia, Austria e Germania, per fuggire dalla follia hitleriana, partono da Napoli e raggiungono la Cina.
Destinazione Shanghai.

Desideravo visionare i manoscritti di Leopardi e scopro una notizia a dir poco stupefacente.
«Rubo idee al mio amico Lorenzo Izzo, storico per passione» sorrido mentre, col naso all’insù, ammiro gli affreschi.

La magnifica Biblioteca Nazionale di Napoli continua a stupire.

La mia visita alla Biblioteca Nazionale di Napoli (ai tempi di Google)

Una visita alla Biblioteca Nazionale di Napoli

La sala lettura è piena.
Resto stupefatto: la bellezza dell’aula, quel muro colorato di libri, i tanti studiosi, l’atmosfera densa di storia.
Sensazioni impagabili come l’odore invisibile della carta.

Da quanto non visitavo una biblioteca?

Dai tempi dell’Università.
Allora, il dipartimento di Matematica “Renato Caccioppoli” era la mia seconda casa.

La mostra di Shanghai conferma un concetto nel quale credo: la Biblioteca Nazionale è un avamposto contro i «mostri».

La vista dalla Biblioteca Nazionale di Napoli

La biblioteca ai tempi di Google

Non demordo.
Dal sito ufficiale, pesco il manoscritto de l’Infinito.
L’osservo con ammirazione, non dal vivo ma dal web, la finestra sul mondo.

Ecco la coppia perfetta: toccare con mano la bellezza dell’arte, apprezzare i vantaggi della digitalizzazione dei testi.
Due facce della stessa medaglia.

Vado via con una promessa, come ad un vecchio amico: «non lasciamo trascorrere troppo tempo, vediamoci presto».

Perché la biblioteca ai tempi di Google, continua ad essere un luogo imprescindibile.

La mia visita alla Biblioteca Nazionale di Napoli (ai tempi di Google)


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Gli amici di una vita

Giacomo, «il Maestro»

Nei suoi occhi intravedo ancora la scintilla.
Per noi era «il Maestro» e mai titolo fu più appropriato.

Giacomo era semplicemente un talento, lo studente dalle intuizioni geniali capace di inceppare, con una semplice domanda, i ragionamenti impolverati dei baroni della cattedra.

Al suo fianco la compagna di una vita sorride mentre ci abbracciamo …

Dall'università ad oggi, gli amici di una vita

Dall’università ad oggi, gli amici di una vita

Antonio, il buontempone sensibile

Antonio è sempre un buontempone.

Dietro l’apparente leggerezza, nasconde una inattesa sensibilità che sorprende chi non lo conosce (ma non sorprende certamente noi, amici dai tempi dell’università).

Davanti ad una pizza margherita ancora fumante – con la moglie, fotografa per l’occasione – Antonio tiene banco con battute ed aneddoti.
Scherza, ride, coinvolge, rende semplice ciò che risulta complicato (credo sia la sua dote migliore e sono felice che non l’abbia persa!).

Come in facoltà.
Come vent’anni fa.

Carlo ed Olga, la bussola

Carlo&Olga sono i perfetti padroni di casa.
E’ sempre stato così.

Da giovani matricole fino alla tesi di laurea, Carlo&Olga organizzano, convocano, ospitano, fissano luogo e giorno della rimpatriata.

Le nostre bussole temporali.
I riferimenti del gruppo.
Da vent’anni.

Amici, dall’università ad oggi …

Le feste sono un buon periodo per rivedere gli amici.
Soprattutto chi si è trasferito oltre i confini regionali e torna per il ponte natalizio.

Così giunge la notifica di Carlo: appuntamento ore diciannove.

L’incontro, i saluti, gli abbracci, passeggiamo – le luci delle feste rendono la serata tiepida e colorata – poche parole per recuperare gli anni persi, sguardi d’intesa, la confidenza colma il tempo trascorso.

Parliamo del futuro, nuovi obiettivi da raggiungere.
Una finestra sul passato è obbligatoria: Giuseppe è a Dubai? Luciano insegna, Marco si è reinventato un lavoro …

E non ci importa se usciamo dalla pizzeria mentre orde di giovani entrano e beviamo un caffè quando la serata per gli altri inizia.
Ci siamo divertiti.

A presto, amici.

Come calcolare l’area di una nuvola (e la magia dell’infinito)

La nuvola, la regina delle forme irregolari

Immaginiamo una nuvola: è, per definizione, la regina delle figure irregolari.
Supponiamo di volerne calcolare l’area, cioè misurare la superficie che occupa in cielo.

Un buon metodo è ricoprire l’intera nuvola con una serie di mattonelle quadrate la cui area è nota, ipotizziamo di un metro quadro.
Se riuscissimo a foderare la nuvola utilizzando – ad esempio 50 mattonelle – potremmo affermare che l’area della nuvola vale, più o meno 50 metri quadrati.

L’errore dipende dal numero di mattonelle

La stima è imprecisa: l’errore che si commette è dovuto all’approssimare l’area della nuvola (di forma irregolare) come somma di aree di figure regolari (le mattonelle quadrate).

La differenza (lo scarto) diminuisce se utilizziamo piastrelle di dimensioni minori che, però, implica incrementare il numero di elementi da usare.
L’errore, quindi, dipende dal numero di piastrelle a disposizione: esso tende a zero (ma in realtà non è mai nullo) con l’aumentare della quantità di mattonelle.

Come calcolare l'area di una nuvola: il limite e la magia dell'inifito Come calcolare l'area di una nuvola: il limite e la magia dell'inifito

E se usassimo infiniti granelli di sabbia?

La sfida è avvincente e desideriamo migliorare la stima: passiamo dalle mattonelle a piccoli granelli di sabbia.
Supponiamo che sia nota l’area del singolo e microscopico granello di sabbia (ad esempio, un millimetro quadrato): con un po’ di impegno, riusciamo a rivestire l’intera nuvola (anche nei contorni) con una certa precisione con un numero altissimo di chicchi (altissimo ma sempre finito!).
Come calcolare l'area di una nuvola: il limite e la magia dell'inifito
Più alto sarà questo numero, più precisa sarà la nostra misurazione, minore sarà l’errore che si commetterà nell’approssimare l’area della nuvola come sommatoria di arie infinitesimali.
Se – per assurdo – avessimo a disposizione un numero INFINITO di granelli di sabbia, potremmo ricoprire l’intera superficie della nuvola in modo uniforme, senza “buchi” e calcolare precisamente la sua area come somma di infinite aree: tale misurazione sarebbe esatta con errore zero.

Il limite, magia dell’Analisi Matematica

Il paradosso è servito: nella realtà non abbiamo a disposizione l’infinito, ci dobbiamo accontentare dei “miliardi” che – seppure siano un valore illimitato – è pur sempre finito, cioè possibile da contare (in teoria).

Per nostra fortuna, il mondo Matematico, a differenza di quanto si immagini, è magico e fantasioso e tutto diventa possibile, anche toccare con mano l’orizzonte.
Lo strumento che ci permette di raggiungere il confine tra terra e mare è appunto IL LIMITE.

Come calcolare l'area di una nuvola: il limite e la magia dell'inifito

Per chi desidera sognare, consiglio la lettura della favola di Tau il Topologo.

Quando il servizio di leva era obbligatorio (ed il servizio sociale anche)

L’incubo della «cartolina»

«Il militare è un servizio che deve allo Stato» è la ferma risposta del professore alla giovane matricola nell’ultima seduta di esami di dicembre.

Quando ero un giovane studente della facoltà di Matematica, il servizio di leva era obbligatorio e, se entro l’anno solare chi frequentava l’Università non superava almeno una prova, perdeva il diritto al tanto sospirato rinvio.

A distanza di anni, ricordo perfettamente quel giorno di fine anno: per il disperato collega, l’ultima chance per non salpare.
Tra gli angosciati studenti imprigionati in quell’aula fino a tarda sera e pronti a tutto pur di evitare la cartolina, serpeggia la paura.
L’angoscia di partire per il fronte ben presto genera voci assurde: «c’è la camionetta dei militari fuori la facoltà, aspettano i bocciati».

Il panico rende i candidati insicuri e vulnerabili.

servizi sociali per tutti

Alla ricerca dell’agognato «rinvio»

«Professore, se non supero l’esame parto militare» supplica la matricola prima di sottoporsi al fuoco amico del docente patriota.
«Lo studio è un suo diritto ma il servizio di leva è un dovere di ogni cittadino verso lo Stato» sentenzia l’arcigno insegnante infastidito da quella premessa farfugliata con voce tremante.

Oggi i tempi sono maturi e tra gli uomini delle Istituzioni vige il desiderio di fornire ai giovani il giusto esempio (finalmente!).

Ha rotto gli indugi il sincero Berlusconi e tra i suoi fedelissimi è scattato subito un insperato effetto domino: Dell’Utri, nonostante sia ricoverato, da un lontano ed efficiente ospedale libanese (!), fa sapere di voler  seguire le gesta del suo leader. Con una inattesa generosità, chiede di aderire ai servizi sociali: lui che ha preso tanto dallo Stato vuole donare allo Stato parte del suo tempo (compatibilmente con i suoi impegni internazionali, ovviamente).

Il professore, sono certo, approverebbe.

PS: si può facilmente immaginare il destino della giovane matricola …

 

10 motivi per non dormire la notte

I «mostri» provocano insonnia

Lo confesso: la preoccupazioni mi ha provocato l’insonnia.
Bloccato nel letto, in piena notte, tra mille dubbi progetto, rifletto, medito.

Innumerevoli domande con gli occhi aperti, l’oscurità che rallenta il trascorrere dei minuti, la frenesia di voler operare subito ed il sole tarda ad arrivare.

I «mostri» sono i nemici del dolce dormire, è indubbio.

Non si dorme per l’attesa?

Ma oggi penso positivo ed affermo convinto: il Tapiro dalla Gualdrappa è salvo, il lupo cattivo non minaccia Cappuccetto Rosso ed – oltre alle inquietudini – anche la troppa gioia ci tiene svegli.

Difatti, a me capita: se il giorno successivo vivrò un evento particolarmente positivo, la notte non chiudo occhio.
Vorrei che il buio venisse spazzato via per godermi da subito la luce e vivere appieno il lieto evento.
L’ansia mi tiene vigile e l’attesa allontana Morfeo …

10 motivi che alimentano l'insonnia

Insonnia, la classifica

Allora, amici Lettori, elenco dieci motivi positivi per i quali affronto volentieri una notte insonne (classifica casuale in ordine sparso):

1 – la partenza per un lungo, bellissimo e sospirato viaggio (in sogno anticipo le tappe)
2 – l’esame all’Università (di notte ripetevo il programma)
3 – il trasloco (e se la sveglia non suona? E se la ditta incaricata non viene? L’emozione per l’inizio di una nuova vita)
4 – ricezione dei sacramenti (tranne il primo – troppo piccolo per ricordare – e l’ultimo – difficile svegliarsi durante il sonno eterno)
5 – l’attesa per la visita di Babbo Natale e/o Befana (dolce ed irripetibile infanzia)
6 – l’eccitazione per la finale olimpica dei cento metri stile libero contro i migliori nuotatori del mondo (sogno per ingannare il tempo)
7 – TO DO
8 – TO DO
9 – TO DO
10 – TO DO

A voi il beneaugurante compito di completare l’onirica lista.


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Amicizia, quando la fiamma si spegne

L’amicizia è a rischio

L’amicizia, oggi, l’immagino come una fiammella di una candela da tenere sempre accesa.
Il vento alimentato dal «non ho tempo» soffia minaccioso e rischia di soffocare il gracile fuoco che mi lega alle persone care.

Basta un nonnulla e la fiamma si spegne.
Il lavoro, i continui impegni, la famiglia, il periodo difficile, la crisi economica, lo stress, lo spread, il mutuo … sono intimidazioni per le nostre relazioni sociali.

Se questi «mostri» prendono il sopravvento, cala il buio.

E così, a quarant’anni (e passa) suonati, mi guardo intorno e mi chiedo: sono riuscito a preservare la mia personalissima fiammella?

LA fiamma dell'amicizia

Laurea-lavoro, i nuovi amici

Gli amici di infanzia hanno preso strade diverse e vivono in altre città.
Del gruppo di adolescenti dell’azione cattolica, non vi è più traccia.
I compagni delle scuole superiori sono scomparsi dopo il diploma.
Il tempo libero sempre più rosicato non favorisce nuovi incontri ed i conoscenti sono rimasti perlopiù tali. 

La mia delicata fiammella resiste grazie ai miei ex-colleghi di università e gli attuali compagni di sventura dell’ufficio.
Laurea-lavoro, il legame tra un passato spensierato ed un presente impegnativo.

L’autocritica

Mi chiedo se, prima o poi, giunga un momento della vita nel quale ci si chiude in se stessi e non si ha più la forza (o la volontà) per aprirsi agli altri.

In effetti, con autocritica, osservo malinconico: negli ultimi anni non ho creato nessuna nuova amicizia significativa.
Anzi, al contrario, col trascorrere del tempo, ho perso altri pezzi.

D’altronde, basta un momento di debolezza ed – anche a nostra insaputa – un soffio d’aria è capace di spegnere il fuoco alimentato per anni.

Oggi la fiammella è ancora accesa, labile resiste alle intemperie della vita.
Non è più intensa come un tempo ma, per fortuna, non è nemmeno esile come un fiammifero.

Io ce la metto tutta, provo a proteggerla come posso ma, devo ammettere, non sempre vi riesco,

dedicato a tutti gli amici che – per svariati motivi – non frequento più.


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Smau Napoli, l’università delle idee

L’esperto informatico

Un professionista del campo informatico sa bene come il termine «esperto» – in questo settore – sia privo di un significato profondo.

L’Information Technology è una giungla in continua evoluzione: ciò che ieri era uno must imprescindibile oggi rischia l’estinzione sostituito da un click.
La Rete, poi, rende tutti gli smanettoni improvvisamente competenti: la conoscenza della grammatica di base di un qualsivoglia linguaggio di programmazione (meglio se JAVA) rende il newbie un assertore della new economy, un professionista del web pronto a sfornare siti internet come il pane caldo. In tempi difficili come i nostri, poi, la qualità non è più un parametro di valutazione (purtroppo)  ed il settore dell’IT rischia un pericoloso crollo verso il basso (tra tagli e risparmi) giustificato dalla crisi economica.

Difatti, un complesso progetto informatico oppure una semplice sito web possono essere realizzati in molteplici modi ed il risultato può apparire ai molti identico ma, ad un occhio esperto, non sfuggiranno le infinite sfumature (e scelte tecniche) che separano un lavoro di qualità da un’operazione – magari più economica – ma distante anni luce da ciò che io definisco professionale.

Allo SMAU di Napoli

Fabrizio Caccavello, un vero esperto

Le mie convinzioni si sono rafforzate dopo aver assistito ai workshop presentati allo Smau di Napoli.
In particolare, segnalo Fabrizio Caccavello, esperto (in questo caso, penso sia il termine giusto da usare) in strategie web. 

Ho apprezzato la sua esposizione – chiara e semplice – e le sue idee a proposito di qualità del lavoro, esperti (o presunti tali), ruolo del web ed obiettivi della Pubblica Amministrazione (un sito istituzionale deve assolvere ad un obbligo di legge oppure offrire dei servizi reali al cittadino?).

Non è possibile operare – in nessun settore – senza una preparazione teorica adeguata e la regola vale anche nell’universo volatile internettiano: la superficialità rende nell’immediato (in termini di costi) ma poi presenterà il salato conto domani.

Forte delle mie convinzioni, continuo a studiare, aggiornarmi, visitare siti, leggere blog e – soprattutto – non restare chiuso nel mio ufficio-bunker ad operare con i soliti strumenti. Contrasto l’avanzata della sciatteria informatica con la cultura perchè la cultura farà sempre la differenza.

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Il teorema Cancellieri

La matematica non vale in Parlamento?

Ai bimbi delle scuole elementari viene insegnata una regola che rimarrà scolpita nelle loro menti per tutta la vita: la Matematica non è un’opinione.

Difatti, trascorrono gli anni, si susseguono le stagioni, cambiano i tempi ma tre più cinque fà sempre otto.
Il risultato non dipende dall’emotività del momento, non cambia a secondo di chi esegue l’operazione ma soprattutto è un procedimento trasparente e dimostrabile in ogni istante.

Non vi è trucco, non c’è inganno: la stessa azione ripetuta più volte fornisce sempre lo stesso esito.

Questo assioma è valido in ogni punto dell’Universo tranne in quell’unico luogo dove il tempo si è fermato ed i numeri non rispondono più a regole certe: il Parlamento italiano.

Il teorema Cancellieri

La Cancellieri senza morale

In questo limbo della nazione l’aritmetica impazzisce e la realtà non è descrivibile con modelli scientifici.
A parità di ipotesi, le tesi dei teoremi (politici) cambiano a secondo di chi l’enuncia; il ragionamento – in passato corretto – mostra le crepe dell’incoerenza, i corollari si confondono con gli interessi personali, le conclusioni (illogiche) dipendono dalle simpatie, le frazioni algebriche dai colori dei partiti e gli unici dati evidenti sono i numeri irrazionali.

L’ultima accademica lezione risale a quale giorno addietro: nell’università della politica è stato dimostrato il teorema Cancellieri.

Stavolta, però, i numeri erano chiari ed il risultato prevedibile anche se eticamente opinabile: purtroppo la Matematica non tiene conto della morale.


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Galleria di volti a Montecalvario, il metrò dell’arte di Napoli

Montecalvario, stazione Toledo

Domenica mattina, in giro per Napoli, visito la nuova uscita di Montecalvario, stazione Toledo del MetroNapoli, la famosa metropolitana che ha innovato il concetto di spostamento in città.

Ogni fermata un museo da visitare, i viaggiatori si ritrovano in un ambiente unico ricco di opere d’arte antiche e moderne.

Stazione Toledo, Montecalvario

Il metrò dell’arte di Napoli

Nel mio precedente post, MetroNapoli, viaggio nelle stazioni-museo ho descritto la coreografica successione di Fibonacci a piazza Vanvitelli, osservato le vecchie cinquecento FIAT ospitate a Salvator Rosa, la stazione “Pink”, fotografato i volti famosi di Materdei, letto le divine citazioni presenti a Dante e immortalato il blu di Toledo, la mia stazione preferita. Il viaggio terminava tra i colori giovanili dell’Università.

Montecalvario, foto di Oliviero Toscani

Oggi, invece, è possibile continuare e scoprire le nuove installazioni di Oliviero Toscani che accompagnano il pendolare da Toledo fino ai quartieri spagnoli, nel centro storico della città.

Mi limito a pubblicare gli scatti così come il mio modesto smartphone li ha catturati: la bellezza e la fantasia delle immagini non necessitano di ulteriori dettagli.
Dopotutto, siamo pur sempre in una stazione della metropolitana.

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